Primo capitolo

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  • Dedicata a Al mio unico amore, ti dedico la nostra storia, ti amo.♥
                                    

"La vita non è un romanzo rosa con la principessa da salvare, la mia assomiglia più a un film horror in cui tutti si devono mettere in salvo."

Il mio cuore era spento, rinsecchito, sempre se ancora lo avevo un cuore, ero forse l'essere più ripugnante che esisteva e lo sapevo, io sapevo che era così, ero rotta dentro e ormai rassegnata al fatto che nessuno avrebbe potuto fare niente per me, così cercavo di concentrare le mie energie per aggiustare coloro che erano rotti come me, ma che a differenza mia, avevano anche solo una misera speranza di rinascere. Tutto questo finì, lo ricordo perfettamente, come fosse oggi quel maledettissimo giorno in cui incontrai per la prima volta quei splendidi occhi del colore del cielo all' orizzonte, di quella sfumatura di azzurro che colora il cielo al mattino e che poi per tutto il giorno puoi vederlo solo all'orizzonte, nel punto più lontano, proprio lì dove si raggomitolano tutti i nostri sogni.

Era autunno, la scuola era iniziata da una settimana, primo liceo precisamente, nella mia monotona perfezione imperfetta ero ferma, come lo sono sempre stata del resto, ferma, mentre il resto del mondo girava freneticamente io ero l'unica che stava semplicemente ferma, guardando come le vite degli altri potevano scorrere normali, veloci, quesi frenetiche, piene di impegni e amore, mentre la mia vita era ferma da troppo tempo, un pò come la quiete prima della tempesta. Quel giorno aspettavo le mie migiori amiche alla fermata dell' autobus, io sempre troppo puntuale e loro sempre troppo in ritardo, con la musica a palla nelle orecchie semplicemente le aspettavo appoggiata a una panchina, i pensieri mi si riversavano continuamente nella testa come in un continuo bollire, tutto così pieno eppure così vuoto, tutto troppo ma allo stesso tempo troppo poco, come potevo solo pensare di dire in quell'attimo di stare bene o di sorridere non lo so, ma alla fine pensandoci non stavo male, stavo bene, ma quello che tutti dimentichiamo è che c'è differenza tra stare bene ed essere felici è un pò come se una cosa prevedesse a priori anche l'altra ma non è così, stavo bene, ma ero di una tristezza senza fine, ero vuota come una bottiglia di shotch sul tavolo di un alcolizzato, la vita stessa aveva succhiato via da me la stessa sua linfa lasciandomi sola, ad aspettare, vuota e arida, nel freddo dei miei più oscuri pensieri e di una mattinata autunnale... bello per iniziare la gionata. Mentre tutto questro si aggrovigliava nella mia mente, mi si avvicinarono due ragazzi, uno era il "migliore amico" della mia amica Maria e l' altro è il suo migliore amico che non conosco e che Maria mi ha nominato in qualche infinita telefonata, in cui lei parla di Marco e io annuisco dall' altra parte del telefono, sentendo dentro ogni volta che lei mi chiede lo sforzo di capire i suoi sentimenti un bruciore intenso, quasi fosse un male fisico che mi si agita dentro e che incenerisce sempre di più qualunque cosa ci fosse nel mio corpo al posto del cuore, comunque penso che si chiami Roberto, quasi mi sorridono e io veramente non ci posso credere, a Marco, ne ho dette di tutti i colori ogni volta che feriva Maria, lei piangeva e io al telefono con lui a tirargli appresso le peggio parole, ma cavolo, a volte se le meritava pure, anche se pure Maria ci mette del suo, fisso i loro sorrisi, sono veramente carini, Marco ha un sorriso carino, cioè è genuino, un pò assonnato ma comunque genuino e solare, Roberto ha un sorriso veramente bello, allunga parecchio gli angoli della bocca quando sorride, il che lo rende adorabile, ha un sorriso bellissimo, io ricambio entrami con uno dei miei di sorrisi, che a confronto dei loro è uno schifo, un misto di falsa allegria e sonno, poi entrambi mi salutano e io il più possibilile sorridente ricambio agganciando i miei occhi con quelli di Roberto, non so perché lo feci, ma successe e basta, c'era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa che dentro me spingeva tutti i tasti, giusti o sbagliati non lo so, ma lo sentivo dentro, come un nodo fissarsi dentro me, quel ragazzo mi faceva venir voglia di ridere, piangere, correre, saltare, giocare, vivere e non era assolutamente possibile. Loro presero il pullman che neanche due secondi dopo ci si presentò davanti mentre le mie amiche ingnare di tutto stavano arrivando da me, finalmente pronte e in ritardissimo per andare a scuola. 

Abbiamo un' altra possibilitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora