•Prologo•

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🎶🎧Canzone per il capitolo🎧🎶

— "Cin Cin", Alfa.

Instagram: Savemeangell ♥️

***

Lui detestava quella stanza. La detestava con tutto se stesso. Ne detestava l'aria anonima, l'odore che sapeva di chiuso e disinfettante, quello che permeava l'aria intrappolata tra quei muri. Proprio com'era lei. In trappola. La persona che più amava al mondo era costretta a rimanere lì dentro, avrebbe emesso l'ultimo respiro in quella stupida stanza d'ospedale, asettica e soffocante, senza mai più tornare a casa. Perché lui lo sapeva, anche se nessuno aveva ancora avuto il coraggio di dirglielo, che lei non avrebbe più fatto ritorno.

Non gli avrebbe mai più rimboccato le coperte, non gli avrebbe mai più sussurrato storie prima di addormentarsi che prevedevano mostri sconfitti da guerrieri e narravano di eroi vestiti di armature lucenti, spade e coraggio che sconfiggevano i propri nemici e quelli altrui. Lei non avrebbe mai più preparato la sua colazione preferita la mattina, mai più. Era proprio questo a spaventarlo. Quel mai più di cui nessuno ti parla da bambino, quella possibilità così spaventosa omessa nelle favole, come il mostro che si nasconde dentro l'armadio. Peccato che, in questo caso, il mostro si era nascosto dentro il corpo della mamma. Quel ragazzino di undici anni chiuso in sé stesso, che tutti pensavano avesse problemi d'apprendimento, che a stento emetteva qualche parola, lo sapeva benissimo. No, lui non era affatto stupido o anormale come lo dipingevano i compagni di classe quando si prendevano gioco di lui a scuola. E non c'era bisogno che gli adulti esitassero a parlare di fronte a lui soltanto perché lo ritenevano piccolo. Troppo piccolo per conoscere la verità, troppo piccolo per comprendere, troppo piccolo per soffrire.

Perché, si era domandato lui con ironia brutale, insolita per un bambino della sua età, esiste un'età in cui si soffriva meno? Perché lui ci avrebbe scommesso tutti i supereroi degli Avengers che non esistesse affatto. E lui, al contrario di come lo considerassero gli altri, non si sentiva bambino o piccolo. Si sentiva grande, adulto abbastanza da capire che la fine era vicina, che avrebbe voluto essere un eroe per la sua mamma, quello che avrebbe sconfitto la sua malattia. E anche papà avrebbe voluto esserlo. Glielo leggeva negli occhi ogni giorno, anno dopo anno; e anche adesso, mentre stringeva forte la mano della mamma con il suo camice bianco con il quale aveva salvato centinaia di vite. Papà era un eroe, un eroe moderno, un dottore, eppure non era riuscito, nonostante l'amore sconfinato che provava per lei, nonostante i tentativi medici, le cure sperimentali che li avevano portati a viaggiare per un po', a sconfiggere il maledetto mostro che si chiamava cancro. Il mostro peggiore che esistesse se l'era presa con la sua mamma e loro non potevano farci niente. Questo era quello che aveva sentito quando aveva spiato il padre, nascosto dietro una porta, mentre parlava con un altro come lui. E poi lo aveva visto accasciarsi a terra come un filo spezzato e crollare, piangere come non lo aveva mai visto fare. Le cure non avevano avuto il risultato sperato. Questo era stato quello che i medici avevano annunciato. Era successo anche tempo prima, ma la mamma sembrava essere stata abbastanza forte da sconfiggerlo e stare meglio. Ma stavolta sarebbe stato diverso. E non perché lo avevano detto i dottori, oh no. Jayden lo aveva visto dagli occhi di sua madre. Stavolta quegli occhi scuri e solitamente colmi di vita, gli stessi che erano sempre stati forti durante gli ultimi anni, avevano perso speranza, si erano spenti come una lampadina rotta. E poi, inevitabile come lo scambio tra il sole e la luna, lo era stato quello tra la vita e la morte. In quel giorno d'estate, per quel piccolo grande bambino, non aveva brillato il sole.

Ma ricordava con chiarezza quello che sua madre gli ripeteva ogni volta, per fargli coraggio. E non se lo sarebbe mai dimenticato, l'avrebbe stretto tra le sue braccia come un cuscino, come quello che soffocava durante i suoi peggior incubi. E se lo sarebbe ripetuto nel sonno e ad occhi aperti per sempre, rievocando proprio lei che glielo sussurrava con il suo sorriso velato e sincero.

Noi siamo stelle cadentiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora