Mentre camminava per le strade di Manhattan, la rabbia gli ribolliva nelle vene. Come avevano osato? Lui, dio del sole e della arti, rinchiuso in un corpo mortale. Era oltraggioso. Privo dei suoi poteri vagava senza meta. Se almeno la sua forma mortale fosse stata un centesimo di quella di dio... Quel mortale non aveva niente di speciale, che catturasse lo sguardo. Capelli riccioluti e biondo slavato, occhi di un comunissimo azzurro, naso grosso e faccia rotonda. La palestra... un'opinione. Vestiti schiatti, a suo parere, e decisamente goffo e maldestro. Impossibile che quello fosse il suo "nuovo" corpo. Non lo accattava.
No, no e poi no. Troverò il modo di liberarmi di questa... cosa! Padre mio che m'hai fatto? pensava, mentre la disperazione prendeva il sopravvento. Il freddo gli trapassava a la felpa di cotone rosso, facendogli tremare le gambe avvolte nei jeans scuri. La neve cominciava a scendere, come un spolverata di zucchero che ricopriva tutto e tutti. Chissà, magari Chione si stava divertendo, congelandogli le dita dei piedi, non protette dalle scarpe di tela. Ed in quel momento la vide. I capelli biondi e mossi, legati da un sottile nastro di seta verde, le coprivano le spalle esili. Il viso sorridente, gli occhi verdi splendenti, il naso leggermente all'insù, la bocca ridente e i denti lucenti. Era Lei. Nonostante tutto quel tempo era sempre bellissima. La sua figura flessuosa era sempre la stessa.
Il maglione candido, come i fiocchi di delicata neve posati sulla sua chioma, una gonna nera di pelle che le arrivava fino al ginocchio, i collant grigi e gli anfibi malva. Certo, era cambiata, e come se era cambiata, ma era sempre Lei. E la riconobbe. Sentì il suo corpo riconoscerla: il respiro affannato simile a quello dopo l'interminata corsa, i battiti del cuore più rapidi e traditori. Non lo aveva ancora notato. Ancora la parola chiave. Lui aveva passato secoli a maledire (in senso figurato) Amore per quello che gli aveva fatto, per ciò che aveva fatto loro. Lui non era stato leale in quella stramaledettissima gara, ma ciò che il "caro" Cupido gli aveva fatto subire era crudele. D'altronde cosa ci si poteva aspettare da un dio minore, infido come Eros? Niente di meno.
Lei si girò e lo vide. All'inizio non lui non capì se era stato riconosciuto, ma lo sguardo insicuro e scioccato della ragazza gli diede la risposta: aveva capito chi era. Gli si avvicinò lentamente, come cercando lei stessa di capire cosa provava. Vederlo l'aveva sconvolta: dov'era finito il dio che tanti secoli prima l'aveva seguita in una corsa disperata?
"Ciao" disse Dafne, con voce sottile "Sono secoli che non ci vediamo... Prima che tu chieda, qualche giorno fa mi è venuta a trovare una donna, sostenendo di essere Afrodite."
"Cosa?!" domandò inebetito Apollo.
"Mi ha salutato e ha detto che era un vero peccato che un cosa del genere fosse accaduta al suo amatissimo nipoto. Sai, sembrava sincera. Ha tirato fuori dalla borsa una boccetta con del liquido rosa e l'ha versata sulle mie radici. Così sono tornata com'ero, niente più alloro." Silenzio. Solo il fruscio del vento e qualche automobile di passaggio.
Apollo si schiarì la voce:
"È-È bello rivederti. Solo... non me lo aspettavo. "
" Sono io quella che non si aspettava... questo. Mi dispiace, ma è strano vederti così, come un mortale. Non riesco a percepire i tuoi poteri"
"Mio padre me li ha tolti quando mi ha trasformato. Credo che dovesse scaricare la sua rabbia su qualcuno ed io ho ricevuto questa punizione innumerevoli volte in passato. Il fatto di avermi tolto i poteri è un bonus difficoltà."
Ancora silenzio. Nel corso dei millenni aveva pensato e ripensato a cosa avrebbe potuto dirle se mai l'avesse rivista. Ma ora le parole erano come aggrovigliate tra loro, prive di senso. Riusciva a imporsi di pensare una sola cosa: non dire niente di stupido, non fare una cazzata.
"Come posso aiutarti a tornare l'Apollo di sempre?"
Lo sorprese. Non si aspettava niente del genere, almeno non da Dafne.
"Non so neanche io cosa fare" sospirò confuso e scoraggiato. " Credo di dover andare al Campo Mezzo Sangue. Lì c'è Dionisio, magari sa qualcosa."
"Okay."
Apollo stava seriamente cominciando ad odiare quei momenti di silenzio.
"Vengo con te."
"Cosa?! N-non ce n'è bisog-gno! T-tranquilla, s-so cavarmela."
Perchè era così maledettamente agitato? Perchè voleva che lei lo seguisse, ma allo stesso tempo aveva ne paura?
Lei sbuffò infastidita.
"Fammi un piacere. Vengo con te. Punto e stop!"
Così, senza aggiungere un'altra parola, lo prese per il braccio e lo condusse fino al ciglio della strada, dove chiamò con un fischio le tre vecchiette tassiste matte da legare.~~~
Sì! C'è l'avevano fatta. Era di nuovo un dio. IL dio del sole e delle Arti. Non poteva essere più felice. Sbagliato.
"Sei di nuovo tu!" gridò felice la ragazza, saltandogli al collo. E, ancora tra le sue braccia, lo sorprese per l'ennesima volta. Un secondo d'esitazione è Dafne lo stava baciando. Un bacio dolce e corto, ma ora, d'altronde, avevano tutta l'eternità da trascorrere insieme.ANGILOLO AUTRICE
Ciao, da un po' avevo l'intenzione di pubblicare una one-shot e l'altro giorno ho ricevuto l'idea perfetta.
Mi faceva pena il povero Apollo e quindi ho inventato un seguito al mito di Ovidio. Ditemi che ne pensate. A presto,G.
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Apollo e Dafne
Fanfiction⚠️NON HO LETTO LE SFIDE DI APOLLO E SO A GRANDI LINEE LA TRAMA. QUESTA OS NON CONTIENE SPOILER. ⚠️ Non ci poteva credere. Lui, il grande e potente dio del sole e delle arti, era diventato un mortale. Un semplice, comune mortale, privo di attrattiva...