Capitolo 1

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Distolgo lo sguardo dal finestrino del treno e chiudo gli occhi, che minacciavano di far uscire delle lacrime, per poi appoggiare la testa al sedile.
Per tre anni i ricordi, le paure e il dolore mi hanno abbandonata lasciando spazio ad emozioni decisamente più positive che mi hanno accompagnato nella mia rimanenza a Portland. In tutto questo tempo ho studiato in un'ottima scuola, ho vissuto a casa di mia zia, ho passato tantissimo tempo con mio cugino che ormai considero un fratello e ho visto la mia cuginetta, anno dopo anno, crescere sempre di più. Adesso, invece, sono qui, su un treno che tra pochissimo mi riporterà a Derry e già l'idea di ritornare non mi fa sentire affatto bene. Un forte mal di testa mi affligge ormai dalla metà del viaggio, sento lo stomaco attorcigliarsi sempre di più e ho un terribile nodo alla gola che mi porterebbe a gridare, piangere, scappare. Ma resto qui, immobile, come quando mia zia si mise di fronte a me e mi domandò se volevo ritornare a Derry, ma non riuscii a dire niente oltre che un debole "Sì...". Avrei potuto dirle di quando scappavo di casa di nascosto, di quando mio padre mi urlava contro, di quando abusava di me, di quando ero costretta a fare finta di niente mentre la notte piangevo sotto le coperte, dei lividi sul mio corpo che non sapevo spiegare ai miei amici, delle sigarette nascoste nei risvoltini della camicia che fumavo per avere anche solo l'illusione di stare meglio.
Ma non avevo via di scampo, ormai mio padre era stato informato della mia partenza e se ci avessi ripensato non sarebbe di certo rimasto zitto.

È proprio quando il treno si ferma che sento una fitta ancora più forte allo stomaco. Non voglio scendere da qui, non posso credere che rivivrò lo stesso incubo di tre anni fa.

<<Signorina, siamo arrivati>> mi avverte il controllore, mi giro e ormai vedo il vagone completamente vuoto.

<<Oh, sì...Mi scusi, ero assorta nei miei pensieri>> dico quasi sussurrando mentre mi alzo dal sedile. Recupero il mio bagaglio e faccio un respiro profondo.

Scendo dal treno mentre cerco di farmi forza, ma chi prendo in giro? Cerco di essere forte ma non lo sono, sennò avrei detto tutto a mia zia, sono solo maledettamente stupida.
Rimango immobile mentre i miei occhi scrutano la gente che corre di qua e di là, con sorrisi stampati sul viso. Ed ecco che il mio sguardo cade sul viso della persona che dovrei chiamare "padre", ma lui di certo non si comporta da tale.
Mi rifiuto di raggiungerlo mentre lui si dirige verso di me sorridendo, che persona orribile. Perché sorride? Forse perché finalmente ha riavuto indietro il suo giocattolo su cui scaricare le sue frustrazioni? Stupida io che non riesco a ribellarmi, a confessare a qualcuno ciò che mi ha fatto.

<<Beverly!>> è di fronte a me con un sorriso stampato sulla faccia, ma io non ci vedo felicità, anzi, non ci vedo proprio nessuna emozione.

<<Papà...>> mi fa quasi ribrezzo chiamarlo così. Prima che lui provi ad abbracciarmi, afferro la mia valigia e mi incammino verso l'esterno.

<<Mi eri mancata, bimba mia>> il mio gesto non è servito a niente dato che avvolge il braccio intorno alle mie spalle. Quanto vorrei toglierlo.

Mi limito a fare un sorriso e mi sposto leggermente da lui continuando a camminare finché non vedo la sua macchina; è quella di tre anni fa, solo che avrebbe bisogno di essere riverniciata e non credo funzioni bene come prima.
Mio padre apre il portabagli e così metto dentro ad esso la mia pesante valigia.
Decido di sedermi nel sedile posteriore perché non ho intenzione di stare accanto a lui ma, aperto lo sportello, mi ferma e mi invita a sedermi davanti. Non obietto, non avrei una scusa abbastanza sensata.

<<Sei cresciuta tanto in questi anni...>> mentre guida la macchina sposta lo sguardo su di me e ciò mi fa sentire a disagio, odio quando mi guarda. <<Somigli sempre di più a tua madre>> osserva ritornando a guardare la strada davanti a sé e io mi limito a stare zitta, cosa potrei dire d'altronde?.

Guardo dal finestrino le strade di Derry e nella mia mente affiorano tanti ricordi di una me tredicenne con i miei vecchi amici; chissà che fine avranno fatto e soprattutto chissà se vivono ancora in questa città.
Ho pensato a loro molte volte quando ero a Portland, lì non avevo molti amici ma ero comunque felice perché mio cugino passava la maggior parte del suo tempo con me. Gli voglio un gran bene.

<<Non ti sei accorta che siamo arrivati?>> ero immersa nei miei pensieri quando la voce di mio padre mi riporta alla realtà e così scuoto leggermente la testa.

Scendo dall'auto e recupero la mia valigia per poi osservare il portone di casa; non sono pronta a tornare lì dentro ma non posso di certo scappare, dove potrei andare?.
Seguo mio padre e salgo lentamente gli scalini sollevando la valigia facendo attenzione a non sbatterla di qua e di là fino a quando arrivo davanti la porta di casa. Lui la apre ed entro; la casa è leggermente disordinata ma me lo aspettavo, a mio padre non interessa mica fare le pulizie, ritiene che questo sia compito di una donna.
Evito di fare commenti e mi dirigo direttamente verso la porta della mia stanza, giro la chiave dentro la serratura e così la apro. È proprio come l'avevo lasciata prima di andare a Portland: il letto sistemato con sopra un vecchio peluche, dei libri di scuola posti sulla scrivania, vestiti piegati sopra una sedia e delle vecchie foto attaccate sul muro con dello scotch.
C'è odore di chiuso, quindi mi avvicino alla finestra, sposto le tende e la apro.
Quante cose ho passato in questa camera e chissà quante ne passerò adesso che sono tornata.


//Ehi💗
Questa è la mia prima storia da quando ho "rimodernato" il mio profilo Wattpad🌝
Spero vi piaccia, ci sto mettendo tanto impegno e la sto scrivendo con i consigli e l'aiuto di Chiara030805

Mi farebbero molto piacere delle opinioni sul primo capitolo💞
Ciao♡

-Kiara

Almost||BillverlyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora