Dovevo dimenticarlo.
Questo era il pensiero che mi balenò in testa appena lo rividi. Dovevo smettere di pensare sempre e solo a lui, non mi faceva bene. Lui non si accorgeva di me, dei sentimenti che provavo per lui. O forse faceva solo finta di non accorgersene. Ma mi faceva troppo male sentirlo parlare della sua ennesima cotta, di come "questa volta è quella giusta, ne sono sicuro", e consolarlo quando, per l'ennesima volta, si sbagliava. Questa volta dovevo fare qualcosa, andare avanti, trovare il modo per dimenticare i sentimenti per lui che si palesavano ogni volta che incrociavo i suoi occhi nocciola. Dovevo trovare qualcuno o qualcosa che mi distraesse dai sentimenti per lui. Cercai freneticamente il numero di Veronica in rubrica. Uno squillo, due squilli, cinque squilli. Segreteria telefonica. Il freddo dicembrino mi stava ormai intorpidendo le dita. Provai a richiamare: niente. Il telefono squillava libero, fino all'immancabile segreteria che mi informava che Veronica era troppo impegnata ad ignorarmi per rispondere. Impreco mentalmente, il freddo mi blocca le parole. Decido di fare un gesto folle per una persona timida come me: entrare in un bar e presentarmi alla prima persona che capita, con una scusa qualsiasi. Cammino, nonostante le gambe indolenzite per il freddo, ed entro nel primo bar che trovo. "Bar della Gazzella". Nome curioso e alquanto indie. Appena entro, un piacevole senso di calore mi investe. Per essere un freddo pomeriggio di Dicembre, il locale non è particolarmente pieno. Mi siedo ad un tavolino, una cameriera mi porta la lista per ordinare qualcosa. Non ha un'espressione particolarmente gentile, anzi, tutt'altro. Mi guarda con uno sguardo infastidito, quasi come le facessi un torto ad ordinare qualcosa. Le rispondo con un timido sorriso, che non viene ricambiato. Mentre scelgo cosa ordinare, osservo in giro alla ricerca di qualcuno dall'espressione meno austera della cameriera che mi ha accolta. Poco dopo torna e mi chiede, con tono scocciato, se avessi deciso cosa ordinare. Decido sul momento di ordinare una cioccolata semplice, senza panna. Lei annota sul blocco appunti, e senza neanche guardarmi gira i tacchi e sparisce dietro il bancone. Inizio a sentirmi a disagio. Non è un ambiente che mi trasmette sicurezza e accoglienza, e quasi mi sento soffocare da tutto quel nero che caratterizza il locale e i miei pensieri. Gli innumerevoli tavolini di ebano dal gusto moderno e le pareti dipinte di nero unite alle poche persone che lo popolano a quell'ora del pomeriggio mi mettono a disafio. Mi sento completamente fuori posto e vorrei solo fuggire. Una donna di mezza età dall'aria stanca e stressata mi sta osservando con aria distratta. Accanto a lei, quello che suppongo sia il marito sorseggia una birra con fare malinconico e lo sguardo perso nel vuoto. Mentre maledico me stessa per essere entrata lì invece di essere a casa a studiare, con la coda dell'occhio noto qualcuno avvicinarsi al mio tavolo. Presa nel mio senso di disagio non ci faccio troppo caso, probabilmente è solo la cameriera con la mia ordinazione. Mi volto verso la misteriosa figura che ormai ha raggiunto il mio tavolo. Alzo lo sguardo: non è la cameriera burbera cameriera.
Colui che mi guarda con sguardo divertito ma anche stranito era l'ultima persona che avrei desiderato trovare lì: Davide.
"Ehi ciao Marta! Che strano trovarti qui." mi dice, accennando una risata nervosa
"Ciao Davide...neanche io mi sarei aspettata di trovarti qui." rispondo io. "anzi, ero qui nel tentativo di non incontrarti" aggiungo nella mia testa
"Posso accomodarmi, o hai un appuntamento?" mi chiede con tono provocatorio.
Vorrei dirgli di no, vorrei riuscire a guardarlo dritto negli occhi e mentirgli. Ma nonostante io non abbia alcuna voglia di vederlo o di parlarci, non ci riesco.
"Certo, accomodati pure." gli rispondo con tono fin troppo allegro, rapportato al mio umore, senza replicare alle sua battute provocatorie
"Allora... come mai anche tu qui?" chiedo
"Affari" mi risponde, accennando un sorriso beffardo.
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Nec sine te, nec tecum vivere possum.
RandomPiccole storielle di vita vera che si mischia a finzione, alcune le ho vissute, altre le ho solo immaginate. Ogni riferimento a cose e persone realmente esistite è puramente voluto.