0 - Croce Di Sangue

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Alice è vicina. Sente i suoi passi sempre più vividi, mentre annaspa nelle proprie lacrime con la schiena contro la porta della propria camera che ha appena chiuso a chiave.

«Roy!»

Alice grida il suo nome e lui non riesce a muovere un muscolo. Anche respirare è uno sforzo immane. Rantola e saccheggia l'aria umida tra gemiti che saturano di sofferenza il piccolo ambiente.

«Roy! Roy!» continua lei.

«Lasciami in pace, maledizione! Non ti avvicinare...»

Non voglio vederla, si dice, nel buio. Non ce la farei. Non ora!

Non dopo la sua rapida fuga dalla cucina alla propria stanza, con i nervi ancora in allerta e una scossa continua di elettricità sotto la pelle gelida per lo shock.

Prima di tutto, deve smettere di piangere. Sì, Roy piange e si cannibalizza le labbra violate, disgustato dal sapore fruttato della bocca di lei che non avrebbe voluto conoscere e che avverte invece su di sé. Piange l'innocenza perduta, in un giorno che avrebbe dovuto sapere di gioia, ma che al contrario sarà per sempre scolpito nella sua memoria come un giorno d'orrore.

Il giorno dei suoi sedici anni.

«Roy! Roy!»

«Ti odio!» singhiozza lui, affogando tra le lacrime e tra i pensieri.

Ti odio e vorrei che tu non esistessi! Se i miei non stanno più insieme è colpa tua! È tutta colpa tua, dannata omega! Tu, strega, mi hai portato via tutto!

Sente il suo odore di fragola addosso, è dappertutto! Non ci deve pensare. Non deve! In questo modo l'erezione che soffoca nella patta e che lo ripugna, forse, si calmerà più in fretta.

Tu hai cacciato mia madre e hai preso il suo posto, che non meritavi! Tu mi hai messo contro mio padre, che non ha più occhi per me e non mi cerca più! Tu, che non rispetti niente e nessuno, che ami unicamente te stessa! Odio il tuo sorriso ipocrita, odio doverlo guardare ogni giorno!

Disperato si serra su sé stesso e si accoccola la testa sulle gambe infilate in un paio di jeans, dondolandosi.

Ti odio, maledetta puttana!

Sente che lei sta arrivando.

I passi felini per il disimpegno gli strappano il respiro. Il suo profumo, quel dannato profumo dolciastro che cela il veleno dell'infido genere omega, si amplifica a dismisura.

Sempre più forte. Sempre più indecente.

No, Roy non ha alcuna intenzione di uscire da quella stanza, almeno per le prossime dieci ore, quelle che lo separano dal ritorno di suo padre dal viaggio d'affari all'estero.

Può farcela, fagotto di carne e lacrime finché il campanello dell'ingresso sancirà il termine della sua volontaria reclusione.

Certo, sarebbe più facile resistere se soltanto lei non lo tormentasse più! E invece...

«Roy! Apri!»

Eccola che bussa furiosa!

Ma lui, di colpo zitto, si fa gomitolo tremante sotto i colpi alla porta. Li patisce in silenzio, uno dopo l'altro, battono la schiena e gli frantumano i battiti del cuore. Così insistenti, così pieni di lei che il suo volto di porcellana gli appare nella mente; quello sguardo di un torbido blu gli sta scavando dentro, quelle labbra rosso fuoco che si schiudono, affamate. Proprio come è accaduto in cucina, tutto d'un tratto.

«Apri questa porta, ragazzino! Devo parlarti! Devo spiegarti!»

Disarmati dall'insistenza di quella donna, i nervi di Roy cedono del tutto e lui scoppia a piangere con foga.

«L'unica cosa che voglio è starti lontano!» abbaia, di rimando. «Vattene, sei in calore! Non dovresti essere qui, ma chiusa in camera tua!»

«Ti starò lontana nei giorni del mio calore, te lo prometto!» ribatte lei, dall'altra parte. «So bene come gestire il mio ciclo di fertilità e non ti darò fastidio, d'ora in poi. Ma adesso, apri questa porta! Io e te dobbiamo parlare!»

«E di che diamine vorresti parlare?» esplode Roy. «Della tua lingua che mi sono ritrovato in gola? Vuoi per caso chiedermi se mi sia piaciuto? Beh, ti informo che mi hai disgustato!»

Alice strozza un mugolio. Lascia andare un lungo respiro, dopodiché riprende con fermezza. «Roy, tu sei un alpha, e oggi hai avuto il tuo primo calore. Forse, a causa mia» ammette. «Non che io l'abbia programmato, nemmeno tu, ma ci siamo ritrovati insieme e da soli. E io, a contatto coi tuoi feromoni... lo ammetto, non ero preparata, non potevo immaginare che sarebbe successo. È la nostra natura, Roy. Quella di alpha e di omega, quella della ricerca dei compagni naturali...»

«Smettila di dire cazzate!» la zittisce. La sua voce cristallizza la realtà: i feromoni si fanno più intensi che mai, un cocktail alla fragola e muschio bianco che sono lui e Alice, impossibile da controllare. «Quindi dici che ti dovrei scusare perché in fondo siamo nati per accoppiarci?»

Sì, perché Alice è omega, gli sussurra l'istinto dell'alpha, facendogli impazzire i battiti del cuore, gonfiandogli l'erezione tra le cosce. Mandandolo fuori di testa per l'orrore.

«Fanculo, dannata omega! Non sei degna di restare in questa famiglia di alpha, sei un animale!»

«Come ti permetti» inveisce Alice. «Gli omega non sono animali!»

«Invece lo siete! Lo siete tutti!» sibila Roy, gelido. «Mia madre è una donna alpha e non cederebbe mai a simili istinti! Siete voi omega a farlo! Dovreste estinguervi, tutti gli omega dovrebbero sparire!»

«Adesso basta! Voglio che ti scusi con me. Adesso!»

Lui ride, disperato e crudele: «E io voglio che tu sparisca per sempre dalla mia vita! Non ti voglio più in casa mia!»

«Roy!»

«Hai finto di amare mio padre soltanto per avere il marchio di un alpha sul collo, in cambio di soldi e comodità! E dopo che ti sei fatta sposare, tu che cosa fai? Metti le mani sul figlio di chi ti ha dato tutto questo? Sei disgustosa, ecco cosa sei!»

«Cosa stai farneticando, piccolo insolente?» sbotta lei. E intanto i suoi pugni si fanno di nuovo sentire. «Credi davvero che io abbia ingannato tuo padre? Stai insinuando che io sia capace di tutto questo per avere un tetto sopra la testa?»

«Sì, eccome!»

«Ascoltami bene, Roy Baker» dice lei, algida. «Che ti piaccia o meno, io sono entrata in questa casa per amore. Tuo padre è un alpha e in quanto omega mi ha scelta come sua compagna per la vita, perciò, rassegnati, ragazzino! Che ti piaccia oppure no, io ho il diritto di restare al suo fianco e tu mi devi rispetto!»

«Io non ti devo niente!» la interrompe con rabbia. «Io ce l'ho una madre e l'ho persa a causa tua! Non dimenticarlo, maledetta omega! Vattene! Vattene! Perché se apro la porta, giuro, io ti ammazzo! Vattene! Vattene!»

Vattene, vattene, cagna omega!

Non fa che ripeterlo, Roy, fuori di sé, che si graffia il volto e si tira i capelli bruni incollati alla fronte. Crolla, definitivamente. Per fortuna, anche lei pare avere ceduto. Non replica oltre, non colpisce nemmeno più la porta.

Nella violenza di quel silenzio, il croccare delle assi in legno sotto le pantofole gli comunica che Alice si sta lentamente allontanando. Si è arresa, pare. Almeno per ora.

Roy si augura che la tregua duri per tutta la notte.

Non ti perdonerò mai per quello che mi hai fatto. Mai!

Roy lo giura a sé stesso.

Mai.

Allontana la tensione asciugandosi le lacrime dal viso. L'odore ferroso del sangue sulle mani gli dice di essersi graffiato in profondità, nella parte sinistra del collo. Nei suoi palmi, a poco a poco, appare dipinta dalla penombra una croce scarlatta.

Gli piace molto, ammette, nella sua semplice crudeltà. Una croce di speranza e sofferenza, un'arma dal sapore di vendetta. Davvero stupenda.

Le labbra ancora tremule si piegano in un sadico sorriso.

È deciso: quella croce di sangue diverrà il suo primo tatuaggio.


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