Il bambino giocava con le foglie secche sul pelo dell' acqua di un laghetto. Una brezza leggera e pungente gli trafisse le braccia, ma a lui non importava. Le foglie erano tinte di un arancione spento. Gli ricordavano le mani raggrinzite del nonno. All' improvviso dall' albero accanto al laghetto si staccò una foglia. Il bambino la guardò danzare nell' aria prima che cadesse sul velo grigiastro dello stagnetto con leggerezza, quasi a dargli un bacio e fargli una promessa con un anello che diventava sempre più grande.
Il piccolo si avvicinò e osservò la nuova arrivata. La foglia era rossa, più rossa di tutte le altre, e l'acqua l'avvolgeva con un freddo abbraccio. Lei lo fissava e gli sorrideva come per invitarlo a guardare. "Guardare cosa?" chiese lui. La risposta arrivò pian piano. A pochi centimetri dalle sue dita affogate nell' erba l'acqua dal riflesso grigio del cielo stava cambiando. Si stava tingendo di un rosso vivo. Ma non vivo nel senso di intenso. Quel rosso era davvero vivo e gli stava parlando. Aveva una voce soave, lontana, eppure così vicina.
Poi lo vide.
Il suo riflesso. Muto. Lo fissava.
Il bambino lo guardò aspettando che gli dicesse qualcosa. Ma non ce ne fu bisogno. I suoi occhi dicevano tutto. Occhi di un rosso fiammate, vortice di lava, un abisso di luce.
Lo sentì.
Un brivido di paura gli percorse la schiena. Il bambino tuffò la mano nell' acqua e strappò via la foglia rossa. Il lago si agitò e si lamentò.
Poco dopo lui riapparve. Questa volta era diverso, sembrava più timoroso e anche lui reggeva una foglia rossa in mano.
Gli occhi però erano gli stessi.
Rossi.
Vivi.
"Non temere." gli dissero, "Noi non cadremo come le foglie."