In medias res

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Tutte le grandi storie, raccontate dai più famosi autori di tutti i secoli, iniziano in medias res.
Nel mezzo delle cose già accadute.
Se qualcuno dovesse chiedere a Nelson di raccontare il suo rapporto con Cesare, di certo, la prima cosa che gli verrebbe in mente, non è come si sono conosciuti; ancor meno il loro complicato rapporto familiare; non lo sfiorerà per sbaglio il ricordo di essere colleghi; neanche il superfluo particolare di essere migliori amici da una vita si smuoverà dai profondi abissi della sua mente, per risalire a galla.

La prima cosa, che la mente di Nelson focalizzerà a quella domanda, è un bacio stampato sulle sue labbra, una sera di un giorno qualsiasi di dicembre di un anno qualunque. Non importa il tempo, quel bacio è ancora lì.

Tremante e frettoloso.

Non un granché di bacio, ma di gran lunga uno di quei baci che ti porti dietro e dentro per molto tempo, forse per sempre. Cesare gli aveva afferrato il volto con le sue grandi mani fredde e lo aveva attirato a sé. All'improvviso si era ritrovato le sue labbra premute contro quelle dell'amico.

Sapevano di vino rosso.

Forse era solo colpa del vino rosso.

Ce ne erano stati di gran lunga migliori dopo, di baci, tra loro; quel primo bacio non era importante in quanto primo, ma perché Nelson in quel frangente, in quel contatto di labbra contro labbra, in quello strofinio di barbe incolte, in quelle dita fredde premute contro le sue guance rosse, sotto un portico bolognese mal illuminato, si era sentito amato.
Per amare ci vuole coraggio, questo lo sanno tutti; ma Nelson di coraggio per amare ne aveva ben poco, almeno fino a quel momento. Forse era per quello che si era ritrovato a bere, con il suo amico di una vita, dopo che la sua ultima fidanzata lo aveva piantato in asso per una serie di difetti che non riusciva proprio a migliorare. Ma per Cesare quei difetti non erano di certo un problema, anzi, erano ciò che lo avevano convinto di amarlo. Perché lui lo amava, così com'era; avrebbe accettato tutto, lo avrebbe accettato tutto, senza escludere nessuno dei tratti che lo caratterizzavano.
Era da mezz'ora che si torturava le mani e annuiva con il capo ogni volta che qualcuno gli chiedeva qualcosa. Tonno alzò gli occhi al cielo dopo avergli chiesto per la quarta volta cosa volesse per cena e aver ricevuto come risposta un "sì" per l'ennesima volta.
Uno dietro l'altro, avevano lasciato lo studio per andare a cena, prima di riprendere a lavorare; avevano una mole immensa di lavoro da fare, perciò avevano attributo l'assenza mentale di Nelson a del semplice e banale stress. Così come l'irrequietezza di Cesare, cui non si erano proprio avvicinati per chiedergli di aggregarsi a loro, onde evitare di essere sbranati vivi.

Cesare trasalì impercettibilmente, tanto era teso, quando Nelson, con un gesto repentino della mano, spinse la montatura degli occhiali verso l'alto, dato che pian piano gli stavano scivolando sul naso.
L'unica forte di rumore erano le dita di Cesare che frenetiche battevano sulla tastiera del suo computer.

-Possiamo parlare?-

Le dita di Cesare si bloccarono a mezz'aria. Prima o poi avrebbe dovuto aspettarsi questa domanda, del tutto lecita.

- Era uno scherzo, non prenderlo sul serio.-

Le dita di Cesare ripresero a battere sulla tastiera, completamente sconnesse dal cervello. Osservava lo schermo per non alzare gli occhi sul ragazzo che gli stava di fronte, ma di certo la sua attenzione non era rivolta allo schermo del computer o si sarebbe reso conto di star continuando a digitare la stessa parola, come un disco rotto; allo stesso modo la sua coscienza gli ripeteva di non mollare, mentre a ripetizione nella sua mente rivedeva quel dannatissimo bacio.

Cesare era un disco rotto.
Faceva di tutto per nasconderlo, per mostrarsi sempre integro agli occhi degli altri, conscio di trasportare addosso profonde ferite che gli impedivano di andare avanti. Per questo viveva di ricordi, rimuginava sul passato e si proteggeva in esso da un presente troppo duro per poter essere affrontato. Al futuro non ci pensava affatto, non si aspettava nulla.
La sua vita non andava mai avanti, ma era un continuo ritornare nel passato attraverso i ricordi, quasi un'esistenza mono nota.

- E allora perché mi tratti così?-

Cesare abbassò lo schermo del computer di scatto e si avvicinò con il busto alla scrivania, sporgendosi lievemente in avanti.

- Non ti sto trattando in alcun modo, Nelson. Eravamo ubriachi, tu eri triste e io ti ho baciato. Fine della storia.-

Nelson corrugò la fronte stizzito dal mondo in cui Cesare stava sminuendo la situazione.

- Il problema è proprio perché non mi consideri più! Non avresti dovuto farlo solo perché ero triste, ci sono infinite cose che avrebbero potuto tirarmi su il morale in quel momento, ma tu hai preferito confondermi le idee ancora di più. E sai perché? Perché sei un egoista del cazzo e quel bacio me lo hai dato perché tu eri triste!-

Cesare abbassò lo sguardo verso le sue mani intrecciate e poggiate sul ventre.
Quella nuova consapevolezza lo colpì dritto nel petto.
Era lui quello triste.
Era lui quello che aveva bisogno di quel bacio, non Nelson.
Nelson, consapevole di aver esagerato, lo chiamò, ma Cesare non aveva intenzione di farsi vedere da lui con le lacrime agli occhi.
Nelson lo richiamò.
Perché aveva bisogno di quel bacio?
E perché sentiva ancora il bisogno di altri mille baci?
Non si era accorto della presenza di Nelson al suo fianco fin quando non sentì le sue braccia avvolgerlo in un abbraccio.

- Io credo di provare qualcosa per te.-

Le braccia di Cesare, ancora seduto, si chiusero intorno al busto di Nelson.

- E non voglio far finta di nulla, o di sopprimerlo, solo perché tu non vuoi accettare la realtà e affrontarla.-

Il corpo di Cesare fu scosso da un altro singhiozzo. Nelson si staccò dall'abbraccio, si abbassò all'altezza dell'altro prendendogli il volto tra le mani e costringendolo a guardarlo.

- Devi lasciarti andare. Non c'è sensazione più bella della vertigine.-
Cesare osservava Nelson con le lacrime agli occhi.

- Non voglio vivere la mia vita senza avere qualcuno al mio fianco altrettanto coraggioso da sfidare tutte le difficoltà che incontreremo, voglio qualcuno che sappia amarmi e che me lo dimostri. E tu sei quella persona, io lo so, ma tu ancora non lo vuoi accettare.-

Cesare sospirò.
- Io sono così confuso.-

Nelson gli rivolse un dolce sorriso, asciugandogli qualche lacrima con le dita.

- E non è bellissimo? Che tristezza quando si è sempre convinti e sicuri delle proprie idee. Io ho accettato tutto questo, voglio che anche tu lo accetti, perché ti amo e non voglio vederti rimanere impassibile davanti alla vita.-

Cesare scosse il capo lasciandosi sfuggire una lieve risata amara.

- Da quando sei cresciuto Nels?-

Nelson rise e poggiò le mani sulle ginocchia di Cesare per evitare di perdere l'equilibrio.

- Da quando tu hai iniziato a comportati da bambino permaloso.-

Cesare a quelle parole riprese a ridere, ma questa volta con una risata cristallina.
Portò una mano tra i ricci dell'amico e glieli scompigliò più di quanto già non lo fossero.

- Cesare, promettimi che mi permetterai di insegnarti a vivere.-

Nelson lo sapeva. Bisognava solo fargli vedere che il passato è sterile, la felicità che pensava di trarre da esso era solo illusoria e momentanea, ma lo aveva assuefatto a tal punto da fargli dimenticare che era il presente quello che avrebbe dovuto vivere.

- Io potrei anche promettertelo, ma come puoi pretendere di conoscere quale sia il modo esatto per vivere?-

Ci vuole coraggio per amare, Nelson in quel momento lo aveva ben capito.
Si sporse in avanti poggiandosi sulle ginocchia e catturò le labbra di Cesare tra le sue.

- Io non lo so, ma sento di star procedendo nella giusta direzione.-

Cesare mise da parte ogni timore e ogni paura per un attimo, il giusto necessario per sbilanciarsi e dire: - Mi fido.-.

Si alzò dalla sedia e tirò a sé Nelson, il quale, prima che potesse proferire parola, si ritrovò con le labbra sigillate in un dolce bacio e bloccato tra il corpo di Cesare e la scrivania.

Ci vuole coraggio per amare. E loro ne avevano da vendere.

Piru piru
Ciao, mi piace sfornare Celson a gogo.
Quasi quasi faccio una raccolta.
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Alla prossima (forse).

Il posto più freddo ~ Celson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora