CAPITOLO 2

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Cosa sta succedendo?
Forse mi sono solo spostata di pochi metri.
Com'è possibile che non ci sia più il murales?
Cominciai ad andare in iper ventilazione.
Forse sto impazzendo.
Calma Rain, rifletti.
Mi voltai per osservare meglio dove potessi trovarmi, ma non c'era niente di strano.
Era tutto come prima, tranne per il fatto che il disegno non c'era più.
Una ragazza stava camminando nella mia direzione, e mi sentii sollevata.
Potevo chiedere a lei.
Mi avvicinai.
"Ciao, senti mi sono persa. Sai dirmi dove mi trovo?"
"Siamo a Venice tesoro!" Rispose sorridendo la ragazza.
Oh grazie a Dio.
Mi sentii sollevata, perché era esattamente dove dovevo essere in quel momento.
Ma poi la guardai meglio, e notai che era vestita in modo strano.
Aveva una salopette larga di Tommy Hilfiger, e le Timberland; i suoi capelli castani erano raccolti in una lunga coda di cavallo, e i suoi occhiali da soli erano uguali al modello che aveva mia madre quando aveva la mia età.
"Hai uno stile pazzesco!" Azzardai cercando di indagare in incognito.
Fantastico, mi ero anche messa a fare la detective.
Di bene in meglio Rain.
"Grazie ragazza! Gli anni Novanta tirano fuori il meglio di me!" Disse masticando rumorosamente la gomma.
Mi sentii sbiancare.
"Gli anni Novanta?" Chiesi cercando di non svenire.
"Certo baby! Siamo nel 1996!" Mi guardò come se fossi pazza.
Barcollai per un momento, e di nuovo il cuore prese a martellarmi nel petto.
"Ti senti bene? Sembri un po' pallida." La sua espressione divertita era stata sostituita dalla preoccupazione.
Non riuscivo a parlare, ero come paralizzata.
"Vieni, siediti qui un momento." La ragazza mi aiutò a sorreggermi, e poi riuscii a sedermi sulla panchina.
"Cosa significa che siamo nel 1996?" La guardai nei suoi grandi occhi azzurri, sperando che mi desse una risposta diversa.
Continuava a guardarmi in modo strano, come se fossi impazzita.
Ma probabilmente lo penserei anche io se mi trovassi al suo posto.
"Da dove vieni?" La ragazza mi guardò in modo comprensivo, cercando davvero di capire.
"Sono di Los Angeles! Ma ..." non riuscii a finire la frase.
Come diavolo facevo a spiegarle che venivo dal 2020?
"Ma?"
"Senti, lo so che ti sembrerà strano o assurdo! Anzi forse ti sembrerò davvero pazza, ma io fino a dieci minuti fa mi trovavo in un anno diverso. Vengo dal 2020!" Non riuscivo nemmeno più a guardarla negli occhi.
Misi la testa fra le mani, e per poco non scoppiai in lacrime.
La ragazza mi accarezzò il braccio, e quando mi voltai notai che non si era scomposta, non mi stava guardando come se fossi uscita di testa; anzi era sorpresa, quasi come se fosse felice.
"Vuol dire che hai tirato quella leva?" Chiese sorridendo.
"E tu come lo sai?" La guardai in cerca di una risposta.
"Cavolo, pensavo fosse una leggenda, anche se in fondo ci ho sempre creduto. Ma quella leva non appare a tutti, solo alle persone meritevoli e con un buon cuore." Rispose come se stesse citando qualcosa o qualcuno.
O mio Dio.
"Ma chi altri lo sa?"
"Non ne ho idea, ma è mia madre che mi ha raccontato la storia." Disse spostandosi dal viso le ciocche fuori posto.
"Cosa c'era su quel muro?" Continuò.
"Un disegno di Tupac Shakur." Risposi, ripensando intensamente al momento vissuto poco fa.
Alla ragazza si illuminarono gli occhi non appena lo nominai.
"Sul serio? Forse ..." si interruppe prima che le parole le uscissero di bocca.
"Forse, cosa?"
Scosse la testa, e tornò a sorridermi.
"É solo che lo adoro come artista e proprio stasera terrà un concerto in un locale a West Hollywood!"
Quando pronunciò quelle parole, per poco non mi venne un infarto.
"Ma che giorno è oggi?" Chiesi, sentendo gli occhi lucidi.
"È il primo luglio, perché?"
Non ci posso credere.
Tupac era ancora vivo, e lo sarebbe stato per altri tre mesi.
Ma non potevo dirglielo, altrimenti mi avrebbe davvero presa per pazza.
"No... no niente. È solo che è il mio cantante preferito, tutto qui." Risposi cercando di essere il più indifferente possibile.
La ragazza mi guardava in modo strano, come si mi stesse esaminando.
"Come ti chiami?" Domandò improvvisamente, avvicinandosi.
"Già, che stupida. Scusami, sono Rain." Risposi sorridendo.
"Molto piacere Rain, io sono Abby." Tese la mano, e gliela strinsi.
"Stasera andremo al suo concerto." Continuò Abby, ma era come se stesse parlando a se stessa.
O mio Dio.
Non l'ha detto veramente. Non può essere reale tutto questo.
"Aspetta cosa? Ma come facciamo? Non ho i biglietti." Il mio respiro stava nuovamente diventando irregolare.
"Per questo non dobbiamo preoccuparci. Conosco qualcuno che può farci entrare direttamente nel backstage."
Per poco non svenni, e questa sarebbe stata l'ennesima volta in un solo giorno.
"Nel backstage?" Chiesi, con un filo di voce.
"Si, perché? È un problema?"
La guardai come se fosse pazza.
"Stai scherzando? Io... non so cosa dire! Lui è tutto per me, Abby. Negli ultimi anni ho avuto parecchi alti e bassi, e la sua musica mi ha aiutato ad andare avanti. Non so come avrei fatto senza di lui; e lo so che può sembrarti strano, perché non l'ho mai conosciuto, ma non so davvero come descriverti ciò che sento ogni volta che ascolto la sua voce." Cominciai a parlare a vanvera, e mi sforzai di chiudere la bocca.
"Bene ragazza! Allora ci andremo." Mi squadrò dalla testa ai piedi, e inarcò un sopracciglio.
"Che c'è?" Domandai, confusa.
"Prima dobbiamo trovarti dei vestiti adatti."
"Perché?"
"Come perché! Tesoro guardati, sembri la classica brava ragazza della porta accanto. E stasera andiamo in un posto non adatto alle brave ragazze." Sorrise maliziosamente.
Scoppiai a ridere.
Abby mi prese sotto braccio, e ci incamminammo verso i negozi.

Dopo un intenso pomeriggio di shopping sfrenato, Abby mi portò a casa sua.
Ed era strano, ma mi sembrava di conoscerla da sempre, per tutto il tempo non abbiamo fatto altro che ridere e scherzare.
Abitava a Bel Air, in una delle case più belle che avessi mai visto.
E non era molto lontana dalla mia.
Chissà che stavano facendo i miei genitori.
Saranno in pensiero?
Come faccio a far sapere loro che sto bene?
"Ei Rain! Vieni qui, ti presento mio fratello!" La voce di Abby mi riportò alla realtà, e mi incamminai verso il cortile interno della casa.
Non appena uscii sul patio, rimasi a bocca aperta.
Abby aveva una casa pazzesca, e la piscina ricopriva metà superficie del giardino.
"Rain, ti presento Travor, il mio gemello"
Wow, in famiglia dovevano avere dei geni stupendi.
Travor era la versione maschile di Abby.
Alto, castano scuro e con due occhi azzurri che dovevano mandare fuori di testa tutte le ragazze.
"Molto piacere Rain." Disse sorridendo, stringendo la mia mano.
Ricambiai il sorriso.
"Sarà Travor a farci entrare stasera." Spiegò Abby, mentre addentava un pezzo di hot dog.
Sentii un fremito nello stomaco, e quella sensazione di ansia, mista ad eccitazione, che avevo provato per tutto il giorno, si ripresentò.
Non potevo credere che stasera l'avrei visto in carne e ossa.
Mi sembrava di essere in un sogno, e avevo il terrore di svegliarmi.
"Ascolti Pac?" Chiese Travor mentre girava la carne sulla griglia.
Pac.
Solo gli amici lo chiamavano Pac.
Annuii.
"Dire che è il mio cantante preferito in assoluto, è molto riduttivo." Spiegai, cercando di non sembrare la classica fan pazzoide.
"Farà bene al suo ego sentire queste cose." Disse Travor ridendo.
"Che intendi?"
"A Pac piace parecchio ricevere complimenti." Mi guardò con un sorriso dolce.
"Travor è uno dei suoi migliori amici." Intervenne Abby, continuando a mangiare l'hot dog.
Spalancai la bocca, e i gemelli scoppiarono a ridere nel vedere la mia espressione.
"Sul serio?" Cercai di contenere il più possibile il mio stato di shock, ma non potevo in alcun modo capacitarmi di essere di fronte a uno che faceva parte della sua cerchia.
"Canzone preferita?" Chiese Travor, come per mettermi alla prova.
"E non dirmi California Love, perché sarebbe troppo facile e scontato." Continuò puntandomi contro la paletta per girare la carne.
Ovviamente anche California Love era una delle mie preferite, ma quella che mi ha fatta innamorare era un'altra.
"Brenda's got a baby." Riposi decisa.
Travor mi guardò con aria sorpresa.
"Direi che hai superato il test a pieni voti. Si esce di casa alle 7 ragazze." Poi tornò al suo barbecue, e Abby mi trascinò in casa.
Mancavano solo due ore al grande evento, e io avevo bisogno di prepararmi psicologicamente.
Stentavo ancora a crederci, e più ci pensavo, più l'agitazione aumentava.
Come sarebbe stato incontrarlo? Sentire la sua voce... dio la sua voce.
Stavo sognando a occhi aperti, quando Abby mi strattonò un braccio per farmi riprendere.
Quando entrammo nella sua stanza, finalmente aprimmo i sacchetti e tirai fuori tutta la roba che avevo comprato.
Fortunatamente mi ero portata il portafogli dietro, e, con mia sorpresa, la mia carta di credito aveva funzionato in tutti i negozi, nonostante fossimo in un'epoca diversa.
Dissi a Abby che avevo bisogno di una doccia, e mi porse tutto l'occorrente per lavarmi.
Sotto l'acqua calda, non feci altro che pensare a come sarebbe stato vederlo.
Sarà davvero come avevo sempre immaginato il nostro incontro nella mia testa?
E se dovesse ignorarmi?
Se fosse antipatico?
No impossibile, Pac non era antipatico.
Scacciai via tutte le paranoie e mi decisi ad uscire dalla doccia.
Quando rientrai in camera, notai che Abby era già vestita, e stava davvero benissimo.
I pantaloni larghi bianchi le cadevano perfettamente sulle sue gambe lunghe, la sua pancia piatta e il piccolo piercing all'ombelico, erano messi in risalto da un top corto abbinato al pantalone, e attorno ai capelli aveva legato una bandana rossa.
Guardai le scarpe, e al posto delle Timberland, ora indossava un paio di sandali col tacco alto.
Avevo sempre adorato gli anni novanta, per la musica, ma anche per lo stile.
E ora mi pareva davvero assurdo che ci fossi dentro per vederli coi miei occhi.
"Stai davvero benissimo Abby!" Le dissi con ammirazione.
"Grazie baby!" Rispose, finendo di applicare il gloss rosa sulle labbra carnose.
Poi si voltò verso di me, e analizzò i vestiti che avevamo comprato insieme.
"Ma adesso, pensiamo a te! Devi essere perfetta stasera."
Che intendeva?
"Come perfetta? Andiamo a un concerto Abby, non a una sfilata di moda." Risposi ridendo.
"Lui deve vederti Rain." Abby si fece improvvisamente seria.
Non capivo dove volesse andare a parare.
"Potresti essere la sua unica speranza." Disse in un sussurro, ma nonostante avesse parlato piano, come per non farmi sentire, riuscii ad  avvertire un filo di tristezza nella sua voce.
"Che intendi dire?" Chiesi, cercando il suo sguardo.
Ma Abby non mi guardava, continuava a osservare i vestiti sul letto.
"Che ne dici di questi?" Come se niente fosse, cambiò completamente argomento, e io non riuscii a insistere.
Non volevo diventare invadente.

UNCONDITIONAL LOVEWhere stories live. Discover now