La notte e altre bestie

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We only come out at night,

the days are much too bright

We only come out at night




Di ritorno da Trieste, zuppo di sudore, sedevo su una panchina della stazione dei treni di Pordenone. La calura mi incollava le scarpe a terra mentre maledivo il ritardo dell'autobus, l'inflazione e la Vergine, si avvicina una ragazza su e giù ventenne come il sottoscritto. Piercing e lobi massacrati dalle spille, gli occhi accesi e vigili montati su palpebre stanche, un filo di bava incrostato alle labbra arse come l'asfalto. "Ce li hai 20 o 30 centesimi?" chiedendo mostrava una sfera di ferro che spuntava dalle gengive sopra gli incisivi. Un' ottima idea per perdere presto i denti, avrebbe detto mio padre con quel suo auto compiaciuto cinismo. "Gli ultimi li ho usati per il biglietto" le faccio io.Era vero. Quella prende e se ne va a biascicare altrove. La gente attorno ascoltava le sue richieste e poi alzava le spalle. Uno le allunga una sigaretta. A quelli che ferma dopo articola sempre le stesse domande: spiccioli e sigarette. Distolgo lo sguardo e seguito a sudare come un kebab e a maledire l'attesa, pure aggiungo alla mia personale lista dei fastidi l'universo intero. Tempo neanche tre minuti e si ripete la scena. Sento dalla panchina accanto la richiesta di monete e aspetto il mio turno. Voltandomi mi rendo conto che non era la stessa ragazza di prima, mentre abbigliamento e ferro in faccia invece sì. Mi colpiscono subito i suoi tratti delicati: i capelli biondo rossicci, crespi e sporchi, me li immagino ben agghindati in trecce in una lei bambina, svolazzanti, appendici d'una leggerezza esistenziale ormai lontana, sotterrata sotto quell'insano trip mattutino. Uno spruzzo di lentiggini intorno al naso le ricamava una specie di rassegnazione alla vita, come una condanna scolpita insieme ai suoi caratteri somatici. "Scusa..." "Ho detto di no alla tua amica poco fa" le ribatto senza darle il tempo di articolare. "Amica? Quella non è mia amica" dice tra i denti guardando nella sua direzione. La bava le ricopriva tutto il contorno delle labbra in un alone di saliva secca. Faticava a parlare e staccare le labbra ogni volta che le univa la costringeva ad una smorfia che impegnava tutto il viso. I pantaloni corti le penzolavano sotto l'inguine. Davanti ai miei occhi avevo, mio malgrado, la biancheria intima di una punkabbestia sotto acido. Il pelo birichino che spuntava tra le pallide cosce. Quella si porta lentamente due dita alla bocca mimando il gesto di fumare e spara "...E una sigaretta? Ce l'hai una sigaretta?" "No – indugio- ma ho del tabacco..." . Ondeggiava come un mollusco guardando in alto con la testa reclinata all'indietro. Nei suoi occhi non c'era niente. Maya è una coperta calda e rassicurante che nasconde il significato delle cose. Ora stramazza al suolo morta, pensavo, così il giornale locale potrà cavalcare la retorica della "brava giovane con brutte abitudini" per chiosare con l'intramontabile verdetto moralistico commosso " aveva tutta la vita davanti". Sono chance squisite che mica capitano tutti i giorni. Avrebbero aumentato la tiratura mentre lei esauriva i respiri bocconi sulla panchina davanti a me. Io non avrei mosso un muscolo per aiutarla, nessuno attorno l'avrebbe fatto. La droga aveva portato una nuova vittima tra le sue file,rapendo la vittima dal suo periodo di bellezza terrena. E ora guardatevi bene dalla droga. Drogati. "Sì... la prendo una presa di tabacco" dice facendo svanire la mia visione "Una cosa?""Una presa. Anch'io fumo tabacco sai?". Estrae dalla tasca un astuccio in metallo grigio, dentro una bustina con delle pastiglie bianche, io ci metto sopra frettolosamente un po' del mio tabacco senza smettere di guardarla "Grazie. grazie mille." "Figurati""Ce le avresti delle cartine?" "No, finite." Gira le spalle d'improvviso e si trascina alla panchina successiva. Era triste.Era tutto fottutamente triste. L'elemosina e il mio sudare dai piedi, l'autobus in ritardo e le pastiglie sparse.


Mi ero addormentato cinque minuti mentre l'autobus sbuffava tra il traffico. In quel breve lasso di tempo dovevo avere pure sognato.Avevo veramente parlato con delle ragazze punk in acido alla stazione? Benvenuti al piccolo cinema onirico/prima di dormire/ad un passo dal risveglio. I Tre Allegri Ragazzi Morti mi risuonavano nelle orecchie, quando l'autobus ha cominciato a perforare la campagna.Trafitto da una scossa anomala spalanco gli occhi e getto lo sguardo fuori dal finestrino per essere sicuro di non aver saltato la mia fermata. Niente era calmo. La sera ricordo che volevo uscire,approfittare della tregua notturna della calura giornaliera. Davano una partita di calcio e mi sarei volentieri infilato in un bar a fingermi interessato con un boccale in mano come fanno i vecchi.Trovo una birra in frigo, gelida, la faccio fuori in due sorsate e rollo una sigaretta seduto sul terrazzo. Naturalmente passa di lì Franz e mi ritrovo poco dopo seduto al primo bar trovato per strada.Arrivano subito dei suoi amici più giovani, ci presentiamo, presto le cartine a due che si infilano nel bagno e ordiniamo da bere,spariamo cazzate e la partita non la filiamo. Dentro il bar un ragazzo mi riconosce "Hei Burbage". Era un colosso, due metri epiù di carne, una testa grande come il mio torace spalle incluse. Gli assesto una sberla sulla sua coscia da guinness "Hei Burbage,tutto bene?" "Come no" "Sicuro?". Mi canzonava il coglione.Sarà stato per via degli occhi rossi e dell'abbigliamento da zingaro "Come no, tu?" replico monotono già stufo di quell'inutile scambio di convenevoli. "Mah, sì" "Sono tuoi amici quelli la fuori?" "No, li ho conosciuti stasera. Sono tipi a posto". Lui non dice niente ma la sua smorfia ironica sì. Era l'ironia del perbenista, la razza prescelta dal creato, il manicheo che si ascrive senza tanto sforzo nella categoria dei "buoni" che popolano il globo terrestre. Perché si comporta bene, è educato e composto lui, mica sgarra con la morale. "Be' la partita?" Non sapeva più cosa dire lo stronzo. Me la squaglio. I due a cui avevo affidato la carta da rollaggio, berretto calato sopra gli occhi,escono dal bagno con moine da omosessuali e si toccano il cazzo per scherzo. Quello dai lineamenti afro aveva in mano uno spinello incollato magistralmente con tre cartine. Ce lo passiamo seduti fuori, facendo attenzione ai vecchi e al barista. Poi si alzano tutti tranne me e il tedesco. "Andiamo al parco, ci vediamo là" fanno quelli e prendono il largo in tre sopra lo stesso motorino sgangherato. Senza fretta ordino un' ultima birra ne svuoto metà e il barista ce ne porge altre due "Queste ve le tengo io" dice. In quello due si staccano dalla tv che ronzava la partita per salutare Franz. Si percepiva la stima che provavano per lui. Quel tipo di orgoglio che pervade le persone quando sono complici o anche solo timidi testimoni delle azioni di coloro che fanno cose che loro non oserebbero nemmeno. Quelle cose loro non le fanno per codardia, per buon gusto, ma sentono nel profondo che in cambio di quella sfrontatezza che temono e invidiano sarebbero disposti a vendere la madre al Satanasso. Farsi amici coloro che non possiamo essere è il palliativo più comune e a buon prezzo per l'insicurezza atavica che ci tatua l'anima. Questi due stronzi si vedeva che pendevano dalle labbra della personalità di Franz. Personalità traboccante di genuina sicurezza la sua, di quella della specie migliore, quella contagiosa, a cui chiunque anela con il profondo del proprio essere storpio, pur sapendo bene che probabilmente non avrà mai una poltrona in quell'olimpo di spavaldi. Ce se ne fa una ragione alla fine. Il primo della coppia, il bulbo che spinge sopra la cintura,attacca con la sua smargiassata. "Allora Franz, si fa ancora festa a casa tua?" "Certo! E' un centro sociale. Vi presento delle amiche" risponde Franz con la consueta giovialità di chi va d'accordo con tutti. Quelli ridono. "E dove le trovi?" "Se fai festa e offri da bere le fighe non mancano mai vecchio! "Ne conosco di fighe io, tre, quattro, anche sei, non ci metto niente a portarle." Quelli inarcano la schiena all'indietro per ridere come dei bovini satolli. Il ventre gonfio come un'anguria che si gonfia ad ogni spasmo. Soddisfatti dello scambio di battute se ne escono da vincitori, paonazzi, senza smettere di emettere gridolini di piacere. Franz butta un'occhiata all'oste e gli fa "Me la regali una penna?" "Se la trovo è tua". Quello dopo aver frugato sotto il banco tira fuori una biro. "Dai Burbage, bevi""Ho il bicchiere pieno hai fretta? Lasciali andare intanto, quandoli abbiamo raggiunti avranno già preparato tutto." "Ma io no..anch'io devo PREPARARE." Sorride si porta il bicchiere alla bocca e fa sparire il contenuto. Faccio lo stesso. Ci scoliamo il rimanente e usciamo. "Ormai riesco a tenere l'esofago aperto quando bevo d'un fiato". Diceva ormai anziché ho imparato a come se stesse prendendo in considerazione lo stadio terminale di qualche grave morbo, con orgoglio. Metto le mani intasca per sentire le monete cozzare tra di loro, sono tre, cinque al massimo e di bassa lega. I dieci euri li avevo già devoluti in birrette. Una volta inforcate le biciclette prendiamo la strada che in meno di mezzo chilometro ci conduce al parco drogos, come lo si chiamava noi, storpiando il vero nome, burgos. Per dire le cose per intero qualcosa doveva pur significare se quell'oasi di verde rifugio attorno alla chiesa era associata agli stupefacenti più che ai simposi dei pii credenti. Modifica necessaria e onesta quella del nome, altro che. Io non ci andavo da qualche anno, pensavo, toccando con le ruote e le mani quello spazio di mondo modificato che credevo mio e immutabile. Mi faceva pena adesso, ordinato com'era secondo le esigenze razionalizzanti di questi anni zero. L'acqua fresca prima la si raccoglieva da un tubo in ferro che spandeva e riempiva una vasca accanto al campo da calcio, si gonfiavano i gavettoni e ci si lavava d'estate. Nello stesso punto adesso si alzava per un metro un parallelepipedo in cemento con un'imboccatura per canarini. Addio gavettoni. Provo a berci ma è calda e puzza vagamente di uova mal-digerite. Non so bene come ma quella prigione per l'acqua mi parlava, come se insieme a lei ci fosse intrappolata dentro anche un qualcosa di puro, come un'asprezza negata, ordinata anch'essa secondo le esigenze razionalizzanti. Il parcheggio ricolmo di macchine mi irritava. "Ma è il caso ragazzi?".Fabrizio, un ragazzo appena conosciuto, viso lungo con un mento erboso, mi risponde guardando dritto avanti come parlando a se stesso. "Di solito ce ne sono di meno, ma chissenefrega." Dal parco arrivano schiamazzi, via vai di persone ma non si capiva il senso del ritrovo. In spalla le biciclette saliamo la scalinata che arriva alla chiesa. La facciata della chiesa romanica è obliqua rispetto al campanile e alla piazza. Sembra che le abbiano dato come uno schiaffo. Un recinto di prato attorno la stringe su di un monticello, l'unico del paese, un tempo una torre di vedetta con tanto di torre-campanile, un sentiero di erba disegnato per sedersi oggi. Ci portavi la ragazza, d'estate, per sfiorarsi o toccarsi proprio a fondo, sempre lì, ignorando la chiesa, da generazioni ci si faceva i propri comodi. Un altro modo di viverlo, quello più collaudato, era di consumarci sopra qualche buona droguccia in compagnia. Haschish, ganja, bamba, MDMA, quello che capitava. È un rituale che non perde mai smalto, l'oblìo. Mi fermo a leggere svogliatamente il bollettino settimanale della parrocchia affisso sulla porta dell'oratorio. Un certo monsignore veniva citato con grafia sgargiante. Questa la sua esplosione accalorata e razzista in un sermone: "Il grado di civiltà di un popolo si giudica da come questo trascorre la domenica". La seconda evidenziata era invece"Non avrai altro dio al di fuori di me, è il primo e il più importante dei comandamenti." A questo punto mi unisco ghignando tra me e me alla compagnia degli Assassins. Il buon Franz forava la terra con la biro, un foro di qualche centimetro al massimo, mentre gli adepti facevano luce con facce curiose. Io sapevo cosa aveva in mente, lo so spesso. " Qui?? Ma che cazzo fai" "Qui è perfetto" tuona lui. L'opera artistica a cui si stava dedicando consisteva nel fabbricare una sorta di cillum di cui l' unico filtro è la terra stessa. Bisogna creare un passaggio per l'aria sottoterra tra il primo buco che è il braciere e il secondo dove invece si applica il tubicino della penna svuotata. Poi convenzionalmente si aspira. L'avevamo fatto tra i sassi della grava anni prima, lo si poteva fare anche lì, su quella terra sacra, su questo non aveva torto. La gente nel frattempo qualche metro più in giù si radunava scomposta, toglieva gli allarmi da distanza e si infilava lesta dentro le macchine. I bambini al trotto seguivano i genitori impazienti. Era finita la proiezione di un cartone animato al parco,ecco spiegato l'andirivieni. Io prendo la cannuccia e inspiro forte. Trattengo a lungo il fumo dentro i polmoni quindi mi accascio a terra con gli altri, tutti esanimi. "Cazzo, sei l'ingegnere della droga" gli fa stordito un ragazzetto coi dreadlocks a Franz mollandogli un calcetto sulla pancia. Quasi dormiva, l'ingegnere,occhiali da sole scuri incollati al volto. Mi accorgo d'un tratto chele finestre della sagrestia sono accese. Il prete sicuramente ci spiava tutti. Anche i moniti del bollettino parrocchiale ci spiavano.Rifiutare la misericordia mi sembra il minimo in generale nella vita di intelligente da fare. Franz prende un pezzo di carta arrotolato amo' di croce e finge di farci delle grande boccate "Ragazzi! Mi fumo il cristianesimo!" e giù a ridere tutti come ossessi. "Questo nero è micidiale. Altro che la Madonna. Porco dio la vedi tre volte in una serata, la Madonna di Lourdes!" Prendo la strada di casa solo a tarda notte. Non c'era niente da fare per me né per la mia anima, per la ragazze alla stazione e nemmeno per la noia. A destinazione mi accendo l'ultima sigaretta seduto sul retro dove c'è più buio. Mi ascolto respirare. Cade prima qualche goccia di avvertimento poi tutta insieme una pioggia fine e fitta, nel silenzio generale solo pioggia e un soffiare, quasi un pianto dal basso. Un riccio, attratto dal calore, si era accoccolato al mio fianco senza spaventarsi. Dalla pescheria abbandonata arrivava col vento il gracchiare eterno dei campi bagnati di sottilissima luce lunare,epidermide della notte e delle altre bestie sue sorelle.



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AA. VV. Racconti friuliani-giuliani 2017

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⏰ Last updated: Jan 24, 2020 ⏰

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