Poche ore ancora e milioni di famiglie si sarebbero riunite intorno all’albero di Natale per lo scambio dei regali. Invece Cinzia, per il settimo anno consecutivo, avrebbe trascorso quel momento davanti alla porta del centro di rianimazione. La sua speranza era solo una , che qualche anima pia tra il personale medico o paramedico, le concedesse una manciata di minuti per abbracciare il suo amore. Cinzia e Carlo erano l’esempio dell’amore che bussa all’improvviso nella vita.
Si erano conosciuti alla classica festa di compleanno di un amico comune, il loro fu un colpo di fulmine. Sin dalle prime ore si resero conto che una strana sensazione di famigliarità rendeva facile tra loro comunicare. Non fu difficile assaporare la gioia di ritrovarsi nelle braccia l’uno dell’altra. Decisero per un matrimonio semplice, senza tanti fronzoli. Loro volevano solo vivere insieme, sognare insieme, crescere dei marmocchi e affrontare il tramonto della vita mano nella mano.
Il loro sentimento era speciale viveva di una sorte di sincronia del pensiero. Avevano lo stesso amore per la montagna e la fotografia. Spesso uscivano la domenica per fare fotografie nel Parco Nazionale del Pollino. Amavano camminare nei boschi, ascoltare la musica della natura e scattare fotografie. Poi la sera, dopo una cena frugale si mettevano davanti al computer a rivedere gli scatti fatti durante l’uscita e continuavano a vivere la loro complicità che gli amici invidiavano.
Fabio e Annalisa li prendevano in giro:- Voi siete due alieni, non vi litigate mai.
A loro non servivano le parole, anzi a volte erano superflue. La loro intesa era incredibile. Molte volte pur non comunicando sapevano cosa accadeva all’altro, in positivo o in negativo, erano collegati da un filo empatico che rendeva il loro rapporto unico. Carlo diceva sempre:- Potrai andare in capo al mondo io saprò sempre dove sei e come stai, amore mio.
Anche quel giorno maledetto accadde la stessa cosa …
Cinzia era intenta a riporre la biancheria nell’armadio, quando un dolore forte alla tempia e allo sterno le fece perdere le forze, lasciò cadere tutto.
Ripresasi dall’acutezza di quelle fitte improvvise e lancinanti, comprese che quei dolori erano di Carlo.
Prese subito il cellulare, disperata tentò di mettersi in contatto con lui. Carlo stava tornando da Roma, lo aveva sentito solo pochi minuti prima. Iniziò a piangere, certa che quel silenzio era un cattivo presagio. Infatti il suo amore aveva subito un bruttissimo incidente. In seguito all’impatto con un tir impazzito era finito in coma per trauma cranico, oltre allo sfondamento dello sterno e perforazione del polmone destro.
Carlo entrò in quella dimensione dove non ti può accoglie ancora madre terra e non puoi tornare a sorridere. Sei sospeso messo fuori gioco, dalla partita più importante, la vita.
Sette lunghi anni durante i quali Cinzia fece di tutto per stargli vicino, non rassegnandosi a quella specie “game over” che la vita aveva riservato al suo amore. Lottò giorno dopo giorno, asciugò le lacrime con la forza di chi non vuole cedere al fato.
Diventò ombra davanti alla porta della sala di rianimazione aspettando risvolti positivi; a ogni delusione riusciva a risalire il baratro della disperazione solo con la forza dei ricordi; si rifugiava guardando le loro foto.
Il personale sanitario, ormai, la conoscevae spesso chiudeva un occhio alle intransigenti regole.
Non sognava pellicce o viaggi! Sognava solo un cenno, un debole cenno del suo amore che invertisse quella corsa verso il capolinea.
In quegli anni aveva annotato i suoi mille pensieri su piccole agende, che sistemava nella libreria dello studio di Carlo, in modo meticoloso, e ripeteva a se stessa:
- Quando si sveglierà dovrà leggere tutto il mio amore.
Come ogni sera era lì con lo sguardo nel vuoto, sola, a parlare con il suo amore superando i limiti architettonici e umani.
Era la settima vigilia di Natale che trascorreva davanti a quel confine con la morte.
Si sedeva davanti alla quella porta e il pensiero volava accanto a lui e gli raccontava come aveva trascorso la giornata e a chi le ribadiva: - Signora è inutile che stia qui, se si dovesse svegliare la chiameremmo subito.
Lei sorrideva con quel sorriso stanco, ma non rassegnato, mentre la sua mente continuava ad accarezzare Carlo con impalpabili carezze.
Lei era convinta che ascoltasse le sue parole non dette, che sorridesse ai suoi baci e abbracci non dati.
Erano le loro anime a essere indivisibili e ne un letto ne una porta chiusa avrebbero potuto tenerle lontane.
Aveva gridato contro quel Dio misericordioso, pianto, implorato intercessione a ogni ospite del cielo. Non si perdeva d’animo e ogni volta che lo salutava gli ripeteva nell’orecchio :- Riuscirò a riportarti a casa, tu non lasciarmi la mano.
- Cinzia, vai ora, che non c’è Salvini. Mi raccomando puoi stare solo dieci minuti.- disse Clara.
- Io i miei angeli non li ho in cielo, quelli sono diventati sordi e ciechi al mio dolore. Siete voi i miei angeli.- rispose Cinzia abbracciando Clara, la caposala di turno.
- Buon Natale Cinzia, spera sempre nel miracolo. – sussurrò la donna con gli occhi lucidi.
Cinzia non rispose, strinse le labbra in un morso di rabbia e di commozione. Mai e poi mai avrebbe perso la speranza di riavere il suo Carlo.
Sentiva come un’ansia strana, dei brividi le correvano lungo la schiena.
Entrò nella stanzetta, regno asettico del suo amore, dai colori eternamente uguali come i loro giorni.
Lo accarezzò, iniziò a sussurrargli dolci parole, come ogni sera.
Il suo cuore iniziò a battere all’improvviso, una lacrima furtiva fece capolino, ma lui non l’avrebbe notata.
Gli parlò del Natale, delle luci per le strade, del presepe dell’ospedale, delle vie piene di bambini in festa, poi con la voce interrotta dal pianto soffocato mormorò:- E tu quando me lo farai il regalo di Natale?
Un bip iniziò a sibilare nella stanza e il dito indice di Carlo le sfiorò la mano con un movimento impercettibile, ma quanto basta per farle assaporare la gioia di nuovi orizzonti, di nuovi colori per colorare la parola domani.
Iniziò a baciare quella mano inerte da troppo tempo.
Le lacrime scesero copiose, ma questa volta non bruciavano l’anima.
- Grazie, grazie amore mio. Bentornato!
Suonò il campanello e nel suo cuore quel suono assomigliò al rintocco delle campane che annunciano la nascita del Redentore.
Il suo regalo tanto atteso era arrivato chissà da quale lontana dimensione.
- Buon Natale amore mio. – bisbigliò a quegli occhi smarriti.