Parte 1

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James strinse il lenzuolo in un pugno. Si era appena svegliato e una fitta alla testa gli aveva annebbiato la vista. Sentì la bocca impastata dall'alito cattivo e dal sapore dell'alcol. Una punta di rum, una buona dose di cognac e tanta vodka. Troppa. Sentì un'ondata di calore, un corpo premeva contro la sua coscia. Un corpo sconosciuto, senza volto, come i tanti che sempre più spesso frequentava e a cui permetteva di toccarlo nelle parti più intime senza che questo significasse nulla. Si sollevò sui gomiti e si prese la testa tra le mani.

Aveva paura di voltarsi verso lo sconosciuto, di scoprirne i lineamenti, e poi magari di essere trattenuto. Non ricordava nulla della sera prima, se non la solita routine che invariabilmente lo conduceva sempre nella stessa posizione: a gambe aperte sotto uno sconosciuto che gli ansimava sopra, mentre lui tentava di dimenticare gli ultimi mesi della sua vita.

Si mise a sedere con lentezza studiata. Ogni cigolio della rete gli parve assordante. Sgusciò via dal letto e dal corpo robusto che lo aveva posseduto il tempo di una notte. Com'era accaduto questa volta? Era stato lui a farsi avanti dopo aver bevuto la solita dose di alcol o era stato l'altro ad approfittare del suo stato e a trascinarlo in auto per poi portarlo in quell'appartamento? James non lo sapeva e neanche gli interessava. Aveva smesso di interessarsi agli altri e a se stesso.

Individuò i suoi indumenti ai piedi del letto e li indossò. Poi si affacciò alla finestra, scostò la tenda di cotone. Aveva bisogno di capire in quale parte della città fosse finito. Londra era grande, dai quartieri eleganti a quelli che nessun reportage di viaggio faceva vedere non c'era poi tanta distanza. Si affacciò su una strada ampia e anonima su cui si succedevano negozi e magazzini. Strinse gli occhi e tentò di combattere un'altra fitta alla testa. Udì un movimento provenire dal letto. Non aveva più tempo. Controllò rapido che nelle tasche dei jeans ci fossero ancora il portafogli, i soldi e i documenti, e poi si dileguò.

Quando raggiunse la strada si accorse della folla, del suono dei clacson, del rumore del traffico, dei palazzi avvolti nella nebbia. La notte era volata via in un soffio, una nebulosa che risucchiava i ricordi che gli laceravano il cuore. Era di nuovo giorno. Inoltrato, a giudicare da quanta gente si affollava sulla strada e da chi usciva dai pub già rifocillato. Anche lui avrebbe dovuto essere come loro, avrebbe dovuto avere una meta verso cui camminare spedito, e solo qualche mese prima ce l'aveva, aveva persino un compagno con cui condividere il tragitto. Ma era stata, chiaramente, tutta un'illusione, non tanto diversa dalla felicità artificiale che strappava con i denti nei nightclub di periferia, grazie a un paio di bicchieri di alcol e di mani rudi che lo trascinavano in un'auto o in un appartamento.

Raggiunse la prima fermata della metro e salì sul treno con il desiderio di allontanarsi il più velocemente possibile da lì. Gli altri, quelli con la vita a posto, erano lo specchio delle sue mancanze. Nelle loro giacche prive di sgualciture, nelle scarpe lucide, nelle cartelle da lavoro, vedeva tutto ciò che a lui mancava. Sprofondò nel sedile, tirandosi su il bavero della giacca, sperando di non essere notato, ma era una preoccupazione superflua. Nessuno avrebbe riconosciuto nel suo volto dalla barba ispida e dall'aria sconfitta il ventiquattrenne promessa del calcio inglese, che in poco tempo era arrivato a firmare con una delle squadre più importanti della capitale.

James chiuse gli occhi, infilò le cuffie nelle orecchie, e si perse nel ritmo di una canzone fino a quando non fu il momento di scendere alla sua fermata. Si sarebbe dovuto sentire a suo agio a Chelsea. Era il suo sogno, in fondo, riscattarsi, dimenticare la povertà della sua infanzia, i genitori sempre nervosi a causa dei problemi economici, ma gli si spezzò il cuore quando realizzò che il monolocale sconosciuto dove aveva passato la notte non gli era meno estraneo della sua casa.

I tuoi occhi  tra la nebbiaWhere stories live. Discover now