Antonio Masuri
Un cadavere in cantina
Exurge Domine Et Judica Causam Tuam. Psalm. 73
Era notte. Il vento strapazzava i vasi farciti di fiori finti e terra arida e ogni tanto qualcosa volava via e andava a rincorrere i passanti con il bavero sollevato e gli occhi arrossati dalla polvere. I balconi cigolavano sinistramente sputacchiando qualche calcinaccio dai denti di ferro arrugginito, mentre sull'asfalto bagnato le buste della raccolta differenziata s'inseguivano tra i bidoni, strusciandosi tra loro e infilandosi tra le macchine parcheggiate. I bidoni sbatacchiavano le loro fauci aperte, alcuni avevano la pancia piena, altri erano stati liberati nel pomeriggio dal loro maleodorante contenuto da due operatori ecologici dalla panza dilatata e gli occhi liquidi. Nella strada, i ragazzini, tiravano ancora qualche petardo che, svogliatamente, ritornava indietro tra i piedi per morire senza un botto, nel vortice di foglie e polvere. Qualcuno di loro rivoltava gli specchietti delle auto in sosta tanto per ingannare il tempo, qualcun altro si fumacchiava maldestramente una sigaretta, altri ancora cercavano di accompagnare i petardi sempre più pigri verso la finestra dei Tuppons, ma zia Grazietta era riuscita a sigillarla in tempo. La vecchia aveva previsto la mossa degli assedianti e le piccole bombe andarono a infrangersi sulle tapparelle zozze, senza emettere troppo rumore e senza causare troppo danno, dato che lo strato di sporco e il vento famelico si mangiarono gran parte della polvere pirica. Zia Grazietta grugnì qualche imprecazione. Poi stappò una bottiglia dei suoi solfiti preferiti affogati nel liquido scuro e ne versò una generosa razione in un grosso bicchiere sbeccato in più punti. Ne trangugiò una buona parte senza preoccuparsi di riprendere fiato o di gustarne il sapore.
Dall'altra parte del vetro le foglie planavano come caccia stealth sulle teste dei ragazzini e degli altri passanti infreddoliti. I cani trotterellavano nervosamente dimenando le code più o meno pelose, più o meno presenti e digrignando i denti più o meno cariati, più o meno affilati. Rodolfo e Tonino discutevano animatamente in merito alla crisi in medio oriente, ma anche in merito alle intemperie nel mondo esterno e sulla qualità dei vini di zia Grazietta. Intanto le nuvole gonfiavano le guance e sputavano aria ghiacciata e secchiate d'acqua ancora più gelida e tagliente, i lampioni si prostravano ossequiosi, la lamiera delle auto cigolava sinistramente un po' per il vento, un po' a causa dei colpi dei ragazzini ringalluzziti da bevande colorate e sostanze sospette.
La notte faceva il suo corso.
Tonino tirò sù il pantalone del pigiama oltre ogni possibilità dell'anatomia umana, e i testicoli non ne gioirono più di tanto, poi si infilò ai piedi le ciabatte da mare e una canottiera modello saldi anni 50 e si apprestò ad andare a buttare la mondezza, differenziata con una certa approssimazione, lo accompagnarono un giubbotto imbottito e le imprecazioni di zia Grazietta.
L'ingegnere parcheggiò la sua macchina, con i sedili ancora ricoperti con il cellophane, facendo gimkana tra le buste gialle della plastica e quelle grigie del secco. Tonino invece doveva districarsi tra le buste che ancora alloggiavano sui bidoni a bocca aperta e su quelli sazi con i denti serrati, le sue ciabatte affondavano nelle pozzanghere gelide senza grossi effetti collaterali, anzi i piedi scuri ne traevano un certo giovamento per effetto della liberazione dallo strato di cellule morte e altri antagonisti del sapone. Salutò le varie buste con affetto dato che ne era legato affettivamente per vari motivi, sia a esse che, soprattutto, al contenuto e ai ricordi collegati: tante storie e tanti momenti piacevoli che spiccavano nel grigiore delle giornate altrimenti indistinguibili le une dalle altre.
I ragazzini, intanto, accennavano una murra improvvisata e la lingua di zia Grazietta cominciava a legarsi e a inciampare tra le virgole del discorso. Rodolfo si lisciava i capelli con l'ausilio di un po' di lucido da scarpe davanti a uno specchio divorato dalla ruggine e dai segni del tempo, mentre una presenza gli si avvicinava alle spalle, in silenzio.