Erano più di una cinquantina. Piccoli, orripilanti e grassocci Maiali Ninja si muovevano strepitando nell'oscurità della notte. La luna ne illuminava le minuscole figure, che proiettate sul suolo parevano ingigantirsi sempre di più man mano che avanzavano lungo il sentiero. La foresta che avvolgeva il viottolo era inspiegabilmente silenziosa. Gli animali che l'abitavano parevano come estinti. Persino gli alberi apparivano ammutoliti, privi di ogni linfa vitale. La marcia dei Maiali Ninja continuava a procedere e giunti dinanzi all'immenso Paifang del villaggio Hametsu si arrestarono. Il capo banda, il più grosso di tutti, avanzò in prima fila e voltandosi verso i suoi combattenti grugnì, in un primo momento, parole incomprensibili. - Direi di aprire le danze! - strepitò in seguito, con la lingua comune della Spirale. Gli armigeri, in tutta risposta, latrarono eccitati. Si spostarono all'interno del quieto paesello. L'unico strepito che si udiva era lo scrosciare del piccolo ruscello che si trovava al centro del villaggio. Tutto era pacifico e tranquillo, ma non appena furono scagliate frecce di fuoco nel cielo privo di stelle, le danze ebbero inizio. Gli abitanti del villaggio Hametsu uscirono dalle proprie abitazioni urlando nel panico più totale. C'era chi correva a destra e a manca e chi cercava di opporre resistenza restando a combattere.
Le strade del sobborgo, ben presto, furono sommerse del sangue degli innocenti. Uomini, donne e bambini furono trucidati senza pietà e le case depredate e bruciate una dopo l'altra. Poco più lontano dal villaggio, Argaroth udì le prime grida smorzare l'aria di quella notte pacifica. Si alzò bruscamente dal giaciglio, stropicciandosi gli occhi con le mani. Raggiunse la finestra e vide numerose lingue di fuoco divorare il paesello. Poteva udire il calore delle fiamme bruciargli la superficie della pelle. Si scostò dalla finestra, afferrandosi il viso tra le mani. C'era qualcosa di insolito in tutta quella situazione. Qualcosa di insolito che Argaroth dovette riaffiorare nei ricordi del giorno precedente per rendersene conto.
La spada di Darius cadde rumorosamente a terra, levando una densa polvere di terra dal suolo. - Complimenti, Argaroth! - esclamò l'omone. - Non rammento l'ultima volta che ti ho battuto a duello. - Argaroth infilò la mano destra nella tasca posteriore dei pantaloni neri e ne sfilò un pezzo di stoffa grigia. Poggiò il panno sulla lama della spada e cominciò a ripulirla con cura dalla terra con movimenti precisi. - Forse perché non è mai successo, vecchio mio. - disse portando il braccio sulla fronte imperlata di sudore e asciugandosela. - Sei un ottimo combattente Argaroth, ma ancora non capisco perché tu non voglia prendere posto come guardiano del Tempio di Giada. È un'occasione che non dovresti lasciarti scappare per nulla al mondo. Sai quanti aspiranti combattenti vorrebbero il tuo posto? A centinaia! Insomma, chi non vorrebbe servire l'Imperatore Joshihito? -
- Io, Darius. Mi conosci abbastanza bene da sapere che amo vivere una vita tranquilla senza rischi. Amo il mio lavoro, la mia famiglia e la mia casa. Sto bene così, d'avvero. -
- Capisco. - borbottò l'omone. - C'è una cosa che dovresti sapere, però. - Argaroth non ci rifletté due volte. Conosceva fin troppo bene le persone che lo circondavano e quando Darius diveniva paonazzo in viso significava che nascondeva qualcosa.
- Ancora quella scommessa? -
- Ancora quella scommessa. - ripeté Darius. - Non avrei mai dovuto farlo, lo so. Conosci i giochetti di Brom, no? Sono invitanti! -
Aragroth sospirò, dopotutto non poteva dargli tutti i torti. In passato aveva commesso anche lui lo stesso errore. - Torna a casa. Ci penso io. - disse salutandolo poco dopo.La locanda di Brom era un luogo poco illuminato. Al centro della bettola vi era un'enorme bancone, sommerso da vecchi orologi antiquariati e grossi volumi accatastati uno sopra l'altro. Ai lati, sugli scaffali storti, vi erano stipate cianfrusaglie di ogni tipo. Se c'era una cosa che Brom amava fare, oltre organizzare giochi d'azzardo, era collezionare ogni sorta di chincaglierie. Argaroth, non appena mise piede nella locanda, fu travolto da mille odori: dalle vecchie pergamene ingiallite da tempo, dai barattoli contenenti erbe selvatiche e dall'odore pungente di una pipa appena fumata. - Brom! - chiamò. - Sono io, Argaroth. -
La locanda pareva vuota.
- Brom, so che ci sei. Gradirei una risposta da parte tua! -
Brom, in tutta risposta, si materializzò dietro il bancone. Egli, a differenza di molti altri suoi coetanei, era un satiro antropomorfo. Dalla vita in giù possedeva gambe caprine, mentre il busto, le braccia e il viso avevano l'aspetto umano. Sul capo, nascoste da una chioma arruffata e castana vi erano due piccole corna appuntite.
- Quale buon vento vi porta qui? - domandò sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Un uccellino mi ha detto che hai di nuovo imbrogliato ieri sera. È vero? -
Brom ridacchiò. - Sei un uomo sveglio, Argaroth. Devo proprio ammetterlo. Mi chiedo come fai a scoprirmi con le mani nel sacco. - disse aprendo un cassetto e tirandone fuori cinque corone.
- I tuoi clienti sanno che giochi sporco? - domandò.
Il satiro scosse la testa e porse le cinque monete al suo interlocutore. - Sono un uomo furbo, io. A proposito, vuoi qualcosa da bere? - chiese brandendo due bicchierini e poggiandoli sul bancone polveroso.
- No, grazie. Devo tornare a casa. - rispose.
- Dov'è finito il mio buon vecchio Argaroth? In passato venivi spesso qui. - disse Brom allargando un mezzo sorriso maligno. - Il passato è il passato, Brom. Non sono più quello di una volta. Cerca di stare fuori dagli affari loschi. - disse l'uomo, e senza aggiungere altro uscì dalla locanda e si incamminò in direzione della propria casa. Una volta varcato il paifag del villaggio, però, Argaroth non poté fare a meno di notare una folla di persone che circondavano un senza tetto. Giunto anche egli, chiese ad una docile signora che cosa stesse accadendo.
- Continua a farfugliare parole incomprensibili, signore. Alcuni credono che abbia ingerito funghi allucinogeni. - Argaroth la ringraziò e allungò il collo per vedere. Accerchiato dagli abitanti del villaggio, l'uomo senza tetto, non vedente da un occhio, si dondolava avanti e indietro, reggendosi con le ginocchia. - Oh, sì. Loro arriveranno quando il sole calerà dietro le imponenti montagne. Loro arriveranno quando il sole calerà dietro le imponenti montagne. - ripeteva.
- Che cosa sta farfugliando? È impazzito? - chiese un uomo di mezza età. - Se continua in questo modo spaventerà i miei figli. - disse un altro.
Argaroth si avvicinò al malvivente. - Che le succede? Può dirmelo? - e senza aspettarselo, l'uomo lo afferrò per i lembi della camicia di lino. Le loro fronti erano poggiate una contro l'altra. - Loro arriveranno quando il sole calerà dietro le imponenti montagne. Dobbiamo agire immediatamente o per noi sarà la fine! - sbottò strappandogli la camicia. Argaroth, scosso, si alzò di scatto e voltandosi indietro, non scorse le espressioni stupefatte e preoccupate degli abitanti, ma bensì scorse sua moglie che lo guardava preoccupata dal giaciglio.
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Cronache del Mondo Magico - Il Libro dei Segreti
FantasyQuando Malistare Drake scompare senza lasciare traccia, i regni che popolano la Spirale sono in procinto di crollare nel caos. Per scoprire il suo passato e salvare il Mondo Magico, Emily intraprenderà un lungo viaggio dominato da creature pericolos...