<<Papà dice di aver visto del fumo provenire da nord, mentre lavorava.>>
<<Sarà stato qualche vagabondo accampato vicino al fiume.>>
<<No. Proveniva dall'altopiano... ed era molto fitto, come di un piccolo incendio. Secondo Roberto ha preso fuoco dell'erba secca, ma secondo me è qualcos'altro. Pare che il fumo non si sia allargato.>>
<<E poi ha smesso?>>
<<Non lo so. Quando se ne sono andati c'era ancora.>>
<<Paul... e se...>>
<<Vuoi andare a vedere? Per me va bene, ma non dobbiamo dire niente a mamma e papà sennò son frustate.>>
<<Non parlerò!>>
<<Allora domani andiamo. Buona notte Alberto.>>
Non era sicuro arrampicarsi sull'altopiano. Non lo era nemmeno muoversi in città, coi partigiani che giravano... Sono sicuro che papà ce l'avrebbe impedito se non fosse stato confinato al lavoro nei campi, a valle. Lo stesso sarebbe valso per la mamma, prigioniera di casa nostra e della sua paura. Nella nostra incoscienza, io e Paul eravamo i più liberi di tutta la famiglia e di conseguenza, quelli più a rischio. A volte ci univamo alle bande di ragazzi più grandi, dimostrando loro il nostro "valore" nelle battaglie tra fazioni. Ma per lo più eravamo noi due, soli a coprirci le spalle. Inseguivamo e lanciavamo sassi a cani e gatti, ci infilavamo nelle case abbandonate ed in quelle visitate dai soldati... e qualche volta tornavamo spaventati e tremanti, ma mai pentiti. Due scavezzacollo senza il senso della misura. E nel caso te lo chiedessi, sì, ci era già capitato di avventurarci nella natura incolta. Avevamo nuotato nel fiume... io quasi affogai in quell'occasione, ma Paul mi pescò. Gliene dovevo parecchi di favori a quel ragazzaccio. L'ultimo della lista me lo fece il giorno in cui ci addentrammo tra le rocce dell'altopiano carsico, a un paio di chilometri dalla nostra città.
Quel giorno facemmo colazione con calma, per non destare sospetti nei nostri genitori, rubacchiando del pane e dei pezzi di formaggio. Uscimmo verso le nove e come sempre mentimmo, dicendo che saremmo andati dal nostro amico Roberto: un ragazzo gentile, simpatico e terribilmente noioso. Era nostro amico per modo di dire, soprattutto come copertura, ma andava bene ad entrambe le parti. Ci guadagnavamo meno noie: noi per il troppo uscire, lui per il troppo poco.
Quel giorno, per strano che fosse, si unì a noi e ci seguì di buona lena senza nemmeno lamentarsi. Pareva curioso, ma anche... non saprei. Ansioso. Come se gli premesse di trovare qualcosa. Salimmo senza troppa fatica, seguendo sentieri già collaudati ed abbastanza sicuri, almeno secondo noi. Al contrario di Roberto, Paul appariva reticente a continuare, glielo si leggeva nel viso serio e maturo senza che egli dicesse nulla. Anche il suo silenzio del resto era insolito.
Io non mi facevo più di tanti problemi: adoravo quelle piccole spedizioni quasi più del traguardo in sé. Alla fine rimanevamo spesso delusi da ciò che trovavamo, ma il viaggio era sempre un divertimento: la natura selvaggia, il sole, la pioggia... gli starnazzamenti di Roberto, la pesante ma innocua ironia di mio fratello, che sempre mi divertiva. Questi erano i miei tesori.
Scorgemmo il fumo appena avemmo superato il ciglio. Era molto meno fitto, a detta di Roberto che diceva di averlo osservato dal tetto di casa sua, ma c'era. Saliva dritto in assenza di vento, placido e nero come la pece. La fonte non era lontana. Non vedevamo fuochi in mezzo all'erba e le sterpaglie, ma la base del fumo era a meno di una cinquantina di metri da dove ci trovavamo, nascosta in una depressione. Quella depressione.
<<Non credo sia sicuro... forse ci sono dei partigiani. Quelli ci bastonano se ci vedono qua.>> mormorò Paul a mezza voce.
<<Non direi>> sospirò Roberto <<i più se ne sono andati da almeno un mese... e poi cosa centrano col fumo?>>
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Crudeltà
HorrorUna serie di racconti brevi, partoriti direttamente dalla mia mente malata. Il filo conduttore? Leggete il titolo