AMORE E POPCORN

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ANTEPRIMA.

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Capitolo 1

Ci sono viaggi che si fanno con un unico bagaglio: il cuore.

Audrey Hepburn


Per la quarta volta mi ripeto la lista di tutto l'occorrente per il viaggio. So che ormai è tardi per porre rimedio, ma perlomeno posso essere pronta alla catastrofe.

Preparare le valigie in una settimana non fa per me.

Sono abituata al mio elenco steso con calma estenuante e precisione certosina almeno con un mese di anticipo. Spunta dieci giorni prima, preparazione diabolica del bagaglio e ultimi acquisti al massimo nei due giorni che precedono la partenza. Invece no, questa volta è stato tutto concentrato in pochissimo tempo. Di certo dimenticherò qualcosa di vitale importanza. Ho già fatto mente locale per quanto riguarda medicine, corredo bagno, mare, gite fuori porta, varie ed eventuali. Eppure, c'è qualcosa che manca all'appello, ho la netta sensazione di non aver pensato a qualcosa di fondamentale. Ricomincio da capo. Aspirina, tachipirina, moment; costumi, ciabattine, pantaloncini, magliette, canottiere; libri, kindle, portatile, pinne, fucili ed occhiali.

Comunque, mentre la sensazione di fine del mondo incombe, vedo dal finestrino le zone industriali bergamasche e in pochi minuti arriviamo all'aeroporto di Orio al Serio. Mio padre, nervoso come sempre, mi scarica di fronte alle partenze senza tante cerimonie e cerca di uscire dal parcheggio evitando di speronare altre autovetture.

«Ciao!!!» gli urlo inutilmente mentre si allontana sgommando.

Io, il mio bagaglio a mano, i documenti di viaggio e il trolley dalla pesantezza ultraterrena, ci trasciniamo inciampando ogni tre passi, dando spallate che neanche un rugbista. Vista la coda chilometrica al check-in sono tentata di ballare l'Hakka per allontanare questa marmaglia.

Sono le cinque del mattino, che siano tutti in partenza come me? Possibile che nessuno lavori qui? Inizio a chiedermi se ho fatto la cosa giusta a imbarcarmi in questa storia. Vero che sono alle ferie forzate, ma potevo starmene sul divano di casa e leggermi dieci-quindici libri, no? Perché dare retta a Gloria, la mia nonnina sprint? Lei ha ottant'anni suonati, eppure viaggia per il mondo e non la ferma nessuno.

«Agatha ma se hai una settimana libera, raggiungimi a Marsa Alam! Poi lì, oltre al mare bellissimo, puoi realizzare il tuo sogno di visitare l'antico Egitto! Dai, sarà fantastico! E poi quanto tempo ti resta da trascorrere con la tua povera nonnetta?»

E così mi sono fatta infinocchiare, mossa da compassione. Peccato che la sento fare da vent'anni questo discorso, e sono io ad avere mal di schiena e stress. Lei sta da Dio. Gloria, la mamma di mia madre, è già alla sua seconda settimana, faremo il viaggio di ritorno insieme. In pratica mi sto recando nella patria dei vecchietti bergamaschi. Siamo ad aprile, prezzi bassi ma non troppo, e gioventù gran rara. La cosa mi dispiace poco, ho bisogno di relax, di staccare dal lavoro e da tutto, di riprendere in mano la mia vita e capire finalmente cosa voglio fare da grande. A ventotto anni direi che è anche l'ora di darmi una mossa.

Il villaggio, situato a pochi chilometri dall'aeroporto, è una struttura italiana a cinque stelle, senza discoteche o divertimenti troppo impegnativi. Ve l'ho già detto che sono una vecchia dentro?

Inoltre, cibo ottimo con cuoco italiano in sede, personale medico, farmacia, due bar, formula hard all inclusive.

Avrò una camera matrimoniale vista mare dato che l'agenzia doveva riempire gli ultimi buchi e ho avuto una proverbiale botta di culo. Certo non ho pagato pochissimo come mia nonna, grazie alla sua prenotazione risalente a più di un anno fa, ma come faceva a sapere di essere ancora viva, quando io non so se lo sarò il giorno dopo? Davvero intrepida. In ogni caso, ho staccato un buon prezzo last

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minute.

Perché questa improvvisa dipartita? Direi forzata e alquanto poco apprezzata?

Tutta colpa del mio capo. O merito, dipende dai punti di vista. Insomma, avevo due mesi di ferie arretrate e mai il tempo di farle, tranne durante la chiusura estiva dell'azienda. Ormai da qualche anno lavoro presso la Delta Italia, leader nel settore delle stampe online. Mentre rimugino ho superato indenne il check-in, il mio bagaglio era largamente inferiore al peso consentito. Dopo ben trentacinque minuti affronto l'orda barbarica ai metal detector. Si è accalcata una marea umana, gente che parte senza conoscere le benché minime regole basilari per viaggiare. Si presentano con borsoni pesanti come sassi, pieni di bottigliette d'acqua, bombolette spray e armi contundenti. È già il terzo davanti a me che viene perquisito da capo a piedi perché continua a far suonare tutto quando lo controllano. Tra un po' il poverino resterà in mutande. Alla fine, lo lasciano andare per la disperazione.

Per arrivare al body scanner mi ci vogliono altri dieci minuti. I poveracci che lavorano qui sono già alla frutta, mi fanno un'occhiataccia di sfida quando cerco di sorpassarli incolume, quasi un avvertimento. Pazzesco, sono la prima che non fa accendere tutto, ma loro sembrano increduli e mi fanno ripassare due volte. Macché, loro non si accontentano. Mi fanno togliere le scarpe, sono ballerine, cosa vuoi che abbia sotto i piedi di così pericoloso?

Ancora niente lucine intermittenti. Si stanno rassegnando quando un tizio allampanato mi fa segno di avvicinarsi a lui. Mi passa un foglietto di carta sui polpastrelli e sulle tasche dei jeans. Sono basita, mi fa un test antidroga? Sono messa così male? Vorrei spiegargli che le occhiaie sono dovute allo stress e alla stanchezza, ma non faccio in tempo a intavolare una discussione. Il marchingegno diventa verde e lui mi fa un cenno stizzito per farmi recuperare i miei oggetti. Mi fiondo sulla borsa e sul cellulare sulle punte per far meno rumore possibile e sparisco dalla sua vista.

Manca ancora un'ora all'imbarco e sono davvero esausta. Decido di farmi salassare prendendomi cappuccio e una donut con coloranti artificiali di fronte ai gate. Il problema è raggiungere il bar. Non so se avete mai avuto l'occasione di prendere un volo dallo scalo di Orio. Nonostante i miei mini-viaggetti low cost io mi dimentico costantemente della fregatura. Ovvero, ti mandano in giro per chilometri sorbendoti negozi di ogni genere, cercando di prenderti per lo sfinimento, mentre tu speri solo di vedere il tuo numerino su di uno delle centinaia di cartelloni degli imbarchi. Ma nulla, tu prosegui, come in un deserto, affamato, stanco e tra una sconfinata platea di zombie che gironzola ormai persa lì dentro da trent'anni. Gente afferma che l'idea per il film The terminal con Tom Hanks sia ispirata da qualcuno che ancora non è tornato, ma vaga nei corridoi dell'aeroporto Caravaggio di Bergamo. Tornando a noi, quando pensi di essere arrivato, c'è una nuova curva a serramanico e stupito ti rendi conto che ti stanno facendo girare intorno, e ti ritrovi dove sei passato mezz'ora prima. Ora scendi una scala mobile scomodissima, i trolley si incastrano, cadono addosso alle persone sottostanti, un macello. Se sei sopravvissuto arrivi ai gate per i voli che vanno fuori dall'UE. E lì, ti ricordi. All'ingresso, ben nascosto, c'era pure un ascensore che ti ci avrebbe portato in pochi secondi. Qui ti controllano di nuovo i documenti. La domanda di rito abbastanza stupida: «Si reca a Marsa Alam per turismo?».

Mi immagino le loro reazioni se rispondessi: «No, si figuri. Vado per partecipare a un'insurrezione popolare e farmi esplodere in un tempio...». Meglio tagliarsi la lingua e annuire docilmente. Non riuscirei a sopportare anche un interrogatorio internazionale.

A un quarto d'ora dall'orario scritto sui biglietti arrivo al famigerato Gate B4. Mi fiondo al chioschetto sfigato lasciando ben 4,50€ per una ciambella dura come un pezzo di legno e un cappuccino bollente. Di caffè ce n'è una goccia. L'ho chiesto scuro, ma cosa ho fatto di male? Perché centellinare una bevanda così preziosa? Il mio nervosismo, frutto del miglior paradosso, aumenta in modo proporzionale alla poca assunzione di caffeina. Faccio appena in tempo a poggiar la tazza che sento chiamare il volo. Che efficienza, porca paletta! Siamo in perfetto orario. Mi metto in coda e ripenso al maledetto ascensore! Non c'è nulla da fare, gli ascensori mi fregano sempre.

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