Queste pagine saranno l'unico resoconto della verità celata nella montagna. Non posso parlarne con nessuno per evitare il manicomio e per questo motivo la mia identità rimarrà nascosta...
Il 5 ottobre del 1960 ho compiuto il mio ventesimo compleanno e come ogni anno in casa era presente tutta la mia famiglia mancava solo mio padre all'appello, fatto molto strano data la sua abitudinarietà. Lui finiva di lavorare intorno alle 19:00, tornava a casa, si lavava, si cambiava e poi raggiungeva i suoi amici al bar. Ogni giorno tornava intorno alle 20:15 ma quella sera erano già le 21:00 e di mio padre neanche l'ombra. Tutti iniziammo a preoccuparci quando d'improvviso la porta si spalancò e mio padre entrò di corsa in casa sbattendo la porta dietro di sé. Il suo volto era bianco come quello di un fantasma e disse solo una parola prima di accasciarsi sul pavimento... "la Montagna".
Era entrato in coma e dopo 10 giorni di agonia respirò per l'ultima volta portandosi nella tomba tutto ciò che gli successe quella sera.
Nessuno del paese sapeva cosa gli fosse capitato e nessuno dei suoi compagni lo vide quel giorno. Dovevo cercare una risposta sulla sua morte.La sua più grande passione erano le passeggiate in montagna o in prati verdi ma odiava profondamente il mare dal giorno in cui suo padre morì annegato. Mi chiedeva molto spesso di accompagnarlo in queste sue escursioni ma erano molto rare le volte in cui accettavo i suoi inviti poiché il rapporto tra noi due non era dei più solidi anzi, a gli occhi delle persone non sembravano neanche parenti. Litigavamo molto spesso e in quelle volte che lo accompagnavo camminavamo a 4 passi di distanza l'uno dall'altro come se un muro invisibile ci dividesse. Parlavamo molto poco e molto spesso sentivo la sua voce solo quando mi diceva "buongiorno" e "buonanotte". Ma ovviamente quando venne a mancare provai un senso di vuoto dentro me che mi spinse irrefrenabilmente a cercare una maledetta risposta.
Una delle delle volte che accettai il suo invito avevamo come meta una zona poco esplorata della montagna che era situata a nord della nostra vecchia casa.
Partimmo alle prime luci dell'alba con la macchina e pregai Dio di farci arrivare presto a destinazione perché quel silenzio tra noi mi stava torturando. Una volta giunti prendemmo le nostre borracce, i nostri zaini e cominciammo la salita nell'unica strada sterrata che lo permetteva. La via era abbastanza stretta, quasi che due persone spalla a spalla non ci entravano ed era costeggiata da erba molto fitta, alberi e funghi di ogni tipo.
Nella lunga salita verso quella zona che era il nostro obiettivo notavo quanto la natura potesse modificare il suo aspetto tra zone rocciose e zone completamente verdi.
Mio padre sembrava come se conoscesse quella strada a memoria cambiando direzione improvvisamente senza neanche pensarci. In una di queste sue variazioni notai una cosa così banale che solo un ragazzetto, forse un po troppo fantasioso, avrebbe potuto vedere. Notai che nei rami di due alberi, le cui chiome ingiallite si univano quasi a formare un arco, c'erano dei pezzi di legno che sembravano formare parti di un corpo umano. Un brivido mi percorse tutta la schiena ma la mia razionalità mi riportò con i piedi per terra e continuai il mio cammino. Finalmente dopo 2 ore arrivammo a destinazione e ci trovammo in un prato costeggiato da un bosco di pini che sembravano formare un cerchio intorno ad esso. Si vedevano solo due vie nelle quali potevamo camminare tranquillamente mentre nel bosco la vegetazione era cosi fitta da non riuscire a vedere cosa ci fosse al suo interno. Una delle vie era quella dalla quale eravamo arrivati mentre l'altra conduceva ad una grotta non troppo distante da noi. Decidemmo di sederci per riposarci e fare colazione. Quello fu il primo momento in cui sentii la voce di mio padre quel giorno e mi disse con voce bassa e rauca "passami il caffè". Poi di nuovo silenzio così iniziai a fissare l'entrata della caverna immaginando quali segreti potesse nascondere. La mia fervida immaginazione galoppava cosi tanto che credetti di vedere qualcosa muoversi al suo interno e tutto d'un tratto sentii un suono come di un sonaglio e un lamento che sembrava quasi un rito.
In quel momento vidi mio padre che prese le sue cose frettolosamente, riprese lo zaino e mi disse: "non possiamo più stare qui dobbiamo andarcene alla svelta." Sembrava quasi che sapesse perfettamente cosa si nascondesse all'interno della grotta.
Il terrore mi pervase le viscere e iniziai a correre dimenticando lo zaino nel prato. Raggiungemmo la nostra auto in poco tempo e una volta saliti vidi quell'uomo così tanto duro con me tremare come una foglia. Il silenzio che ci fu tra noi nel viaggio di ritorno fu ancora più pesante del solito e quindi provai a domandargli cosa fosse successo ma lui senza neanche far uscire una sillaba dalla sua bocca mi fece capire di lasciar stare. Una volta a casa andò direttamente nella sua camera da letto e cominciò a scrivere sul suo diario. Quel suo diario che nascondeva in un luogo segreto che conosceva solo lui in camera da letto.
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La luce nella montagna
HorrorQuando un uomo prova un terrore cosi grande, la sua unica salvezza è la fuga..