SCINTILLE

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Accadde in un istante.

Un momento prima era fuori dalla porta che l'ascoltava cantare ringraziando il cielo per la fortuna di averla nella sua vita e un attimo dopo era dentro il loro appartamento, al centro di una guerra.

Un battito di ciglia, un respiro, la fottuta Bagdad.

La tazza volò contro di lui, lanciata con tutta la violenza e la rabbia che si poteva condensare in un unico gesto.

La scansò con uno scatto rapido del collo, mentre scivolava via a un millimetro dal suo naso.

Poi reagì d'istinto, prima ancora di avere il tempo di formulare un pensiero lineare.

Si avventò contro di lei, passandole il gomito sotto l'ascella del braccio ancora proteso e scivolandole con la mano dietro al collo come un boa che afferra la preda; poi, facendo perno sulla gamba, ruotò su se stesso, scaraventandola e immobilizzandola contro la parete.

Alle sue spalle, la tazza si frantumò in mille pezzi contro il dipinto appeso, facendo grandinare cocci e vetro sul pavimento.

Lei aveva la guancia premuta contro il muro, solo il lato del citofono nel suo campo visivo.

"Ma sei impazzito? Lasciami! Io chiamo la polizia e ti faccio arrestare!"

Lui aveva il cuore che gli rimbombava nel petto; gli sarebbe scoppiato, se non si fosse calmato immediatamente.

"Chiamala pure, sociopatica che non sei altro. Se mi avessi colpito mi avresti sfigurato, te ne rendi conto per lo meno?"

"Mollami ho detto!" gridò isterica talmente forte da fargli fischiare un timpano.

"Prima calmati! Sei ubriaca cazzo!

E quando sei ubriaca, cioè ormai praticamente sempre, sei molesta!"

"Tu non mi hai mai visto davvero ubriaca, coglione!"

"Ah no? E cosa saresti ora? Sobria?"

"Lasciami andare, ti ho detto!" gridò ancora più forte, scalciando e tentando di dargli una testata.

Lui la teneva bloccata col braccio torto dietro alla schiena, pressandola con tutto il suo peso.

Odiava farlo.

Odiava tutto questo.

Odiava la violenza.

Odiava usarla contro di lei, che amava più di quanto fosse capace di amarsi.

Ma non era la prima volta.

Lei lo aveva preso a pugni, a calci, a graffi, a morsi.

Era ingestibile e disturbata.

Non le aveva mai fatto male come avrebbe potuto, ma, quando era stato costretto, l'aveva sempre fermata.

Sempre.

Prima che si facesse più male di quanto ne faceva a lui.

"La finiamo?" strepitò un vicino da fuori.

"Fatti i cazzi tuoi!" gli risposero all'unisono.

La guerra era la loro e tra di loro, non del mondo e contro il mondo.

Non era la prima volta che accadeva. L'amministratore li aveva già richiamati.

Per un attimo che parve sospeso tornò la calma.

SCINTILLEWhere stories live. Discover now