La Folle Corsa

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Non tutte le storie hanno un lieto fine, le storie che se lo possono permettere sono solitamente popolate da principesse e principi, da maghi e streghe, e non da chi dalla propria vita non ha mai ricavato nulla di buono, proprio nulla. La vita altro non é che un equilibrio tra il prendere decisioni giuste ed evitare situazioni pericolose. Le decisioni in particolar modo giocano un ruolo fondamentale, in quella che è, o meglio che sarà, la storia della nostra vita.
Ogni azione é determinata da una decisione, e chi non sa decidere, dalla vita non ricaverà nulla. Questo é il caso di Liam, e il prossimo passo che avrebbe fatto nella vita, sarebbe stato oltre ad una balaustra di ferro, lungo il ciglio del ponte di un'autostrada. La giornata, grigia, fredda e cupa, era tutta incastrata dietro agli alti condomini che dominavano la periferia di ****. Lo sguardo fisso nel vuoto gli dava un certo senso di potere, nonostante dominasse come sempre l'indecisione. Un mix di inquietudine e preoccupazione gli vagava nella testa, mentre realizzava che con una sola mossa, avrebbe posto fine alla sua esistenza. Liam era ateo, non credeva nel paradiso e in una possibilità di vita dopo la morte, non credeva a tutte quelle cazzate lì, ma gli sarebbe piaciuto, eccome se gli sarebbe piaciuto, perché allora morire di vecchiaia portandosi dietro tutto il peso dei brutti ricordi, non sarebbe stato poi tanto male, considerando il compenso che se ne otterrebbe. Una vita di eterna beatitudine, cosa si può sognare di meglio.
Che cosa è che é andato storto? Qualcosa sarà pure andato male, dire che la vita non é tutta rosa e fiori é una banalità, ma é incredibilmente vero, Liam allora pensò, anzi, si sforzó di organizzare nella testa tutti gli avvenimenti che l'hanno portato sul bordo di un ponte, gli orrendi avvenimenti che lo accompagnavano fino a qualche ora prima.
È nato e cresciuto in quei quartieri di periferia delle grandi città, così isolati e malmessi che le città stesse vorrebbero non riconoscerli come loro proprietà. Quei quartieri di case popolari altissime, ammassate le une sulle altre, in modo tale da farci stare più persone possibili. In un luogo del genere non é affatto facile la vita, oltre alle case e alle strade, grigi sono anche gli umori delle persone che le abitano. Nella zona di Liam non c'era nulla per interi chilometri, lunghissime strade di niente, un vero e proprio deserto di cemento. Come luoghi più frequentati, c'erano i supermercati dei cinesi, sempre pieni, e i pub. I pub che come colini per il tè, filtravano le peggio facce, i delinquenti e gli ubriaconi. Il padre di Liam, Fred, era il cliente tipo, perché rappresentava in pieno tutte e tre queste qualità. Non era raro che durante le partite di calcio o chissà cosa, scoppiassero delle risse in cui Fred era sempre presente, non come spettatore, ma come vero e proprio protagonista. Una volta durante una di queste zuffe si prese una stecca da biliardo in fronte, gliela aprì come fa un bambino con la carta di un regalo di natale, e da allora gli rimase una lunga cicatrice, che conferiva al suo volto un aspetto cattivo e viscido, più di quanto non fosse già in precedenza. Gli piaceva bersi una birra ogni tanto, alla fine delle giornate più impegnative, l'unico problema è che per lui ogni giornata era impegnativa, di conseguenza era sempre al pub, a creare qualche danno e a vantarsi della cicatrice, che fece passare come "segno indelebile di una grande lotta". Tornava a casa tardi, quasi sempre sbronzo. Da bravo marito se la prendeva con la moglie, Susan, la riempiva di botte ogni volta che c'era qualcosa che non andava, ma Liam era piccolo, non ne poteva nulla, solo stare a guardare con la faccia piena di lacrime l'unica persona a cui teneva venir presa a schiaffi.
Liam frequentò una scuola elementare, nella quale non riuscì mai a trovare un posto, non si ambientò per nulla, e per questo era nel mirino di tutti i delinquenti in miniatura che frequentavano quelle scuola. Quattro ragazzini in particolare gli davano un sacco di noie. Erano due anni più grandi di lui, ma sorprendentemente stupidi. Liam era troppo esile per potersi difendere da solo, ma sveglio abbastanza da  non starsene lì a farsi insultare. Se c'era una cosa buona che il padre gli aveva insegnato, era a reagire. Una volta stava uscendo dalla scuola per tornare a casa quando quei quattro l'hanno fermato e circondato. Il più grosso dei quattro, pareva avesse almeno quattordici anni, gli disse che era meglio se gli dava tutti i soldi che aveva, se non voleva farsi del male. Liam era un bambino piuttosto fragile, ma non si lasciò prendere in giro e decise finalmente di reagire: - No, non te li do i miei soldi, mi servono. -
-Non credo di aver capito.-
Aveva capito, e non si aspettava ciò che Liam avrebbe fatto. Infatti il bambino che tutti credevano un debole, buono come il pane, si sporse indietro con la schiena e caricò un pugno fino alla faccia dello stronzo, che cadde nell'erba umida del cortile. Con la mano che faceva un male incredibile, Liam era felicissimo di ciò che aveva appena fatto, come nei suoi cartoni preferiti, si sentiva un supereroe, che aveva sconfitto il male. Quel momento di gioia durò molto poco, perché gli altri tre ragazzi non se ne scapparono, ma gliele ficcarono con tutta la loro forza, alimentata dalla voglia di vendetta. Il ragazzo si era fatto stendere, si era rialzato, ma non mosse un dito per aiutare gli altri tre, che infine lasciarono Liam per terra, svenuto, e corsero via. In quella scuola non succedeva mai nulla di eccitante, perciò quando arrivó l'ambulanza a portarlo via, c'era una gran confusione. Caricarono Liam su un lettino e poi sul mezzo che lo portò all'ospedale. Non sapeva chi l'avesse chiamata, ma a Liam non dispiaceva affatto stare sulla barella con due medici che si occupavano di lui, lo faceva sentire decisamente coccolato.
Quando Susan lo venne a sapere, si precipitò all'ospedale. Lei era molto legata a suo figlio, tra i due c'era un bellissimo rapporto, forse reso così forte dal momento che entrambi si difendevano dal nemico comune, Fred. Susan non dimostrava molto spesso al figlio quanto fosse importante, si promise che da ora in poi, l'avrebbe fatto più spesso, o ci avrebbe provato.
Dopo questo fatto, l'apprensiva madre voleva accompagnare a scuola suo figlio quanto più le era possibile, e da allora più nessuno diede alcun tipo di fastidio a Liam, forse per il fatto che si era dimostrato forte e capace di affrontare qualcuno, o forse solo perché nessuno dà noie a chi va in giro con la madre.
Negli anni successivi a casa la situazione non migliorava, peggiorava. Fred aveva perso il lavoro dopo aver aggredito il suo capo, così se ne restava tutto il giorno a casa. Seduto su quel divano scomodo, troneggiava sul salotto, mentre cercava di affogarsi nella birra calda. Quando si arrabbiava tirava la bottiglia di vetro che teneva in mano, sul televisore, fino a che un giorno non si ruppe, e da quel momento tutto andò per il verso sbagliato.
Ormai distrutto dalla noia, rimaneva seduto su una poltrona a fissare il soffitto. Una figura spregevole, meschina, che non vedeva l'ora di trovare qualche cosa a cui aggrapparsi per iniziare a litigare con la moglie. Con la sua canottiera sudata attraverso la quale trasparivano i peli del petto, e le sue mani grasse e unte che lasciavano grosse ditate su ogni cosa che  toccava, riusciva a rovinare l'atmosfera di quell'appartamento, con la sua sola presenza. Non si rivelò mai un buon padre per Liam, un genitore in teoria ha il compito di essere da esempio per i suoi figli, be lui non lo era, anzi sembrava che lui volesse essere un esempio da non seguire. Liam questo lo sapeva, lo sapeva bene, e si guardava dal diventare come lui. Un giorno, Liam trovò quel selvaggio di suo padre, picchiare la madre, più crudelmente del solito. La ragione? Non ci sono ragioni valide per picchiare una donna, ma Fred ne aveva molte, tutte discutibili. Per esempio la cena non era pronta alle otto come al solito, o ancora perché "mi ha mancato di rispetto". Chissà cosa voleva dire, quella frase. Non c'era nulla da fare, non voleva ragionare in nessun modo e sembrava che si stesse divertendo molto, grida, pianti e giù a calci e pugni. Persino quando ormai inerme, buttata per terra, chiedeva pietà.
Ma no, lui di pietà non ne aveva neanche un po', della pietas latina che induce amore, compassione e rispetto, non ne aveva mai sentito parlare.
Liam aveva paura, molta paura, ma se da piccolo si sarebbe chiuso in camera a tapparsi le orecchie per non sentire, ora avrebbe fatto qualcosa. Non poteva più sopportare che quell'animale trattasse come uno schifo la madre, il sangue si scaldó, prese una sedia dalla sala da pranzo e gliela spaccó sulla schiena, mentre Fred si esibiva nel suo macabro rituale. Cadde a terra facendo un gran rumore, urlava di dolore, probabilmente si erano rotte un paio di costole. Era duro a cadere, essendo un uomo così grosso. Allora Liam, accecato dalla rabbia e dalla voglia di liberare sua madre da quella prigione, prese dal piano della cucina un grosso coltello, si mise sopra il padre che ormai non governava più, alzò le braccia e, con le mani unite a tenere l'arma come se fosse in preghiera, la calò con forza. Si conficcó in mezzo alla gola, ma non la trapassó da parte a parte. La vittima colava rosso dagli angoli della bocca e emetteva suoni incomprensibili, e Liam per metterlo a tacere una volta per tutte, fece un'ulteriore pressione sul coltello, quasi appoggiandosi di peso affinché penetrasse fino al pavimento. Mentre la lama tagliava e strappava i tendini e i muscoli, il sangue si sparse sulla moquette, che lo assorbì come un pezzo di carta.
Le mani di Liamerano lorde di rosso, e si macchió anche la fronte quando provó ad asciugarsi il sudore. Aveva il fiatone, ma non per lo spavento, ma per la fatica, non era stato facile. Si alzò dal pavimento dove giaceva il corpo senza vita di Fred, si lavò con cura le mani nel lavandino della cucina, facendo attenzione a non sporcare troppo, poi si sedette su una sedia e guardò la scena di cui era stato partecipe. Per molti minuti nessuno parlò, si sentiva solamente il singhiozzare di Susan, che mentre la tragedia si consumava, si era accucciata in un angolo e piangeva come una bambina. Suo figlio aveva fatto la cosa giusta, sicuramente. In un momento del genere, c'era poco da fare i sentimentali, d'accordo con la madre, Liam decise di liberarsi di quel grasso cadavere che ingombra a la cucina. Lo sciolsero dentro l'acido, dovettero tenere le finestre aperte per un mese. La notte stessa, quando l'intero condominio dormiva già da diverse ore, scesero nel cortile di sotto e insieme rovesciarono il liquido melmoso sull'erba. Se faceva schifo anche da vivo, faceva sicuramente più schifo da morto. L'erba non crebbe più per un paio di anni in certe zone del cortile, ormai inquinate.
Durante i mesi successivi, in quell'appartamento ormai per due persone, si parlava molto poco. Non che non ci fosse nulla da dire, anzi, ma ognuno pensava ai fatti propri, non si trovava il tempo di parlare.
Liam non era cambiato granché, anzi un po' sì, ma in meglio. Si sentiva più sollevato. Non avendo mai avuto un buon rapporto con il padre, non si sentiva un colpa, e sicuramente non sentiva la sua mancanza.
Ora aveva un lavoro, faceva il segretario in uno studio dentistico, pagato male, ma riusciva comunque a mantenere la madre e ad uscire ogni tanto. L'unica sua preoccupazione era che qualcuno scoprisse che cosa aveva fatto. Nonostante non cambierebbe un singolo istante di quel giorno, spesso lo tormentava l'idea di essere scoperto. Fortunatamente, nessuno si interessò mai a sapere dove fosse finito quell'uomo, così la sua preoccupazione svanì, insieme ad ogni altro tipo di sentimento riguardante il giorno in cui aveva ucciso suo padre.
Susan, non la pensava uguale, la routine banalizzava la sua vita. Ha sempre avuto problemi di depressione, ma dal momento che in casa non era rimasto nessuno eccetto lei, la sua depressione aumentò. Liam non era quasi mai a casa, andava al lavoro tutti i giorni e tornava solo per mangiare qualcosa e cambiarsi, per poi uscire nuovamente e ritornare solo a sera tardi. La tristezza è l'ansia erano diventati gli unici due tipi di sentimento che Susan era in grado di provare. L'autostrada era quasi appiccicata al condominio, la casa era vecchia e livida, l'aria sapeva sempre di chiuso, tutte queste cose avrebbero intristito persino l'uomo più felice del mondo. L'Alprazolam, che usava per via degli attacchi di panico, non serviva quasi più a nulla. Ingoiava quattro o cinque pastiglie alla volta, con l'aiuto di una tazza di caffè, ma era inutile. Il suo umore triste e malinconico aveva preso il sopravvento, e sconfitto la ragazza solare che era un tempo. Liam non riusciva a vedere quanto stesse succedendo, o perlomeno non voleva interessarsene, perché agiva come se non vivesse più con la madre. Cominciò a preoccuparsi solo quando ormai, fu troppo tardi.
Una fredda sera Liam stava tornando a casa, tardi come al solito. Una volta girato l'angolo sulla via dove c'era casa sua, notò subito in mezzo alla strada una folla di gente, un camion dei pompieri, e un'auto della polizia, le cui luci illuminavano di blu la strada. Corse verso il primo uomo in divisa che trovò, per interrogarlo su quanto stesse succedendo. Gli rispose un vigile del fuoco, alto almeno il doppio di lui, con la voce modificata dal casco che indossava. Un inquilino aveva chiamato un forte odore di gas provenire dall'appartamento di sotto, avevano fatto evaquare tutto il condominio, e ora stavano lavorando per entrare. Doveva essere qualcosa di serio, visto che avevano mandato in strada al freddo tutte le persone, che indossavano solo il pigiama.
Liam insistette per capire di quale appartamento si trattasse, ma non ottenne alcuna risposta. Si spaventò, cominciò ad agitarsi, a rendersene conto, sapeva quello che stava succedendo, solo non ci voleva credere, si mise ad urlare come se fosse stato lui a dare gli ordini, cercando in tutti i modi di pensare a come fare qualcosa, ma nulla. I vigili del fuoco entrarono, dopo aver staccato la corrente per eliminare ogni possibilità di esplosione. Come nella scena di un film, un piccolo esercito di uomini salivano sulle scale di ingresso della palazzina, con indosso le maschere antigas, illuminati dalle sole luci del camion, che intanto si era allontanato un po', preparandosi al peggio. Liam era sul marciapiede, proprio davanti a casa sua, la casa nella quale sapeva benissimo che si trovava sua madre, senza alcuna possibilità di fare qualcosa. Si accucciò per terra, tenendosi le mani tra i capelli. Parlava sotto voce, piano, muovendo le labbra, come se stesse chiamando la sua mamma. Avrebbe voluto dirle ancora due parole, tutto qui, prima di perderla. Liam già sentiva il peso sulla coscienza, che lo schiacciava a tal punto da non riuscire più a muoversi. Sperava di vedere uscire quegli uomini con sua madre, salva, ma sentiva che non sarebbe stato possibile. Abbassò lo sguardo, concentrandosi sulle punte dei suoi piedi, fu allora che un forte boato seguito, dal rumore di vetri infranti, si propagò nell'aria, portandosi via ogni speranza. Liam smise di muovere le labbra, mentre guardava dei pezzi di macerie infuocate cadere dal palazzo sul giardino. Nei suoi occhi lucidi di lacrime scintillavano le fiamme che salivano dalle finestre. Si rimise in piedi, si voltò e se ne andò guardando la sua ombra che tremava. Non disse una parola, non pensava a nulla, non ci riusciva, si limitò ad andarsene. Camminò per ore nel freddo e nel buio, non aveva più sonno e non poteva levarsi dalla mente che per colpa sua, sua madre non c'era più. e
Eppure sarebbe bastato parlarle, interessarsi anche ai suoi problemi, mostrare un po' di empatia ecco. Orfano di entrambi i genitori, senza sapere dove andare, si mise le mani in tasca e si sedette su di una panchina. Si tirò su fino alla fine la zip della giacca per rimanere il più possibile al caldo, ma le lacrime gli facevano venire freddo alle guance.
Non si mosse fino al mattino, quando si rese conto di non avere più alcuna motivazione per sopravvivere. Non aveva né soldi né una casa dove stare, non sapeva a che cosa la sua vita sarebbe andata incontro, e non voleva saperlo. Decise che si sarebbe costruito da solo le prossime ore. Era ormai l'alba, e camminando sul ciglio dell'autostrada riuscì a vedere le nere pareti del condominio bruciato. Distolse lo sguardo, perché di certo non aveva bisogno di altre motivazioni. Si fermò in mezzo al ponte. Un gran viavai di macchine faceva da colonna sonora a quelli che sarebbero stati gli ultimi istanti di vita di Liam. Si arrampicó sulla ringhiera. Mentre il vento gli asciugava le labbra, Liam guardava indietro, cercando disperatamente tra i suoi ricordi, uno da poter definire "bello". Sperava così di potersi dare una seconda opportunità, una chance, prima di scegliere di rinunciare a tutto. Non era una reazione eccessiva, dopotutto, lui non poteva sapere che la madre non morì, che si risvegliò all'ospedale dopo qualche giorno. A quanto pareva, anche se fu lei che lasciò il gas aperto, e quando si accorse che mancava la corrente, accese un fiammifero, riuscì a salvarsi. Evidentemente non era arrivato il suo momento, non era ancora pronta a morire. Neanche Liam era pronto a morire, ma una volta in bilico sulla balaustra, era arrivato il momento di scegliere. Dal suo punto di vista, non c'era alcun dubbio. Aveva scelto di fare il passo oltre al confine della vita. Ci provò, non ci riuscì, ci provó di nuovo, ancora non riuscì. Nel mentre passava un grosso camion, che correndo veloce, mosse l'aria che sospinse leggermente Liam. Questo facilitó la cosa, che fu definitiva.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 04, 2020 ⏰

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