Supernova

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Dedicata a lei

I : Ricordo

La cosa deplorevole nella nostra mania di scoprire le cose era che io ero spesso presente nei suoi lunghi monologhi esistenziali.

Queste vetture parcheggiate ai bordi delle stradine appena vicino la superstrada, in questo preciso istante che riesco a fissarle nitidamente, non mi raccontano nulla di nuovo. E'stato campeggiando per anni lungo i bordi della natura più disturbata e ibrida che ho capito che forse lei non era una parte di me. La ascolto mentre ci incamminiamo verso gli androni di edifici perduti, di cinema abbandonati dove le uniche nature non maligne si rappresentano in figure di erbacce sporadiche sul terreno crepato e avvelenato dai liquidi amniotici e dal testosterone. La sento discorrere attraverso vene di fuoco, di ghiaccio, attraverso non so quante sfumature del colore blu e nero. La sento arrabbiarsi, la sento infuriarsi con non ricordo quale essere e poi sento la sua furia scemare nell'oblio, nella quiete. La sento mentre le manie della sua lingua si spingono ben oltre la mia bocca e vagano attraverso campi di sterminio e foreste nere di desolazione, solamente per incontrare nuove manie che alla fine si sposeranno perfettamente con quelle già esistenti. La percepisco nella sua cauta natura, la percepisco fino in fondo al cuore quando qualche piccola galassia le si intrappola sotto le gengive segnate dalla tristezza e dalla voglia di scappare. Io sento spesso, sempre di più, che non riuscirò mai a catturare la sua aura per unirla alla mia ed è questo il pensiero che mi accompagna quando la notte torno sola verso la mia dimora negli abissi. Mi fa avvertire che non possiamo coesistere insieme. Ciò non è dato dalle mie capacità superiori, perché non ne possiedo, ma semplicemente sto avvertendo la realtà: riesce ad essere troppo in confronto a ciò che io sono.
Ci ripariamo sotto coltri di nuvole nere con in mano gli arnesi della distruzione e facciamo l'amore per ore intere mentre intorno a noi si sgretola la vita dell'uomo. Ci penetriamo i molari con aguzzi strumenti di morte e discutiamo in preda a violenta follia che finisce per tramortirci. Ci segniamo le schiene tramite giochi di passione feroce, ci odiamo come solamente le bestie hanno imparato a farlo per secoli interi. Ci colpiamo con fruste incastonate di vetri infetti per ricordarci cosa è il vero malessere. La rincorro sotto strati di sentimenti blu. La svesto sotto macerie in putrefazione e li giochiamo all'amore. La riesco a far ridere, a volte, quando le pupille non sono bagnate di petrolio. Le ciglia si bagnano di pasti non divorati, ma osservati dalle finestre più alte del mondo con la bava alla bocca, senza poterli afferrare. Lei mi racconta storie di mucche divorate da squali quando ci nascondiamo sotto la terra umida. Quando siamo nudi, io le disegno cerchi spezzati con un inchiostro indelebile attorno ai seni per farla ridere a crepapelle. La sua risata mi tormenta la mente in notti prive di stelle, quando l'asfalto non fuma e le puttane non vogliono parlarmi. A volte mi chiede cosa ne penso degli stormi veloci e organizzati all'assalto che volteggiano nel cielo. Io le rispondo che a settembre probabilmente entrambi saremo partiti per il più bel viaggio e non ci saremmo mai più rivisti. Si accoccola tra le fessure di due muri, con indosso solamente il vestito a fiori e da li mi fissa con occhi colmi di stupore e amore mentre finge di scattare fotografie eteree che non riceverò mai. Le sue dita si attanagliano spesso sulla mia gola quando non ho voglia di andarla a trovare nei sobborghi. In qualche modo, il mondo fa si che le tubature si uniscano ogni tanto e che le nostre facce si incontrino in collisione. Avrei sperato solamente di incontrarci in un volteggio a mezz'aria ma questo non ha più alcun senso adesso. Quando siamo quieti sotto lastre di amianto limpidissime, è allora che io mi accorgo che nell'universo ognuno è totalmente solo. 

Ognuno nella sua più grande paura nella notte, rimane un bastardo. Rimane addirittura solo.

II : Incontro

La notte mi ha avvelenato ancora e ancora una volta lo farà quando il buio tornerà a torcere le pance delle stelle. Nella penombra non riuscivo a concretizzare le figure intorno a me, che a volte venivano a presentarsi in voluttuose scariche di brividi. Succede che a volte si presentano come spettri innocui, ammassi di foschia grigiastra a cui piace solamente osservare i tuoi contorni mentre cerchi di non dargli importanza, nelle ombre. Spesso regnano su di te dall'alto delle mensole e dagli scaffali e prendono a giocherellare con le tue agende, con l'acciaio, con i dizionari di inglese. è sufficiente un ringhio a scacciarli, poiché nascono dalle fogne della paura viscerale. Materia maleodorante, dannata. 
Quando la notte mi avvelena, sono solita giacere tramortita su di un lato del letto, a faccia in su, senza la possibilità di respirare. La piovra abissale mi ottura le vie respiratorie. Spesso nei brevi sonni colmi di incubi mi piace ridere quando avverto la caduta, facendomi beffa delle regole. Ma il grande uroboro non si spezza. Capita a chiunque, durante il sonno, di avvertire la profonda caduta del proprio corpo nel vuoto e svegliarsi di soprassalto in preda ad una scossa cerebrale che dura pochi secondi prima di riacquistare la lucidità. Quando il buio ti avvelena sotto consenso della notte, sotto le grazie della vergine Maria sanguinante, invece, è perché qualcuno ha deciso che tu sei quella persona che lo merita. Il veleno non viene mai dal nulla, le zanne del serpente che lo iniettano nelle vene sono lunghe e affilate e spesso non si avvertono quando slittano nei polpacci dei traditori. Spesso quando vengo scossa nel sonno da queste maledizioni comincio a scandagliare la memoria, in cerca della ragione, del motivo, di chi ho avvelenato nei giorni passati e di chi cerca vendetta in quella notte. A volte giungo alla conclusione e accettarla mi inquieta e fa battere l'occhio. Accendo una lampada gialla sul comodino accanto al letto, giusto per non rimanere completamente sola nelle lenzuola scure. Prendo a scrutare i mobili nella mia stanza, a calcolarne ogni particolare con precisione geometrica, che non cambiano e non cambieranno mai. Il tutto si amalgama in un grigiore che mi conduce piano piano al silenzio del sonno profondo. Questa scienza non è esatta e per questo non posso mai calcolare quando riacquisterò la pace e quando invece verrò avvelenata ancora, fino a cadere a terra, a soffocare nel mio stesso sangue.

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