Capitolo I

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C'è lassù arroccato sulla cima di quella collina color verde intenso, il rudere di un Castelli la cui struttura è così snella e leggendaria che dà l'impressione di voler spiccare il volo verso il paradiso. Il primo commento che affiora nella mente è: "Sembra il proseguimento perfetto della collina che lo sorregge! Chissà come hanno potuto costruirlo in quella posizione così impervia , senza il supporto di tutti quei marchingegni moderni che alleviano alquanto la fatica e il disagio dell'uomo.

Belle particolarmente elegante lo deve essere stato nei suoi tempi migliori e lo è ancora, malgrado le numerose crepe e vetuste erosione, dovute al passare dei secoli all'incuria umana.

Il nostro Paese è ricco di questi panorami tanto che non basterebbe una vita per scoprirli tutti, ma questo è diverso dalle massicce costruzioni cui siamo avvezzi, la sua sagoma è singolare, è magica , risveglia la fantasia e fa sognare...

E se si vuole vederlo quasi intatto, facendo appello a un po' di immaginazione, basta affacciarsi sul laghetto che si trova ai piedi della collina, pare messo lì apposta per rispecchiarne la mole mascherando le parti diroccate col tremolio dell'acqua.

È il castello di 'Strafor', nome che deriva da 'straforo' cioè costruito di nascosto, attorno al 1350 circa, senza il permesso delle autorità che allora contavano. I Baroni di Strafor, proprietari di esso per vari secoli, modificarono il nome, troppo plebeo, togliendo la 'o' finale e dandogli quel tocco di raffinato esotismo che ben gli si addice.

Qualcosa della sua storia ci è stato tramandato ( e anche la data della sua costruzione è incerta) da antiche pergamene conservate e trascritte dai pazienti frati Certosini che, per un certo periodo di tempo, furono ospiti nel Castello.

Da quelle scarne notizie giunte a noi si fa difficoltà scindere quella che è la storia vera della leggenda; notizie forse tramandate dagli amanuensi secondo il proprio punto di vista.

Ad ogni modo esiste una Guida dove sono narrate le presunte vicende principali del castello e dei suoi ambienti e dove si legge, fra l'altro, che il luogo per la sua costruzione venne scelto con cura poiché esse doveva svolgere la funzione di dimora gentilizia e poco o niente per difesa. Del resto non era necessario difenderlo, chi mai si sarebbe arrampicato fin lassù per espugnato per poi trovarsi troppo lontano e disagiati del resto della truppa?

Attorno alla montagnola, tra prati e campi, si scorgono macchie di boschetti di querce, noci, castagne e pometi; nei prati coperti di erba tenera occhieggiano primule, margherite, fiordalisi, siepi di more, funghi buoni e funghi velenosi.

Nel Sottobosco prolifera una fauna variegata composta da conigli, lepri, caprioli e volatili di ogni genere, che vive e prospera in grande quantità.

Alla visione di questa specie di paradiso terrestre, ancora quasi intatto, si ha la sensazione che il tempo, con l'aiuto delle Buon Dio, si sia fermato alla sua creazione e che la nostra civiltà, con tutto il suo bagaglio di nefandezze, non l'abbia neppure sfiorato.

Questo è lo scenario della nostra vicenda per quel che riguarda in parte la storia vera, il resto e fantasia!

Al castello, attrazione principale del luogo, Vi si giunge percorrendo una salita, piuttosto ripida, ancora in terra battuta, che parte della base della collina ed è costeggiata da alti Tigli odorosi, inframmezzati da cespugli di ortensie dai fiori vivaci! La strada porta direttamente di fronte alla facciata principale che, al primo impatto, da l'impressione che Il maniero sia ancora in buono stato di conservazione e così pure il ponte levatoio costruito usando due tipi di legno: chiaro e rossiccio, con assi ben modellate e incastrate come se fossero predisposte per una pavimentazione da interno. Esso scavalca il fossato che circonda tutto il perimetro della costruzione il culetto oggigiorno è asciutto, ma ai suoi tempi l'acqua non doveva mancare perché per colmarlo bastava attingerla, non si sa come, dal laghetto sottostante.

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⏰ Last updated: Mar 03, 2020 ⏰

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Ermelinda delle ninfee- un romanzo di Cristina Tovo ChietoWhere stories live. Discover now