CAPITOLO 1

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Sono Rain, ho ventitré anni, sono di L.A, e sono innamorata di una celebrità.
Lo so è stupido, penserete voi, ma è così e non posso farci niente.
Lui si chiamava Tupac Shakur, e purtroppo non è più in questo mondo da un bel po'.
Se ne è andato l'anno in cui sono nata io, e aveva solo venticinque anni.
Da quel giorno, il mondo dell'hip hop non è stato più lo stesso, e il vuoto che ha lasciato non lo si può riempire con nessun altro.
Mi sono innamorata di Tupac quando avevo più o meno tredici anni; andavo ancora alle medie.
Stavo curiosando su Youtube in cerca di qualche nuova canzone di Eminem da ascoltare, e i miei occhi si sono soffermati su un video in bianco e nero.
In copertina c'era questo ragazzo bellissimo con gli occhi neri che in quel momento sembrarono guardarmi dentro, era vestito anni 90 e senza esitare un secondo ho cliccato.
"Brenda's got a baby" è stata la prima canzone che ho sentito, e da quel momento è stato amore.
Mi addormento e mi sveglio con le sue canzoni, la sua voce mi calma quando sono triste o stressata.
È come una terapia.
Mi aiuta nei momenti difficili della mia vita.
Quando dicono che la musica fa miracoli è proprio vero.
I suoi testi sono incredibili, sono veri e ti arrivano dritto al cuore.
Quando lo ascolto è come se fosse di fianco a me e mi parlasse.
Mi dice di non arrendermi, di non mollare, anche quando tutto va male, anche quando non ce la faccio più.
E funziona.
Come adesso.
Sono sul mio letto, con le cuffie, e le note di "Keep ya head up" risuonano nelle mie orecchie.
Ho gli occhi chiusi, e penso al fatto che avrei voluto davvero nascere prima per poter andare a uno dei suoi concerti.
Quando Pac parlava, tutti si fermavano ad ascoltare, anche se non piaceva, nessuno poteva farne a meno.
Era un rivoluzionario, un attivista, ma soprattutto un soldato, e amava profondamente le persone.
Non è stato capito, tutti lo ascoltavano parlare, ma nessuno sentiva realmente ciò che diceva.
È stato accusato ingiustamente di tante cose, ma una in particolare gli ha rovinato la vita e l'ha portato alla morte.
Le accuse di stupro lo devastarono, e da quel momento non fu più lo stesso.
A un tratto qualcuno mi strappò via le cuffie interrompendo i miei pensieri.
Che cavolo c'è adesso.
"Rain! La mamma ti sta chiamando da un'ora! È pronto in tavola. Muoviti a scendere." Mia sorella Cali non mi diede nemmeno il tempo di rispondere, che era già uscita dalla mia stanza.
Sbuffai e controvoglia mi alzai dal letto.
Quando scesi in cucina, i miei genitori e mia sorella erano già seduti a tavola.
"Tesoro, cosa stavi facendo?" Chiese mia madre prendendo l'insalata.
"Niente mami, ascoltavo un po' di musica." Risposi versando dell'acqua nel bicchiere.
"Fammi indovinare, cucciola. Tupac?" Mio padre mi fece l'occhiolino.
Sapeva benissimo che lo adoravo.
Sorrisi e annuii.
"Che noia..." Sbuffò mia sorella guardando il telefono.
La fulminai con lo sguardo, ma decisi di non replicare, perché non avrebbe capito.
D'altronde era più piccola di me, e ascoltavamo generi diversi.
Finimmo la cena e guardammo insieme un film, come facciamo ogni sera.
Verso le undici andai a dormire, ed ero elettrizzata perché domani sarebbe stato l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive.
Come sempre feci partire la sua playlist, e in pochi minuti mi addormentai serenamente.

La sveglia suonò alle 7.
Generalmente mi sarei alzata dopo mezz'ora, ma oggi era l'ultimo giorno e non vedevo l'ora di vivermelo appieno.
Balzai giù dal letto, e andai dritta in bagno.
Mi sciacquai la faccia, e applicai del mascara sulle ciglia per risaltare le iridi verde chiaro.
I miei lunghi capelli biondi sembravano aver combattuto come sempre la terza guerra mondiale, e per pettinarli impiegai quasi dieci minuti.
Una volta finito, aprii la stanza guardaroba e presi le prime cose che trovai.
Non avevo intenzione di fare tardi.
Indossai un vestitino corto bianco, infilai velocemente le mie nuovissime Jordan one, recuperai la borsa, e uscii di casa.
Quando arrivai all'ingresso della scuola, notai subito i riccioli biondi di Joyce, la mia migliore amica.
Non appena mi vide, mi strinse in un abbraccio.
"Non posso credere che oggi inizino le vacanze! Appena finiamo scuola andiamo al club!" Joyce saltellava come una bimba felice in un negozio di caramelle.
"Ci sto amica!" Risposi prendendola sotto braccio.
Non amavo il country club, odiavo stare in mezzo alla gente snob, ma i nostri genitori erano soci onorari, e ormai eravamo abituate, e tutti i nostri compagni di scuola sarebbero stati lì per la festa di inizio estate.
Fortunatamente la giornata passò velocemente, e quando l'ultima campanella suonò, ci catapultammo fuori dall'istituto, e andammo dritte alla spiaggia privata del club.
Non appena infilammo il costume, andammo verso il piccolo chiosco verso la riva del mare.
"Un Margarita per favore!" Il barman mi fece l'occhiolino e iniziò a preparare il mio drink.
Joyce prese lo stesso.
Stavo per dirle qualcosa, quando Kyle le mise un braccio attorno alle spalle.
Quei due non li avrei mai capiti; stavano sempre insieme ma non erano fidanzati.
Erano troppo orgogliosi per dirlo, e Joyce mi diceva continuamente che aveva paura di starci male di nuovo.
Kyle l'aveva già fatta soffrire in passato, e lei non era mai riuscita a guarire del tutto.
Lui si era pentito, e adesso sembrava tenerci sul serio, ma con i ragazzi non si può mai sapere.
"Kyle non mi va ora, possiamo parlarne dopo?"
"Dai piccola, vieni con me a camminare un po'." Kyle la stava praticamente supplicando con gli occhi.
Joyce ci pensò su per qualche secondo poi cercò il mio sguardo.
"Rain, ti dispiace?"
Scossi la testa e le sorrisi.
"Tranquilla amica, tanto pensavo di andare al murales appena finisco il mio delizioso Margarita."
"Hai bisogno di pensare?" Adoravo la mia migliore amica, mi capiva sempre.
Annuii.
Il murales era vicino al club, e ovviamente volevo andarci perché c'era il disegno di Tupac.
Andavo sempre li quando avevo bisogno di riflettere, o scrivere le cose che mi passavano per la testa.
A essere sincera, non sapevo perché ne avessi bisogno in quel momento.
La scuola era finita, non avevo pensieri ed ero serena.
Ma qualcosa dentro di me mi stava dicendo che dovevo andare.
"Ci vediamo più tardi amica!" Kyle prese la mano di Joyce e si allontanarono.
Finii il mio drink e poi presi le cuffie.
Non so perché, ma quando accesi la musica e la sua voce iniziò a rimbombare nella mia testa, avvertii come se stesse per succedere qualcosa di inaspettato.
Scossi la testa per scacciare il pensiero, e iniziai a camminare.

Quando arrivai, come sempre rimasi esterrefatta dalla bellezza di quel disegno.
Era grande, luminoso, e gli artisti avevano risaltato i suoi occhi meravigliosi.
Era solo un disegno, ma come sempre trasmetteva qualcosa in più.
Continuavo ad ammirarlo, quando a un tratto notai qualcosa di nuovo sul muro.
Accanto alla scritta del suo nome, c'era una specie di leva, che non avevo mai notato fino a quel momento.
Anzi forse non c'era proprio mai stata.
Allungai una mano e con mia sorpresa notai che era concreta; non faceva parte del disegno.
Il cuore iniziò a battermi nel petto, e non riuscii a spigarmi perché.
Sapevo solo che dovevo tirare quella leva, e così feci.
Non appena la portai verso di me, la testa iniziò a girare, era come se fossi in un vortice.
Tutto si muoveva velocemente.
Giravo su me stessa, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, e iniziai a spaventarmi.
Ma che cavolo succede?
Non so per quanto tempo continuai ad essere in quel vortice assurdo, ma poi a un tratto, tutto finì.
Mi guardai intorno ed ero sempre nello stesso posto, ma quando mi voltai per osservare il muro, notai che il disegno che avevo ammirato fino a dieci minuti prima era sparito.

UNCONDITIONAL LOVEWhere stories live. Discover now