True face

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«Ti va di salire da me? Non so, per un caffè» dice Miranda, facendo muovere le labbra a cuoricino, rese appariscenti da un rossetto nero opaco di marca Mulac Cosmestics.

Non riesco mai a decidermi se il rossetto nero sia più elegante o provocatorio, sensuale o esagerato. Forse dipende da chi lo porta. Qui, ora, adesso, sta da Dio alla nostra Miranda. Si intona con il cappello di lana in feltro, coi tacchi firmati Stuart Weitzman e con l'iride marrone, talmente scuro da sembrare nero - tant'è che all'inizio pensavo fosse affetta da aniridia. E questo, detto fra noi, avrebbe voluto dire che in futuro non avremmo mai potuto avere figli, perché la malattia è ereditaria e non mi va di mischiare i miei geni sani con altri malati per dar vita a un mostro.

Indossa un elegante abito di pizzo bianco, di una marca non meglio specificata e che non sono riuscito a cogliere; è bruna ma si tinge i capelli di biondo, si inizia a notare la ricrescita e ciò mi fa venire la nausea, ci manca poco che non le vomiti addosso la cena di prima.

«No, Miranda, è tardi e domani ho molto lavoro arretrato in concessionaria» le mento, ma non in malafede. Ci frequentiamo da quasi un mese e non siamo andati oltre il bacio e una sega al cinema. Lo so che freme all'idea di toccare il mio corpo scultoreo e attraente, di accarezzare la mia pelle morbida e abbronzata che sa di cocco. Vuole che le entri dentro e che non esca mai più, mi implora di donarle il mio seme e spargerglielo sul viso, sul ventre, sulle punte dei piedi fredde tipiche delle donne, lungo la schiena, nel canale anale, nelle viscere, nell'anima, spalmato sopra il cervelletto. Ma deve capire che finché non si deciderà a fare le analisi per le MST (malattie sessualmente trasmissibili) non potrà mai avermi. La nostra amica qui è una libertina e non sia mai che decida di usare un preservativo per scoparla! Quei cosi mi soffocano l'uccello e io soffro di claustrofobia.

«Riesci ad andare dal medico in settimana? Sai, per quella cosa che ti avevo chiesto...» dico, ignorando la sua faccia delusa e contrariata.

«Se è l'unico modo per farmi fottere da te, sì, lo farò!» Ma che volgare. Oh, Miranda, questa caduta di stile te la potevi risparmiare. Sei proprio una cafona, e una vacca.

Le sorrido e le prendo le mani. L'ho accompagnata fino a casa sua dopo aver cenato da Louis, uno dei ristoranti più in della città. Abbiamo fatto una lunga passeggiata, chiacchierato un po', ho spezzato il collo a un piccione e poi ho sputato sulla sua carcassa mentre lei si era assentata per andare a prendere un gelato. Sì, è stata una serata decisamente piacevole.

«Tu mi rendi felice, Miranda» le mento, o forse no? Non ne sono sicuro.

«Anche tu.» Prende e mi abbraccia. La sento palpare le sode natiche, poi mi bacia con foga tastandomi il pene.

«Che ne dici se ti faccio solo una sega? Dai, sali su...» sussurra eccitata, sbavandomi il rossetto sul viso. L'allontano e le dico:

«Tu va' dal medico, Miranda, e vedrai come ci divertiremo poi.» Le bacio la mano e la saluto.

Cammino per un po', calpesto i coriandoli, prego di non incontrare dei bambinetti giocare con la schiuma altrimenti mi toccherebbe ucciderli se dovessero sporcarmi i vestiti.

Quando sono abbastanza lontano dal palazzo in cui abita Miranda, tiro fuori il fazzoletto di seta dal taschino della giacca vintage tweed a scacchi Marc Darcy e mi pulisco le labbra sporche di saliva e rossetto, raschio a terra e mi ficco in bocca una chewingum alla menta. In bocca ho il sapore di tiramisù, panna, carne e vino insieme. Maledetta sia Miranda per avermi baciato senza aver prima sciacquato quella boccaccia.

Canticchio "The Rebel Johnny Yuma" di Johnny Cash, in assoluto il mio cantante preferito e il miglior cantautore di sempre, con buona pace di Bob Dylan e degli italiani De André e Guccini.

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