Hyperactive little bastard

183 8 0
                                    

Agli occhi dei più lui era semplicemente cresciuto.
Per noi che sappiamo la verità, lui era stato ucciso, fatto a pezzi e ricostruito e il piccolo bastardo iperattivo non c’era più, né i suoi guizzanti occhi di vetro.
Il male che gli era stato fatto lo sappiamo solo noi. Eppure lui non aveva fatto che del bene per l’amore della sua vita. Sì, è questo che Harry era e sarebbe sempre stato per lui, il suo unico amore, perché il modo in cui era capace di amare lui, era unico al mondo e nessuno lo avrebbe mai amato quanto lo aveva amato lui. Quanto ancora lo amava.
Loud.
La sua voce era stata spenta a forza di ammonimenti, lo avevano reso silenzioso come silenziosa può essere una tomba.
Le sue mani carezzevoli che amavano sfiorare dolcemente il suo Harry erano state bloccate per sempre, perché gli avevano messo in testa che stava solo facendo del male. Certo, del male, per l’etichetta. Per il pubblico, per le fans. Eppure noi lo vedevamo l’appoggio che ci offrivano, abbiamo sempre letto tutto, niente poteva passare in osservato. Ma lui era stato costretto a mettere a tacere di continuo quelle voci che raccontavano solo una verità troppo grande per essere data per certa. La loro verità, la verità di due ragazzi che non avevano fatto niente di male, se non amarsi. Ma la verità era che una delle due cose poteva esistere, sempre come da contratto. O la band, o loro. Forse siamo stati noi a metterli davanti ad una scelta così cruda, così impossibile, insostenibile. Senza volerlo forse abbiamo un po’ di colpa anche noi. Cosa ne sarebbe stato di loro senza band? Avevano deciso di vivere la loro storia d’amore nelle camere d’albergo, sugli autobus e dietro le quinte. Le loro mani sul palco avrebbero dovuto essere costantemente separate, i loro occhi, sul palco, non avrebbero dovuto incrociarsi mai e ancora, le loro figure sarebbero state costantemente divise da una distanza non inferiore a due metri. Ma le loro voci si sarebbero abbracciate ancora, e avrebbero fatto l’amore nell’aria gelida, le loro note si sarebbero toccate con la stessa violenza colma d’amore con cui lo facevano le loro mani una volta scesi dal palco.
Avrebbero fatto l’amore tutta la notte perché l’indomani, di nuovo sotto l’occhio attento dei giornalisti, non si sarebbero bastati, non sarebbe stato abbastanza e gli occhi tristi si sarebbero cercati a lungo, fuggendosi, fingendo di non voler vedere la tristezza e la mancanza reciproca.
Li avremmo aiutati, così come potevamo, avremmo sempre ceduto loro i posti vicini, quando eravamo sicuri che nessuno avrebbe potuto impedircelo. Ma poi si sarebbero accaniti sul piccolo bastardo iperattivo e lo avrebbero messo a tacere di nuovo, avrebbero annullato tutto ciò che di Louis c’era in lui e Louis, all’improvviso, non era più lui. Sul palco le sue mani non avrebbero più cercato quelle di Harry, né avrebbero più carezzato il suo viso, ma sarebbero rimaste costantemente incollate all’asta del microfono, o al microfono stesso, non lo avrebbe più amato, così come adorava fare. Non avrebbe più mostrato il suo grande amore per quel ragazzino, che intanto cresceva e cresceva protetto, solo grazie a Louis che si prendeva la colpa di ogni cosa, e tutto sarebbe ricaduto sulle sue spalle, troppo esili per portare tutto da sole. E per ogni parola di troppo dell’altro, avrebbe pagato lui le conseguenze, sarebbe stato punito, era stato punito per ogni cosa, zittito, costretto in una camicia di forza invisibile che indossava ogni volta sul palco. E col passare del tempo il loro amore era stato fatto a pezzi, insieme a lui. Ma cosa gli voleva mai importare? Harry era cresciuto, Harry era al sicuro, Harry era diventato un magnifico ragazzone dagli occhi sereni, dalla battuta sempre pronta, in grado di gestire qualsiasi situazione. Harry stava bene. E noi altri sapevamo che era l’unica cosa che gli sarebbe mai importata.
“Non chiedi mai dov’è Louis quando sparisce”
“E’ finito quel periodo in cui potevo chiederlo”
“Ha fatto tutto questo per te, lo sai? E tu non te ne rendi conto!”
“Liam!” Niall temeva succedesse il peggio quando esplosi.
“Io non.. Io non gli ho chiesto niente!”
“Ah è così che te la cavi? Dicendo che non gli hai chiesto nulla? Harry! Ha dato tutto per te e io mi rifiuto di vederlo cadere a pezzi!”
“E’ finito tutto tra noi, anche volendo io non posso fare più niente, tra di noi non c’è più niente e tutto quello che c’è stato dovrà morire insieme alle voci, prima o poi”
“Può finire così qualcosa di così grande? Lo stai volutamente ignorando e se fosse veramente finita, saresti suo amico e gli staresti accanto, Harry, lo aiuteresti!”
“Non posso..”
“Se fossi un amico gli terresti la fronte al posto mio mentre vomita l’anima perché non riesce a dimenticarsi di te”
“Non posso..”
“SE FOSSE DAVVERO FINITA SAPRESTI DOV’E’ ADESSO, SARESTI DA LUI ADESSO, SARESTI CON LUI!”
“NON POSSO! NON POSSO STARE CON LUI! SE STO CON LUI CROLLO ANCHE IO! NON POSSO CROLLARE, PERCHE’ SO CHE NON CI RIALZEREMMO PIU’, PERCHE’ SO CHE TORNEREI AD AMARLO, E IO NON HO MAI SMESSO, NON HO MAI SMESSO, NON RIESCO A SMETTERE, NON RIESCO A SMETTERE!” era crollato già, era scoppiato in lacrime e mi aveva afferrato per il bavero della giacca, strattonandomi, poi era corso via, fuori, chissà dove.
Non mi sentivo affatto in colpa.
“Liam… HARRY, TORNA QUI!” aveva tentato Niall, ma era già lontano.
“Che facciamo adesso?” chiese Zayn, tirandosi sul dal tavolo al quale eravamo seduti.
“Credo che andrò da Louis, è ancora in camera sua. Era ubriaco fradicio prima”
“Vai, Payno, noi andiamo a cercare Harry, ci..ci vediamo dopo” concluse Niall mentre con Zayn usciva dall’albergo.
Potevamo continuare ad andare avanti in quel modo?
Salii da Louis e lo trovai a letto. Silenziosamente mi distesi accanto a lui, la testa sostenuta, il gomito puntellato sul materasso morbido.
“Come stai?”
“Mi esplode la testa, ma la cosa che mi fa ridere, Liam, è che qualsiasi cosa faccia, io non riesco a togliermelo dalla testa. È qui, capisci? È qui” disse toccandosi il petto “ed è qui” disse toccandosi la testa “è qui” mi mostrò le mani aperte “ed è ovunque, ovunque, quando cerco di dormire, quando cerco di mangiare, e non riesco a togliermelo dalla testa. Non lo tocco da due anni, sono due anni che non lo tocco come vorrei, sono due anni che non lo bacio e non lo ricordo neanche il nostro ultimo bacio, so solo che mi manca da morire, che vorrei morire!”
“Non dirlo neanche per scherzo! Questa situazione cambierà!”
“Sono due anni, Liam. Non cambierà”
“Cambierà” dissi, alzandomi di scatto dal letto, uscendo come una furia. Per strada incrociai Zayn e Niall e li superai come un pazzo, andando diretto dove sapevo avrei trovato Harry.
A giudicare dalla sua espressione quando lo raggiunsi al parco non mi sembrava sorpreso. Lo afferrai per la camicia, gli diedi uno strattone e lo gettai sull’erba bagnata, buttandomi addosso a lui. Gli diedi un pugno in pieno viso, facendolo urlare di sorpresa e dolore.
“LIAM! CHE CAZZO FAI, CRISTO?! SEI IMPAZZITO? FANCULO!”
“FANCULO TU, HARRY, FANCULO TU! TIRA FUORI LE PALLE, IDIOTA DEL CAZZO! TIRA FUORI LE PALLE E VATTELO A RIPRENDERE! PERCHE’ SE NON LO FAI TU, LO FARO’ IO! MI HAI SENTITO?” urlai, in preda ad un raptus di rabbia e follia, picchiandolo più forte che potevo, spaccandogli un labbro.
“Hai capito? Mi hai sentito?” sibilai, afferrando la sua faccia nella mano, stringendo la presa fino a fargli male.
Mi guardò con gli occhi spalancati, di un verde intenso alla fioca luce della sera e vi lessi terrore e rabbia. Mi colpì, finalmente. Mi diede indietro le stesse botte che aveva appena preso e corse via.
“VAI, HARRY, VAI DA LUI! VA’ DA LUI!” gli urlai dietro, con gli occhi pieni di lacrime.
Cosa ci avevano fatto?
Cosa avevano fatto a quei due poveri ragazzi?
-
Harry’s POV
Avevo il cuore in gola e in bocca il sapore metallico del mio stesso sangue mi provocò un conato di vomito, ma non mi fermai, corsi fino a sputare i polmoni. Spinsi con tutta la forza che avevo la porta dell’albergo e ignorai l’ascensore. Non riuscivo a fermare, imboccai la via delle scale e mi feci otto rampe di scale fino a non vederci più. Mosso da quell’amore messo a tacere per tanto, troppo tempo. Ora mi esplodeva nella testa, mi pulsava dentro le tempie, credevo mi sarebbe esploso il cranio.
“LOUIS!” urlai, buttandomi contro la sua porta. “Louis, apri” sibilai, forzando la maniglia.
“Harry?” lo sentii chiamare da dietro la porta. Poi aprì e mi lanciai su di lui, sulla sua bocca, facendola mia con violenza, mordendola a sangue per sentire il sapore del suo, misto al mio, miscelati alle nostre salive. Entrai con irruenza nella stanza, così come nella sua bocca e sbattei la porta con una mano mentre con l’altra ero già alla sua t-shirt. Gliela sfilai con veemenza, lasciandolo a torso nudo e graffiai la pelle sottile, ricalcando le ossa che sentivo sotto ai polpastrelli gelidi.
“Harry…” la sua voce era un misto d’implorazione e sorpresa, ma sentivo che gli era mancato, ci eravamo mancati da morire, stavo impazzendo, così vicino a lui.
Mi tolsi la giacca con un gesto repentino e feci saltare i restanti bottoni della camicia, quelli che non aveva fatto saltare Liam quando mi aveva strattonato. Me la tolsi e finì sul pavimento insieme alla sua maglietta e alla mia giacca.
“Lou..” ansimai, spingendolo sul letto. Mi buttai sopra di lui ed evitando di gravargli addosso smanettai con la cerniera dei suoi jeans. Quando furono aperti glieli sfilai con degli strattoni, lo sentii lamentarsi ma mi diede una mano, scalciando via anche quelli, sul pavimento.
“Non me ne vado più” promisi, catturando di nuovo le sue labbra in una danza di cui le nostre lingue furono le protagoniste indiscusse. Lo baciai fino a non avere più fiato e il labbro mi pulsava e bruciava da cani.
Mi aiutò a togliere i jeans “Quanto cazzo sono stretti?” commentò, lasciandosi sfuggire una sottilissima risata, un soffio contro le mie labbra che me le fece tuffare sulla sua clavicola destra. Con estrema delicatezza le lascia scorrere su quell’osso così sporgente, lasciando una scia di saliva sulla sua pelle chiara ed arrivai a mordergli la spalla, lasciandoci il segno degli incisivi. Leccai quel piccolo segno rosso e scesi fino ai suoi capezzoli, dedicandomi prima all’uno, poi all’altro. Li morsi e ci giochicchiai tra i denti, fino a farli diventare turgidi. Continuai su quella scia, scendendo a leccargli il ventre piatto, lo sentii ansimare sotto il mio tocco e chiedermi di più, mi pregò di non fermarmi e io lo accontentai. Nel suo ombelico mimai il gesto della penetrazione con la lingua e scesi ancora, prendendo l’elastico dei suoi boxer tra i denti. Lo lasciai schioccare contro la sua pelle, facendolo trasalire e poi scesi lì dove la stoffa si era già rigonfiata. Giocai attraverso il cotone, iniziando a mordergli l’erezione con delicatezza, inumidendo di saliva i boxer. “Harry, ti prego” lo sentii gemere. Decisi di accontentarlo ancora e passai a sfilargli i boxer, prendendomi un attimo di pausa per togliere anche i miei. Con delicatezza mi sdraiai su di lui, incastrando le mie gambe alle sue, di modo che i nostri membri, già eretti, si sfiorassero e mi premetti contro di lui, il viso di nuovo all’altezza del suo.
“Dio, Harry, sei qui”
“Sono qui, non me ne vado più, lo giuro”
“Giurami che in qualche modo faremo, che non..ignorerai più”
“Te lo giuro, Lou, in qualche modo faremo”
“Prendimi…” sussurrò contro la mia guancia, muovendo le gambe e strofinandole alle mie.
Mi posizionai meglio tra le sue cosce e presi una sua gamba sulla spalla, sputai sulle mie dita e lo penetrai con due di esse per dargli un minimo di preparazione a quell’intrusione. Lo sentii ritrarsi e il suo bellissimo viso si contrasse in un’espressione di dolore.
“Hey, ora passa” sussurrai, muovendo piano le dita, avanti ed indietro, e poi con movimenti circolari.
“Non..fa niente, entra ti prego, non..non reggo più”
“Louis” lo rimproverai.
“Harry, ti ho detto di entrare, ora”
Sospirai e sfilai le dita, bagnandole di nuovo di saliva per poter inumidire anche il mio sesso. Lo posizionai contro la sua piccola apertura ed iniziai a spingere con delicatezza, ma era stretto da morire.
“Harry”
“Non voglio farti male, Lou..”
“Fallo e basta” sibilò, spingendosi contro di me, aiutandosi con una mano a farlo entrare. Mi ritrovai di colpo a metà strada e spinsi ancora per entrare completamente, sentendolo ringhiare di dolore, la testa voltata di lato per evitare il mio sguardo.
“Lou, shhht, ora passa, ora passa” sussurrai, massaggiandogli il ventre per farlo rilassare mentre le mie labbra si attaccavano alla sua guancia. Lo accarezzai con dolcezza in ogni centimetro di pelle che riuscivo a raggiungere. “Ti amo” ansimai, dando la prima leggerissima spinta. Gemette di dolore, ma lo sentii meno stretto, forse iniziava a rilassarsi.
“Ti amo” sussurrai ancora, dando la seconda spinta, e la terza.
“Ti..amo anch’io” disse tra i denti, finalmente. Quando il dolore passò, iniziai a muovermi più liberamente, ma pur sempre dolcemente dentro e sopra di lui. Le sue braccia si legarono intorno al mio collo, le gambe intorno al mio bacino ed insieme raggiungemmo il culmine interminabili minuti dopo. Facemmo l’amore non più con la voce, ma col corpo, con gli occhi, e con le labbra e con le mani, facemmo l’amore con tutto il nostro corpo, con in testa le nostre voci, facemmo l’amore come avevamo desiderato farlo per due lunghissimi anni in cui ci eravamo desiderati e cercati a lungo, senza mai davvero trovarci. Ci ritrovammo. Ci eravamo ritrovati in quella camera d’albergo, perché nelle camere d’albergo avremmo continuato ad amarci, stavolta fino alla fine.
“Qualunque cosa accada”,
“Qualunque cosa accada, Lou”.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 22, 2014 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

EighteenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora