Lara, ogni prima domenica del mese, adorava girare tra le bancarelle dell’antiquariato della sua città.
Aveva trovato monili dell’ottocento di splendida fattura; orologi da taschino in argento, con casse dai raffinati bassorilievi.
Quella mattina l’aria era frizzante, si fermò da Miriam, una rom dallo sguardo penetrante e il fare misterioso.
- Miriam hai qualcosa di carino per me? - domandò sorridendole.
La zingara prese dalla sua gonna un cammeo e senza parlare glielo porse.
- Oggi è più strana del solito - pensò, osservando il pendente.
Il cammeo era piccola quanto un'albicocca, il colore del corallo era vivo, un rosso troppo intenso per un cammeo.
Incuriosita tentò di aprirlo per vederne l’interno.
Fu investita da una luce accecante, gelida.
Il monile cadere a terra.
Una forza l’avvolse in una spirale luminosa, all’improvviso davanti a lei, il buio più tetro.
Si ritrovò in una stanza bassa, fredda, umida, satura di un tanfo di marcio, di carne avariata, di morte!
Nel buio iniziò a tastare con le mani per esplorare quel luogo oscuro. Doveva trovare una via d’uscita!
Non vi erano finestre, nessuna porta poteva donarle la via della salvezza; con il tatto si rese conto di non aver trovato nessun angolo.
Un’idea la colpì come una saetta, era in un luogo ovale.
Come il cammeo!
- Noooo! - urlò comprendendo l’atroce destino che l’attendeva.
Il terrore diventò padrone incontrastato delle sue membra, l’unico suono che percepiva in quel silenzio spettrale era: il battito impazzito del suo cuore.
L’aria diventò pesante, mentre qualcosa di viscido le bloccò le gambe, era una sostanza gelatinosa, fredda come il ghiaccio. Questa avanzò velocemente, avviluppandola come una crisalide.
- Dio mio, abbi pietà di me.
Lo pensò solo, le sue labbra erano già sigillate dalla morte.
- Per oggi sei sazio - disse Miriam, riponendo il cammeo nella tasca della sua gonna.
Tonina Perrone