Prologo

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I fumi delicati dell'incenso gorgogliano nell'aria stantia da diverse settimane. Non si dissolvono facilmente, restano a levitare obbligando il mio sguardo ad osservare contrariato. Seduto contemplo, in stato di profonda apatia, i colori contorti della notte ballerina, della notte che sposandomi ha dato vita all'immenso tormento del mio cuore.
Osservo immagini frammentarie di piccole storie astratte, di visioni oltremodo sconfinate in una landa desolata e arida. Con le gambe incrociate e il fumo che fuoriesce dal petto, inebrio il mio olfatto di avare speranze e sogni erotici.

Sono il vuoto, non sento nulla sulla pelle, essa madida è impregnata di pece ardente. Un sussurro lontano appaio, spirito vincolato, anima condannata invisibile nella notte luminosa che urla il mio nome. Solo quello basta nel risveglio, ma tutto tace e nessuno proferisce parola. Sono un sussurro, un sussurro smarrito nel labirinto dell'esistenza, la mia pelle scotta, asciutta si dissolve come cenere nel buio.

Nell'oscurità proseguo il mio cammino lungo i binari desolati di una vecchia ferrovia. Gli assi di legno scricchiolano ad ogni passo, il vecchio marciume sporca le mie scarpe nuove. Lievi scintillii si manifestano in lontananza, l'odore di benzina è nauseante. Pizzica le narici con astuzia e prepotenza e il sangue, la sua macchia indelebile e incrostata, pian piano si avvicina rivendicando la propria identità.
Le rotaie ghiacciate stridono ancora di un vagone fantasma passato precedentemente, diretto chissà in quale oscuro luogo.
Il mio corpo giace a pezzetti sopra di esse ed io, incredulo, osservo con entusiasmo il quadro straziante di una nuova fine.

Alle mie spalle, in fondo al binario tronco, una porta cremisi attende impaziente di essere aperta.

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