Prologo

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Contea di Glencoe, Scozia, 1732. Un luogo verdeggiante e selvaggio. Definita, tra le varie, Ghàidhealtachd, nonché terra gaelica e misteriosa.
Eireen McDougall vagava sola tra le radure prossime al Lago di Coe. Aveva solo sei anni, ma la folta chioma rossa e il carattere irriverente e indomito, simboli del suo clan oramai quasi estinto, segnavano già la sua persona. Il suo vagare, fine alla disperata ricerca di aiuto, distruggeva in qualche modo quel finto clima silenzioso e pacifico; non una lacrima, nonostante fosse appena rimasta sola al mondo, ma la sua inconscia rabbia interiore veniva esternata nei suoi pesanti passi e nella mancanza di cura nei confronti della natura circostante. Solitamente, difatti, Eireen era solita prestare attenzione anche al singolo ramoscello, evitando di calpestarlo; le era stato insegnato che, se avesse avuto rispetto per la Natura circostante, essa l'avrebbe sempre protetta e guidata.
Giunse ansimante alla riva del lago, dove ad attenderla, inaspettatamente, v'era un cavallo bianco. Pessimo segno, si disse. Anziché fuggire, com'era prevedibile una bambina facesse, colse il primo bastone sottomano, pronta ad attaccare.
Il padre sarebbe stato fiero di lei: la sua posa era eretta e vigile, nonostante la figura minuta, e il suo grido di battaglia feroce e graffiante. Il fuoco dei McDougalls scorreva nelle sue vene, mai nulla avrebbe potuto fermarla dal ribellarsi verso ciò che riteneva ingiusto o pericoloso.
Tra le poche cose che aveva potuto apprendere dalla madre da poco defunta, vi era un serio ammonimento, forse l'unico vero ricevuto.
Era una sera tiepida rispetto alle altre, e perciò madre e figlia si ritrovarono a cavalcare per la valle, seguendo la linea dell'altopiano. La madre, Gwineth, era la donna nordica che ogni capoclan avrebbe desiderato come moglie, ma la cui sventura portò all'isolamento forzato  quando, ingravidata da un vichingo simpatizzante per i giacobini, venne rinnegata dal capoclan dei Campbell - al quale era stata promessa per determinare la pace tra i clan.
"C'è una cosa che devi sapere, Eireen. Ti ho sempre detto che la Natura ha un ordine magico, delle personali gerarchie, che su essa potrai fare sempre affidamento; ma in ogni sempre vige un mai, figlia mia, che conferma la regola. La vita è proprio come questa terra: rigogliosa, verdeggiante, ricca di sorprese; ma al contempo insidiosa, traboccante di punti bui, nutrita anche dal sangue dei nostri cari, e per questo iraconda. Mai, e dico mai, fidarsi dei Kelpies. Sono esseri malvagi, fate, che assumono le sembianze di cavalli bianchi. Solitamente compaiono per infliggere dolore giocando coi fili del destino degli umani, ingannano per annientare, nonostante allietino con idee di magnificenza. Ti prometteranno il mondo, ma tu diffida sempre, e soprattutto ricorda in ogni istante chi sei. Sei una McDougall, il mondo è già nelle tue mani."
Al vivido ricordo di quelle parole e della recente perdita dell'unico affetto rimastole, l'urlo feroce accompagnò di buon grado un lancio ben assestato del bastone, che inaspettatamente colpì il Kelpie. Quest ultimo fuggì urlando in modo stridulo, lasciando dietro di sé una scia leggera di sangue causata da una recente ferita provocata da uno scontro con un altro Kelpie, di cui ovviamente Eireen non poteva essere a conoscenza, e lasciando cadere in modo casuale un oggetto.
Incuriosita, la piccola scozzese, si avvicinò per constatare meglio. La sua titubanza era comprensibile, e perciò ci mise un po' a capire di cosa si trattasse.
Quando, dopo essersi sincerata di essere sola ed aver effettuato un attento esame, si rese conto che appariva come un semplice ciondolo, credendo fosse un inanimato e innocuo oggetto, lo indossò, decretando in quell'esatto istante, inconsapevolmente, le sorti del suo grande ma travagliato destino.

Il potere delle radiciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora