~Are you, are you, coming to the tree~

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Soffiava un vento leggero, che muoveva a malapena la chioma del grande albero sulla collina.

Andavo spesso a sedermi sotto il grande albero quando ero triste, e dopo un po' diventó un'abitudine.

Ormai ci andavo tutti i pomeriggi, e ogni volta che lo vedevo mi calmavo. Tutto lo stress accumulato a casa e a scuola spariva in un istante, e riuscivo finalmente a respirare normalmente senza avere la senzazione di oppressione sul petto.

Ho sempre visto quest'albero come un'antica madre, perché ogni volta che ci venivo piangendo mi rassicurava, e grazie a lei ormai sono cresciuto forte. Ero un ragazzo che dava tutto per riuscire in quello che faceva, ero sempre preparato a qualsiasi evento, o almeno cosí credevo.

Un giorno mentre stavo salendo per la collina che portava all'albero, sentii i lamenti di qualcuno venire da lontano. Inizialmente pensai fossero i bambini del paese in lontananza, ma ben presto scoprí che venivano dall'albero.

Ai piedi della grande pianta sedeva accasciata una ragazza dai capelli rossi fuoco. Era alta e magra, proprio come me. Era una di quelle ragazze che a prima vista diresti perfette, con quel viso raffinato. Ma stavolta quel viso delicato era sfigurato dalla tristezza.

Rimasi impalato, non sapevo che fare, e questo mi faceva infuriare. Non potevo semplicemente fare finta di nulla e andarmene, quindi decisi di rivolgerle la parole.

Mi avvicinai e le misi una mano sulla spalla. Lei mi guardo. Aveva degli occhi verdi smeraldo, solo che sembravano come velati da un'enorme dolore. Quello sguardo mi spiazzó. Cominciai a balbettare, e arrossí non appena vidi che la ragazza stava ridendo.

Si stava per caso prendendo gioco di me?

-"S-scusami" disse ridendo "Ho solo trovato molto carino il modo in cui mi hai rivolto la parola"-

Non sapevo proprio che fare. Non avevo mai interagito con una ragazza, quindi questo era nuovo per me.

-"Non ti preoccupare. Comunque che ci fai in questo posto?"- fu la prima cosa che mi venne in mente, ma forse avrei fatto meglio a non chiedere, perché il sorriso dalla sua faccia scomparve subito dopo.

Lei si giró e mi fece capire che non voleva parlarne. Feci allora per andarmene ma lei mi fermó.

-"É davvero magico questo albero?"-

Mi sorprese un'altra volta. Bhe non tanto, perché anche io credevo che l'albero fosse magico.

-"Si, cosí dicono"- risposi

-"Non voglio sapere cosa dicono. Voglio sapere cosa dici tu"-

Io sorrisi -"Posso darti la mia parola che quest'albero é magico"-

Lei mi lasció andare e cominció a parlare del suo passato. Non ebbi il coraggio di fermarla, quindi la ascoltai.

Non ho mai sentito una storia piú triste. Era l'ultima di 5 sorelle, ed essendo la piú piccola tutte la "schiavizzavano". Era sempre lei a fare i lavori a casa. Faceva sia le sue cose che le cose delle sorelle, e la madre se le faceva male se la prendeva con lei.

L'unica persona ragionevole della sua vita era morto qualche anno prima, per cui lei ora non aveva una spalla su cui piangere.

La vita scolastica non era molto meglio di quella familiare. Vemiva esclusa e chiamata "la schiavetta". Ma lei non ci faceva molto caso.

Dopo aver sentito la storia, decisi che sarei stato io la sua spalla, decisi che l'avrei sostenuta ad ogni suo crollo, e aiutata ad ogni sua insicurezza. Cosí cominciammo a vederci tutti i giorni sotto quell'albero. E dopo poco tempo mi innamorai di lei.

La amavo davvero tanto, ma era un amore impossibile. Non mi era permesso dichiararlo perché lei non si sarebbe mai piú aperta a me, e io l'avrei persa per sempre. Quondi mi imposi una specie di blocco, cosí da evitare il peggio.

Dopo qualche mese, sembrava che stesse meglio.

Un giorno discutimmo, solo perché lei insisteva per farmi conoscere sua madre e le sue sorelle, ma io non volevo.

Per fortuna facemmo pace e gli promettemmo che ci saremmo visti il giorno dopo.

Ma il giorno dopo io non ci andai. Non so bene il perché, semplicemente ero ancora infastidito perché dopo tutto quello che avevo fatto lei mi aveva urlato contro. Quindi quel giorno di pioggia, non andai sotto l'albero.

Non avevo idea di come lei avrebbe potuto reagire, quindi decisi che sarei andato il giorno dopo per scusarmi.

Mi alzai presto la mattina e mi incamminai verso l'albero. Sembrava tutto uguale, apparte che da lontano sembrava esserci qualcosa pendente dall'albero.

Quando mi avvicinai realizzati di cisa si trattava.

Era lei, o almeno il suo corpo immobile.

Le sue spalle erano senza vita, e attraverso le palpebre mezzoaperte si intravedeva il bianco degli occhi.

Mi schiffeggia, pizzicai e morsi, ma non mi svegliai.

Non potevo crederci. Per colpa mia lei si era tolta la vita. Solo per colpa mia.

Non sapendo cosa fare, avvisai la madre della perdita, anche se sembrava piú sollevata che triste.

La seppellirono e io insistetti perché venisse sepolta sotto l'albero. E cosí fu.

Ogni volta che andavo all'albero vedevo la tomba e piangevo. Piangevo perché la ragazza che amavo si era tolta la vita per colpa mia. Ero un assassino.

Me lo meritavo. Mi meritavo tutto il dolore che provavo. Era una punizione che mi era stata data da mia madre, dall'albero. Per colpa mia aveva visto, solo le mie sofferenze e quelle della ragazza, ma anche la morte di quest'ultima.

Presto si instauró in me un pensiero oscuro, un pensiero che finalmente avrebbe messo fine alle mie pene.

Una persona come me non meritava vivere. Nel mondo c'erano già abbastanza persone orrende, quindi avrei solo aiutato tutti andandomene.

Cosí presi la mia decisione, e un giorno di pioggia mi uccisi davanti alla tomba della persona che era stata una volta il mio mondo.

Prima della mia morte si sentí una sola parola

-"Perdonami"-

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 11, 2015 ⏰

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