Questa storia è ambientata in una situazione alternativa a quella narrata dall'anine/manga di AOT. Eren e Levi stanno insieme e convivono.
BuonaShip Yaoi
Levi sedeva sul divano, tra le mani un libro. Il corvino sfogliava con disinteresse le pagine, senza prestare particolare attenzione al testo. I piedi poggiati su un tavolino e gli occhi socchiusi. L'uomo si alzò, avvicinandosi al ripiano di marmo della cucina, in cerca di qualcosa da mangiare. Gli occhi spenti e cupi vagavano per la cucina, soffermandosi sulla sedia posta accuratamente accanto al tavolo. Ad un tratto un suono acuto invase la stanza e il corvino si trovò costretto ad aprire la porta. Una donna, davanti a lui, si dondolava sui talloni, lasciando trasparire una certa ansia. Levi le fece segno di entrare e l'ospite, come se fosse casa sua, andò a sedersi sul divano. L'uomo la seguì, accomodandosi su di una poltrona. La castana lo guardò dritto negli occhi, cercando di decifrare quello sguardo freddo e distante. "Cosa ci fai qui, Hanji?" La diretta interessata si torse le mani, presa dall' ansia. "Ci sono stati... " la castana ci pensò un po' su "degli sviluppi". Lo sguardo del corvino si rianimò d'un tratto. "Disperso". La donna non disse altro, mentre il cuore di Levi si rompeva in mille pezzi. "Cosa significa?". Non la guardava nemmeno più in faccia, gli occhi bassi e le lacrime che premevano per uscire. "Significa, che in questo momento non abbiamo sue notizie. Ma non dobbiamo pensare al peggio". Levi, d'altro canto, non la pensava affatto così. "Te lo dico io cosa significa. Significa che è morto! È morto e il suo cadavere è là fuori, da qualche parte in questo mondo di merda. Vuol dire che non lo rivedrò mai più!" Gli occhi pizzicavano, gli arti tremavano e l'unica cosa che potesse fare era restarsene in quell'appartamento. Hanji cercò di farlo ragionare. Non bisognava pensare al peggio, la squadra l'avrebbe trovato e portato in salvo a breve. L'uomo scosse la testa, non volendo mostrare le lacrime e vergognandosi della sua debolezza. La voce rotta e tremante, i singhiozzi che scuotevano il corpo del corvino e gli occhi, lucidi, coperti dalle mani. "Esci, voglio restare da solo". La donna non si mosse e restò ferma a fissarlo. "Ti ho detto di uscire da quella cazzo di porta!". Si avviò lentamente verso l'ingresso "Ti prego". Finalmente uscì da quella casa. Quella casa un tempo piena di amore e di gioia ed ora dominata dalla tristezza e dal senso di colpa. Levi si alzò tremante dalla poltrona e si avvicinò alla cucina, adiacente al salotto. Poggiò le mani sulla superficie fredda del marmo e, pieno di rabbia, lo colpì con un pugno. Ritirò poi la mano dolorante e con passo lento si avviò verso la camera. Appena dentro una miriade di ricordi lo assalirono, tutti dominati da lui. Le lacrime gli oscurarono la vista, fino a rendergli quasi impossibile riconoscere gli oggetti posti sul mobiletto accanto al letto. Con un gesto furioso prese tra le mani una fotografia, una loro fotografia. Il più alto, dietro, stringeva il maggiore in un abbraccio mentre entrambi sorridevano felici. La strinse forte, facendo sbiancare le nocche. La guardò ancora, con la vista offuscata dalle lacrime e il cuore dolente. La scagliò a terra, rompendo sia il vetro che la cornice. La raccolse con le mani tremanti e la chiuse in un cassetto. Non l'avrebbe più guardata, non ci avrebbe più pensato, non l'avrebbe più ricordata. Si sarebbe completamente dimenticato della felicità, dell'amore e di lui. Del ragazzo che gli aveva rubato il cuore e che, nella morte, lo aveva portato con sè nell'oblio. Con una manata gettò a terra tutte le loro foto e quelle del ragazzo. Aprì poi lo stesso cassetto e lo riempì di tutto ciò che gli ricordava lui, tutto ciò che avrebbe potuto, in qualche modo, fargli pensare al suo amato. Tutto ciò, quindi, che gli avrebbe fatto nascere un sorriso con lui accanto. Tutti quei ricordi, gli unici per i quali viveva ancora, a lui tanto cari. Tutto ciò che dava colore alla sua vita e che la rendeva degna di essere vissuta. Le mani, strette a pugno e poste lungo i fianchi scattarono verso l'alto. Gli occhi, coperti dai palmi aperti offuscati dalle lacrime. Chiuse gli occhi con forza, strofinandoli con rabbia. Un pugno contro il muro e poi diverso colpi fendettero l'aria. Poi in un attimo fu a terra, accasciato e sofferente. Avrebbe voluto farla finita, una volta per tutte e non dover più provare quel terribile sentimento. Desiderò ardentemente di Avere Eren accanto a sè, di poterlo vedere ancora, almeno un'ultima volta. Si alzò tremante e si avviò barcollando in cucina. Riempì un bicchiere di vetro di acqua e ci versò dentro alcune gocce di sonnifero. Press il bicchiere e si avviò, con gli occhi socchiusi verso la camera da letto. Prese un sorso dal bicchiere e rabbrividì. Guardò tra le tenebre della camera. La finestra aperta lasciava entrare un fill d'aria. Si fermò a pensare, convinto di averla chiusa precedentemente. Premette un pulsante accanto alla porta e la lampada sulla parete sfarfallò. Il bicchiere, ormai quasi vuoto, scivolò dalle mani del corvino. Il vetro si infranse contro il parquet. Gli occhi fissi sulla figura in penombra. Scosse la testa piú volte, strofinando gli occhi grigi convinto di star sognando. Accanto alla finestra, appoggiato alla parete si trovava un ragazzo. I capelli castani legati in una coda dietro la testa e la divisa scura che si confondeva con le tenebre circostanti. La figura sorrise in direzione del corvino e questo, trattenendo a stento le lacrime, si avvicinó barcollando. "Eren? Sei tu?", Levi si avvicinó ancora, continuando a fissare la figura del ragazzo. "Hey Levi, sono tornato." Il piú grande non riuscí piú a trattenersi e, colto dall'emozione, scoppió in un pianto liberatorio. Barcolló verso Eren, incredulo di vederlo e si fermó davanti a lui. Sfioró le mani affusolate, quasi come avesse paura che toccandolo potesse sparire. Il piú alto sorrise, rassicurando il corvino e, come se qualcosa si fosse mosso dentro di lui, strinse con forza le mani attorno alla sua vita. L'altro, con le braccia sulle spalle del piú basso affondó il viso nella chioma corvina. "Dove sei stato per tutto questo tempo? Mi avevano detto che tu, cioé insomma che non sapevano se..." "L'importante é che io sia qui, no? Non importa come o perché". Il corvino alzó lo sguardo verso il compagno, riuscendo finalmente a vederlo in faccia, nonostante la vista offuscata dalle lacrime. Solo in quel momento notó i profondi graffi e i tagli sul suo viso. Guardó le sue mani, coperte di ferite e alcune ciocche di capelli sfuggite alla coda, coperte di terra e sangue rappreso. Il piú alto sorrise, appoggió una mano sulla guancia del corvino e gli lasció un bacio dolce a fior di labbra. Si abbracciarono ancora e Levi percepí una sostanza viscida e fredda sulla schiena del ragazzo. Ritiró di scatto le mani, esaminando le dita rosse coperte di sangue e guardando spaventato il compagno. "Non preoccuparti, non mi fa piú male, ora finalmente siamo insieme". Il cuore inizió a battere piú forte, gli occhi, di nuovo pieni di lacrime, chiusi con forza e le mani aperte colpite dalla luce della luna. "Come ti sei fatto questo? Chi e stato? Giuro che lo uccido con le mie stesse mani" 'Non preoccuparti Levi, non é nulla, davvero, ormai e tutto passato, tutto.". Non riusciva a concepire che Eren fosse ferito, che si fosse procurato quella lacerazione mentre lui se ne stava a casa, seduto su una poltrona a uardare la televisione. "Avrei dovuto proteggerti, come é sempre stato. Ci siamo sempre protetti a vicenda, dovevo essere lí con te, anche a costo di morire." Le lacrime scorrevano ormai copiose dagli occhi grigi, mentre quelli verdi dell'altro erano pieni di sofferenza, non piú scintillanti come un tempo. "Sai bene che é il dovere di un soldato, combattere per quelli che ama, me lo hai insegnato proprio tu." Il piú basso non rispose, la bocca tremante e gli occhi stretti con forza. "Ho combattuto per te, per noi, e questo é ció che conta veramente. Sono contento di averti visto di nuovo." Si abbracciarono ancora e, senza badare ai vestiti sporchi e al sangue si stesero sul morbido materasso, ancora stretti. Un ultimo bacio, senza lasciarsi andare e cosí, finalmente felice dopo settimane di sofferenza si addormentó Levi.
Hanji stava in auto, seduta accanto a Pixis. Si muovevano in direzione della casa di Levi. "Quindi é cosí?" "Mi spiace dirlo, ma sí". Arrivarono davanti alla porta, la castana non era mai stata cosí preoccupata. Bussó alla porta, ma non ottenendo risposta estrasse dalla borsa un paio di chiavi, prese in precedenza per una qualunque emergenza. L'appartamento era silenzioso, nessuno in giro. Si avvicinó alla camera da letto, alcune schegge di vetro e di legno coprivano il pavimento. La finestra, semiaperta, lasciava entrare un filo di vento. Sorrise n direzione del letto, felice di vedere Levi dormire tranquillamente, cosa che non faceva da settimane. Pixis le comparve alle spalle, lo sguardo triste e affranto. "Vuoi che lo svegli?" "No, aspetta, era da tempo che non o vedevo cosí tranquillo.Appena si sveglierá gli parleró, tu puoi anche iniziare ad andare.". Il vecchio lanció ancora un'occhiata verso il capitano. "Non vorrei essere indelicato, ma ricordati di dirmi di che colore preferisce i fiori, dobbiamo ancora finire di organizzare il funerale." "Prendili verdi, gli ricoravano lui."Hi ragazzuoli!
Spero che questa breve oneshot sia stata di vostro gradimento e abbia reso un pó piú dolettevole la vostra giornata.Happysmile