Ho voglia di ascoltare Motta alle quattro di mattina a Bologna nel più insignificante e afoso dei giorni estivi.
Ho voglia di camminare per ore a parlare del tuo raffreddore, e di quelle strane fissazioni che hai per qualsiasi piccolo dettaglio.
Ho voglia di stare in giro fino all'alba, di sentire male ai piedi per quanta strada ho fatto, e lamentarmene ugualmente perchè sì, i piedi fanno male comunque, mentre ci perdiamo nei nostri discorsi senza troppo senso, senza troppe pretese, senza troppe attese.
Ho voglia di un gelato all'una di notte, fragola e pistacchio, che cola dal cono per finire su tutte le mani e rischiare di macchiarmi la maglietta, mentre per le vie dei ristoranti e dei bar vedo fermi in fila ragazzi in fame chimica, o persone che hanno semplicemente da riempire un vuoto, che sia di stomaco o di spazio.
Ho voglia di sedermi su una qualsiasi panchina, anche in un punto lontano che non sia proprio il centro, e godermi l'arietta pungente che mi fa rabbrividire fino a farmi venire la pelle d'oca.
Che ti fa domandare ogni volta se ho freddo e se ho bisogno della tua giacca, per poi ridere e risponderti che è solo un attimo, che sto bene così. Ed è vero, sto bene esattamente così.
E poi ho voglia del silenzio, senza dire una parola, senza fare alcun rumore e sentire il nulla che mi circonda come solo alle quattro della mattina posso trovare.
Perchè alle quattro della mattina tutto tace, tutto sembra essere più tranquillo, tutto tende a placarsi in attesa di un nuovo inizio, tutto sembra bloccarsi in una breve pausa dalla quotidianità.
Perchè alle quattro della mattina il cielo blu scuro, quasi tendente al nero, non guarda in faccia nessuno, non illumina nessuno, non può giudicarti se sei tornato tardi da quella festa in Piazza, o se hai fatto tardi da un appuntamento finito troppo in fretta. Nessuno che ti dice che hai fatto troppo tardi, nessuno che ti chiede con chi sei stato, nessuno che ti domanda perchè sei in giro a quell'ora della notte, perchè poi dovrebbe anche dare spiegazioni del perchè pure lui si trova in giro a quell'ora.
Perchè alle quattro della mattina, mentre sto tornando a casa da sola, a piedi, con la luce dei lampioni che mi illumina la strada, mi piace perdermi nei miei pensieri, che si srotolano nella mia mente incasinata, tenendomi compagnia durante il tragitto e concedendomi un attimo di pace dal caos che durante tutta la giornata sembra non lasciare il tempo per pensare, per lasciarmi respirare la mente.
Ho voglia di tornare a casa, a passi lentissimi, e aprire piano il portone del palazzo, cercando di non far svegliare nessun vicino, e farmi quelle rampe di scale in silenzio, come se ad ogni gradino che salgo rischiasse di incrinare il pavimento.
Ho voglia di arrivare fino al mio letto e buttarmici pesantemente sopra, senza fare troppo rumore, e fissare il soffitto, restando così per un po', perdendomi tra quei pensieri incessanti.
Perchè alle quattro della mattina tutto sembra essere più romantico, più ricercato, più di nicchia, persino più sincero.
E per me non c'è cosa più bella, dopo i tramonti, che rincasare quando niente sembra più muoversi, quando l'unico rumore udibile è il suono delle cicale che sfrigolano nei prati, oltre le siepi, e l'unico verso che si sente è quello degli uccelli notturni che cinguettano debolmente.
Ho voglia di indossare una canotta presa a caso dall'armadio e i più logori pantaloncini che posso trovare, prendere la macchina e guidare di notte, alle quattro, con i finestrini abbassati ed il volume della radio al massimo, il vento che mi scompiglia i capelli, mentre intanto sfreccio sopra i colli della città, cantando a suarciagola senza preoccuparmi di far troppo rumore. Tanto nessuno può sentirmi, nessuno può essere disturbato.
Ho voglia di sdraiarmi sull'erba verde e rilassarmi col sottofondo delle cicale che cantano ad intermittenza, chiudere gli occhi per un attimo e sentirmi trasportata da quella magia che solo di notte puoi provare. Come se fossi congelata dal tempo, tra il blu profondo del cielo e il barlume giallastro delle stelle.
Ho voglia di parlare, parlare tanto, sottovoce, solo voce. Dire quelle cose che non dici mai di giorno, che non osi neppure pensare in pubblico, ma che conservi dentro di te fino a che non cala la sera.
Perchè se hai bisogno di parlare con qualcuno, alle quattro della mattina, di certo vai da chi sai che è disposto ad ascoltarti, da chi ti fidi, da chi ti confidi.
Ed ecco che mi ritrovo qua, davanti a quel palazzone giallo, che tanto ho osservato con pazienza per tutta l'estate e tutto l'inverno passato. Lo stesso anche adesso, tra le mani il cellulare, con il messaggio appena inviato.
"Sono sotto, se ti va di parlare."
E anche se so bene che non dovrebbe importarmene più di un tanto, che non sono queste le cose che davvero contano, che non si tratta di questioni di vita o di morte, io mi scopro star trattenendo il respiro, in attesa di una risposta.
E proprio qui, davanti a questo cancello in ferro battuto, fingo per un minuto di non aver sentito la notifica e aspetto qualche secondo prima di prendere dalla tasca il cellulare e aprire il messaggio.
Lo faccio lentamente, ritardando il più possibile i movimenti.
Lo sblocco e visualizzo.
"Non potevo ricevere proposta migliore di questa, alle quattro della mattina."
Torno a respirare.
E involontariamente mi scappa un sorriso, esattamente in quel momento, alle quattro della mattina nel più insignificante dei giorni estivi.
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Ho voglia d'estate
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