CAPITOLO 1

53 5 0
                                    

Il sole splendeva alto nel cielo in quella mattina di settembre sul cortile del liceo che strabordava di persone.

Le classi prime sarebbero entrate alle 9 per l’accoglienza, così nel cortile c’erano solo alunni dalle classi seconde in su e le loro facce erano tranquille: sapevano già cosa aspettarsi al loro ingresso nell’atrio, non temevano sorprese. C’era solo una ragazza che non aveva la minima idea di quello che poteva celarsi là dentro.

Lei si chiamava Licia e aveva diciassette anni; non sapeva neppure lei come, ma si era riuscita a guadagnare un posticino su una panchina vicino all’entrata. Teneva in mano un libro e lo fissava impaziente, agitata e nello stesso tempo emozionata. Non succede tutti i giorni di ritrovarsi a frequentare un altro liceo.

Ad un certo punto si avvicinò all’entrata della scuola un gruppo di ragazzi sicuramente più grandi di lei, composto da un ragazzo alto e magro con i capelli biondi e riccioluti, un altro più robusto con i capelli scuri e un altro ancora biondino con gli occhi chiari.

Quei ragazzi si fermarono poco distanti da Licia e continuarono a parlare tra loro senza notarla minimamente.

Parlavano di calcio, di scuola, di amici.

A Licia non piaceva ascoltare le conversazioni altrui senza permesso ma quello sembrava l’unico modo per distrarsi e non pensare al suo primo ingresso nel liceo San Giovani.

-Sabato vado allo stadio con mio fratello, se volete potete venire con noi- diceva il ragazzo riccioluto.

-Io penso di dover andare con i miei a Roma a vedere il saggio di Elisa- spiegò quello con gli occhi chiari.

-Mh, Natanie’ se venissi con te? Non mi dispiacerebbe veder ballare tua sorella, sai?- commentò l’altro ridendo.

-Beh in effetti- annuì quello con i ricci, -ma rinunceresti alla Roma per una ragazza? Non mi parlare più!- disse al ragazzo con i capelli scuri dandogli una gomitata.

“I maschi…” pensò Licia con un qualcosa di dispregiativo.

“Driiiiiiiiin!” la campanella interruppe ogni discorso per qualche secondo, poi si venne a creare una baraonda e tutti corsero verso l’atrio della scuola.

Licia chiuse il libro con le mani che le tremavano, se lo mise stretto al petto e seguì la massa cercando di mostrarsi disinvolta.

Le avevano detto che si sarebbe sentita come le era successo il primo giorno di liceo, ma non fu per niente vero: il primo giorno di liceo aveva accanto i suoi migliori amici e inoltre tutti i ragazzi dei primi più o meno si sentivano come si sentiva lei, invece in quella scuola nuova era l’unica a non sentirsi a suo agio, l’unica a non avere amici, l’unica a sentirsi così sola e impaurita. Pochi passi dopo l’entrata si fermò per guardarsi intorno. Dov’era la sua classe? A chi doveva chiedere informazioni? Per fortuna proprio in quel momento una signora le passò vicino.

-Mi scusi…- iniziò incerta Licia, -sa dirmi dove posso trovare il V C?-

-Infondo a destra- rispose la donna sorridendo, poi diede uno sguardo all’orologio che teneva al polso e continuò, -seguimi-

Licia, che tremava ancora di più, seguì la donna e durante il cammino notò che con il braccio destro teneva una sorta di cartellina: probabilmente era una professoressa.

Le due arrivarono davanti ad una porta con su scritto V C, dei ragazzi le sorpassarono salutando quella donna con sorrisi sinceri.

-Buongiorno prof!-

-Professoressa buongiorno!-

I ragazzi accolsero la professoressa in classe come se fosse stata una loro amica. “Bene, benissimo” pensò Licia cercando un banco vuoto, “neppure ho detto ‘buongiorno’ alla professoressa il primo giorno di scuola!”

Nient'altro che la vita di una diciassettenneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora