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— She's lost inside.
Nobody's Home, Avril Lavigne.

Percepii l'assenza improvvisa della pressione sui miei fianchi, quindi mi voltai per capire cosa fosse successo.

Il ragazzo che prima mi teneva intrappolata tra le sue braccia adesso aveva entrambe le mani sul volto, e capii il motivo per cui stesse massaggiando la sua guancia soltanto quando spostai il mio sguardo alla sua destra.

Un ragazzo ora era di fianco a lui, e dal modo in cui teneva il suo braccio sinistro intuii che l'aveva colpito. Aveva colpito in pieno volto il ragazzo che mi stava trattanendo.

Indossava aderenti pantaloni neri con un lieve strappo sulle ginocchia, una sottile maglia bianca che fasciava il suo torace lasciando scoperte le braccia — di cui una era completamente ricoperta di tatuaggi.

Alzai il mio sguardo sul suo viso, e nel momento in cui incontrai i suoi occhi lui distolse la sua attenzione da me e si voltò, pronto ad allontanarsi, mentre le persone che avevano assistito alla scena si aprivano in un varco per lasciarlo passare.

Senza neanche rendermene conto stavo correndo nella sua direzione, non sapendo neanche cosa fare o cosa dirgli.

«Aspetta» sibilai soltanto, aspettando che lui si voltasse nella mia direzione.

E quando lo fece, nonostante le deboli luci del locale, riuscii ad osservarlo bene in volto: non sono sicura che fossi lucida, ma quasi mi persi in quelle che sembravano essere le infinite sfumature dei suoi occhi.

Portava i capelli tirati leggermente all'indietro, soltanto alcuni riccioli gli ricadevano ai lati del collo e aveva le sopracciglia aggrottate mentre continuava ad osservarmi.

«Cosa c'è?» mi chiese, e la sua voce era roca, il tono basso. Si comportava come se niente fosse accaduto pochi minuti prima, come se ci fossimo scontrati per caso in quel locale.

«Perchè lo hai fatto?»

«Non si risponde mai ad una domanda con un'altra domanda, te lo hanno mai insegnato?» sostenne sicuro di sé prima di voltarsi.

«Chi sei?» Sapevo che stavo facendo esattamente il contrario di ciò che mi aveva appena detto, ma non riuscii a fermarmi dal porgergli quella domanda.

«Non è importante che tu lo sappia» mi rispose, prima di farsi spazio tra le persone che riempivano il locale.

Rimasi lì a fissarlo mentre la sua figura diventava sempre più lontana, fino a quando non riuscii più a vederlo.

Un paio di mani si poggiarono sulle mie spalle e all'istante mi voltai, ritornando al contesto in cui mi trovavo.

«Em» mi chiamò Seth, voltando il mio corpo tra le sue braccia e prendendo il mio volto tra le mani.

«Stai bene?» mi chiese, probabilmente riferendosi a quello che era accaduto pochi minuti prima.

«Sì, sto bene» lo rassicurai, prendendo le sue mani.

«Non avrei dovuto lasciarti da sola» continuò, con un cipiglio disegnato sul volto.

«Non è colpa tua, sono stata io ad allontanarmi.»

«Allora sarei dovuto venire con te.»

«Seth, è tutto okay. Davvero.» Tentai di rilassarlo con un sorriso e parve funzionare.

𝐄𝐗𝐓𝐄𝐑𝐈𝐎𝐑 [𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐒𝐭𝐲𝐥𝐞𝐬]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora