Quello che scrivo qui è un mio sfogo, uno scrivere senza pensare, per lasciare qui le parole affilate come lame che potrei lanciare a qualcuno, quindi non è importante che voi lo leggiate, anzi... ma vorrei solo capire se scrivendo qua quello che ho passato e che ancora oggi passo anche se in modo molto più lieve, possa essere solo un piccolo e breve periodo della mia vita, che passerà.
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Sono sempre stata una ragazza strana quel tipo di persona che la gente evitava, perché anche se ferita non piangeva, anche se a terra si rialzava, anche se schiaffeggiata ti offriva l'altra guancia, ero sola ma non me ne dispiaceva. Beh', masochista voi penserete, ma no, è sempre stato il mio solo modo di affrontare le cose.
O forse è perché sono nata abituata a questo genere di trattamento, crescere da sola, trovando il mio spazio e il mio modo, con l'aiuto di due fratelli sempre accanto che mi sorreggevano per mostrarmi la strada giusta, ma io... Io avrei voluto avere mia madre accanto, ma lei non c'era, lei doveva lavorare, fare doppi turni, partire alle 6 e tornare a mezzanotte, è così che lavorava da quando siamo scappati da mio padre, un'ora dopo l'altra senza fermarsi mai.
Io avevo a malapena 5 anni quando ho iniziato ad aiutare lì dove lei non poteva farlo, tornavo da scuola accompagnata dai miei fratelli e mi mettevo su una sedia, una di quelle nella cucina, l'appoggiavo vicino ai fornelli e piano piano imparavo a cucinare, poi ne ho preso l'abitudine e lo facevo sempre io, abbondando, avendo poi qualche porzione in più per mia madre così che non morisse di fame durante il lavoro.
Piano, piano senza accorgermene mi concentravo più sul lavoro che dovevo fare in casa, tra cucinare e pulire, e la scuola diventava solo un miraggio, qualcosa che ero costretta a fare e che non volevo fare, anzi che proprio odiavo, i compiti e lo studio erano diventati qualcosa di facoltativo, visto che tanto nessuno in casa avrebbe controllato se li facessi oppure no, e così sono diventata l'asinello della classe quella che anche se era alle elementari riusciva a prendere note su note, votacci su votacci ed arrivare alla fine dell'anno per un soffio.
I bulli mi adoravano, adoravano prendermi in giro buttarmi a terra e ridere di me, di come mi vestivo, di quanto ero strana e di quanto ero povera, perché sì benché mia madre si faceva un culo, lavorando più di diciotto ore al giorno, noi come famiglia non avevamo molto con cui sfamarci, ma alla fine della giornata eravamo felici.
Quando i miei due fratelli venivano a prendermi da scuola, notavano qualche ammaccatura sul mio viso, ma io sorridevo e li prendevo per mano dicendogli, come il resto delle altre volte, che ero solo caduta mentre giocavo nel cortile aspettandoli, loro annuivano con la testa e si guardavano tra di loro mandandosi messaggi con lo sguardo, messaggi che ancora non capivo, e che quindi ignoravo tirandoli verso casa. Una volta lì, mangiavamo velocemente, e appena finivamo, mi salutavano e uscivano di casa, o perché dovevano uscire con la loro tipa o perché dovevano andare a scuola, oppure... oppure solo per andare fuori a fumarsi qualche canna con gli amici, o altre motivazioni da adolescenti. Io non me ne dispiacevo, mi sedevo sul divano e guardavo un po di televisione, qualche cartone che passava o qualche film interessante, sempre e solamente dopo aver curando casa col minimo che potevo permettermi di fare: passando la scopa lì e là, o pulendo il tavolo dove avevamo appena mangiato.
Non stavo male, anzi me la passavo bene, se così si può dire... Potevo fare tutto quello che volevo, senza nessun blocco, viziata dai miei due piccoli-grandi fratelli... O così ero convinta...
Mia madre ne aveva passate di tutti i colori, e degli uomini non si fidava più, sicuramente non dopo essere stata violentata, abusata, picchiata e sfruttata da mio padre, un bell uomo di circa 20 anni più grande, che aveva colto l'occasione e aveva convinto mia madre a seguirla, facendole tagliare tutti i rapporti con la sua famiglia, per poi metterla incinta a 17 anni, costringendola sia fisicamente, che psicologicamente a rimanere con lui.. a 19 anni partorì il secondo, e a 27 infine naqui io, l'amata figlia femmina che mio padre tanto desiderava...
Dei 7 figli che attendeva naquimo solo noi 3 gli altri li perse, proprio come rischiava di perdere me, dopo che il padre che tanto mi attendeva, le lanciò il motore della sua vespa, dritto in pancia...Dopo tutto questo penserete che si sia arresa? Che abbia perso la fiducia negli uomini, proprio come dicevo prima? E invece no, mia madre non era così, lei aveva fiducia nelle persone, sperava e sperava... E quindi finì per avere una relazione con un altro uomo, dopo ormai anni dalla fuga da mio padre.
Non ci vedete niente di male giusto? Neanche lei e neanche io, per dirla tutta... ci fidavamo, o almeno volevamo fidarci, volevamo un nuovo inizio, una nuova vita e lui sembrava perfetto...
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Fine primo capitolo
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𝓂𝓎 𝓂ℴ𝓉𝒽ℯ𝓇𝒻𝓊𝒸𝓀𝒾𝓃ℊ 𝓁𝒾𝒻ℯ
General FictionQuello che scrivo qui è un mio sfogo, uno scrivere senza pensare, per lasciare qui le parole affilate come lame che potrei lanciare a qualcuno, quindi non è importante che voi lo leggiate, anzi... ma vorrei solo capire se scrivendo qua quello che ho...