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Avrei voluto sapere come sarebbero andate le cose se effettivamente tutte quelle regole che la nostra scuola pavoneggiava di fronte agli altri, con orgoglio tramutato in un insidioso bisogno di sopraffarsi sugli altri, fossero state applicate come da protocollo.

Non vali tu come persona, sei solo uno nella massa, la stessa massa che ieri ti ignorava, che oggi ti ammira e che domani ti isola. Non puoi essere considerato come singolo individuo perché non si può più usufruire di questo termine ormai appartenente al passato e tolto da ogni significato, azzerato come era avvenuto con i criteri fondamentali di una vecchia e remota società.

Dio è divenuto sfogo e disprezzo nei confronti di chi continuava a praticarlo. L'ignoranza regna ed è qui che pone il suo pugno di ferro, più potente che mai.

Sei arrivato all'apice, complimenti.

In questa scuola era avvenuto questo; la presa al potere dei più furbi che nutrono come fosse pane quotidiano queste masse ignoranti. Io non stimo, ma nemmeno critico queste persone. Usare il termine bene o male è antiquato, perché è relativo e mi sta bene, e mi starà altrettanto bene fintanto che potrò dondolare il pendolo a mio piacere.

Hanno dato la possibilità apparente ai studenti di credere che loro possono porsi al di sopra della regola, ignari del prezzo. Ricordiamo che ogni azione provoca una reazione, e ogni richiesta fatta a Dio implica un risarcimento.

Non il Dio che noi abbiamo creato, ma il Dio che noi produciamo ogni giorno, lo stesso che ci portiamo appresso. Il terrore odierno non è più l'inferno, ma l'abbandono di questo nostro Dio.

Ho amato la Divina Commedia, e per questo voglio instaurare uno schema simile. Vedete, noi non siamo nel paradiso, perché è utopico e noioso, sarebbe come vivere in un comunismo. Tutti uguali non ci piace.

Volete conoscere il Lucifero di questa scuola?

Partiamo con una breve introduzione di quello che è stato e sarà.

Si insidiano tra le mura che ci proteggono un senso di disgusto; loro ci guardano e tengono segreti.

- Pare che avvenga una sorta di prostituzione. - Jimin Park, il mio orecchino posto dentro il lobo sinistro mi parla. Ha una voce impercettibile, come fossero le ali di un piccolo uccellino.

Lo guardo; ormai non mi sorprendo più, e nemmeno lui lo fa. Che tristezza questa abitudine morta.

- Nessuno ne parla. - Aggiunge con fare piatto, stanco. Avrà fatto tardi l'altra sera?

Impressionante come una notizia tanto forte mi appaia insignificante.

Dopo ho mezz'ora di Italiano. Mi piace l'italiano.

Appoggio la spalla alla parete, e quasi la sento sussurrarmi qualcosa; no, è Jimin che parla.

Lo guardo mentre muove la bocca; mentre ispira ed espira; mentre parla con quel tono sommesso. Non lo ascolto, niente di quello che mi dice suscita interesse in me.

Non mi riguarda cosa fanno gli altri per Dio.

- Stasera c'è la partita, chi pensi che vinca? - Chiedo voltando le spalle allo stesso muro.

La mia partecipazione torna.

- Io spero la nostra scuola. Sicuramente noi. - Anche la sua partecipazione torna.

Questa è la solita discussione e viene interrotta da un soggetto che predica aiuto.

Lo guardo; mi guarda. Guardo Jimin; lui mi riguarda.

Il soggetto mi confessa che in bagno stanno molestando una ragazza ed è scandalizzato, spaventato e in completo panico: non riesce a trovare aiuto.

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