La confusione

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Apro a malapena i miei occhi stanchi su questo letto freddo, troppo duro, vuoto e triste e non so più se sto parlando del mio letto o di me stessa.. Il mio primo pensiero al mattino è chiedermi quanto farà schifo questa giornata? più di quella di ieri? meno di quella che mi aspetta domani? non lo so nemmeno io che dovrò viverla e dovrò stare attenta a non far capitare il peggio. La mia bocca è asciutta, come al solito dimentico di portarmi dell'acqua sul comodino, il sole entra dalla finestra dritto sul mio viso stanco, mi sveglio già nervosa e continuo ad innervosirmi ogni minuto che passa, eppure sono un ipocrita perché senza la luce del sole che mi sveglia la mattina ci sarebbe ancora più buio dentro questa stanza, dentro di me, non a caso le tapparelle sono completamente alzate, perché ho bisogno di questa luce che spezza tutto il buio che mi porto dentro. Chiudo gli occhi, infastidita, un flash del sogno che ho appena concluso gira nella mia mente, è una scala di legno, abbastanza malandata, è appoggiata ad un muro giallo, cerco di salire, guardo in alto ma la fine è troppo lontana, indefinibile, guardo in basso e la scala sembra non toccare mai il fondo. Se per una notte potessi fare un sogno insignificante, la mattina dopo sarei così felice da stappare una bottiglia, ma è improbabile, non sarebbe la mia vita se ci fosse posto per cose che appena sveglia non mi farebbero drizzare i peli sulle braccia, brividi su brividi, di freddo, di angoscia, di inquietudine. Mi alzo dal letto per porre fine a questi neri pensieri. Vado nel bagno. C'è una cosa che io odio, odio, odio, ODIO, è la routine, ma credo di averlo già detto che sono un ipocrita e quindi ancora tutta stordita passo per la camera mi metto una felpa addosso e mi accendo il primo drummino della giornata e così comincia la mia routine drammatica. Mi dirigo in cucina prendo la caffettiera e la metto sul fornello, apro il frigorifero per prendere il latte di soia, sbatto il cartone, prendo la mia solita tazza verde e verso il latte, o quello che ne è rimasto, sei gocce contate bagnano la tazza, perché non sono nemmeno in grado di capire e ricordare quello che c'è da comprare, mentre mi maledico il caffè è già uscito e quindi velocemente verso questo miscuglio scialacquato nella tazza, complimenti Ophelia un caffè di merda anche stamattina. Mi dirigo di nuovo verso la mia camera, poso la tazza ancora fumante sul comodino e prendo il vinile degli Alt-J, lo posiziono nel giradischi, sistemo la puntina e mi metto di nuovo sul letto ad assaporare l'inizio di questa tragica mattina, non vado di fretta, come ogni giorno, non ho molto da fare, la mia mente mi ricorda che ho solo molto da pensare, da elaborare, da maledire. E mentre il caos si fa sempre più insistente nella mia mente, inizio a canticchiare per allontanarlo, tengo il ritmo con le mani, le dita, le gambe, i piedi. Il caffè è finito e mi tocca anche cambiare il lato del vinile, e quando il pensiero dei suoi lunghi capelli ricci mi balena in testa, capisco che non ci vorrà molto prima che la mia mente continuerà a buttarmi giù, apro il cassetto e caccio cartine, filtri e il piccolo baule delle meraviglie dove c'è tutto quello che mi serve per cambiare lato della realtà, così come faccio con il vinile per cambiare suono, mi rollo la prima canna della giornata, non è nemmeno mezzogiorno di questa fredda mattina di gennaio, l'unica cosa che vuol dire è che mancano ancora troppe ore, troppi giorni, troppi mesi, prima che tutto questo possa cambiare.

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