Capitolo 1 - Presentazioni

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Mi presento: sono t/N, sono italiana ed ho talento. Sì, probabilmente ora penserete "Wow, questa persona è proprio piena di sé!". Non mi interessa quello che pensate. Ho ragione di credere che io ho talento. Durante la mia carriera non ho mai sbagliato perciò non ascolterò le vostre critiche, visto che sono solo parole ed io invece mi baso su fatti accaduti REALMENTE. Tornando a me, ad ora ho 26 anni e ho già fatto molta strada nel mondo della musica. Sono una manager che viene ingaggiata da diverse case discografiche per aiutare band e cantanti solisti a crescere... o a crollare del tutto. Non dipende da me, io li faccio ragionare, li metto sotto pressione per vedere se la reggono. Se sono bravi, riescono a passare tutto quanto. Per ora di cinque gruppi ed un solista che ho avuto sotto mano, solo un gruppo non si è sciolto ed ora sta avendo un sacco di successo. La cosa positiva è che sapevo che avrei fatto questo lavoro, fin da piccola.

Ho cominciato a studiare due lingue straniere fin dalle scuole elementari, una a scuola e l'altra a casa con un'insegnante privata. Alle scuole medie cominciai con la terza e la quarta. Durante le scuole superiori mio padre cominciò a contattare varie case discografiche per farmi ottenere un lavoro; ne trovò una che mi assicurò un lavoro appena finite le superiori. In terzo superiore sapevo benissimo l'inglese, il francese, lo spagnolo ed il cinese. Ero felice di essere così preparata in tutte queste lingue, dopotutto erano anni che mi preparavo su di esse. Per fortuna sono una intelligente ed imparo in fretta, alcuni ci mettono anni ed anni per imparare un paio di lingue facili come l'inglese e lo spagnolo.

Ero giusto verso la fine del quarto anno di scuola superiore quando un giorno, mentre studiavo, mio padre entrò nella mia camera. Si sedette a fianco a me e cominciò un discorso piuttosto fastidioso dicendo: "tesoro, ormai sono 10 anni che la mamma non c'è più... puoi renderti conto che anche io posso avere dei bisogni particolari e che potrei anche amare qualcun altro. A questo proposito... ti ricordi Linda? La mia ex-collega di lavoro... ecco, lei verrà a vivere con noi tra una settimana, stiamo insieme da circa un mese, non te l'ho detto perché volevo vedere se avevo fatto la giusta scelta. Ma ora era arrivato il momento di dirtelo. Che ne pensi?". Non sapevo cosa dire. Sì, erano dieci anni che la mamma era morta, ma come poteva rimpiazzarla? Come si permetteva? Io semplicemente feci spallucce, come se non me ne fregasse niente. Era un obbligo, quello di fare spallucce. Ci avevo così tanto preso l'abitudine che era quasi un tic. Non me ne fregava nulla di nessuno. Perché a nessuno interessava qualcosa di me.

Le uniche due persone a cui importava come stessi erano: mia madre (che ormai non c'era più) e Ludovica. Ludovica è stata sempre la mia unica amica. Ci siamo conosciute alle medie, andavamo alla stessa scuola. Faceva parte di un gruppetto di ragazze della classe, le così chiamate (da me) "galline" per il fatto che ridevano sempre e si sentivano superiori a tutto e tutti. Mi prendevano sempre in giro per il fatto che fossi più concentrata sullo studio che alla società che mi circondava. Non mi importava di quello che dicevano, semplicemente le lasciavo parlare, tanto all'esame di terza sarei uscita io con 10, mica loro.

Quando facevano le galline Io le osservavo ogni volta e poi mi guardavo nella mia parte bassa e mi chiedevo se davvero fossi femmina, visto che loro non erano, neanche lontanamente, come me. Un giorno, mentre ero intenta a chiedermi se fossi del loro stesso sesso e a tastare la mia parte intima per verificarlo, una ragazzina paffutella e carina, con occhi azzurri e capelli marroni scuro, si avvicinò a me e mi sorrise senza dire una parola. Poi, senza il mio permesso, si sedette a fianco a me. Io smisi di fare quello che facevo e la osservai, leggermente confusa. Lei era una del gruppetto delle galline ed io non volevo avere nulla a che fare con loro. Poi ad un tratto, dalla bocca che prima stava sorridendo, uscirono delle parole:

"Hey, ciao!"

"Come scusa?" le chiesi.

"Ciao!" continuava a sorridermi, ma io non ne vedevo il motivo. Così andai dritta al punto.

"Senti, se vuoi rompermi con i tuoi discorsi sui maschi o sul fatto che studio troppo, non disturbarti, ci hanno già pensato le tue amiche simpaticone."

Piegò la testa di lato, sulla sua faccia si dipinse un'espressione confusa.

"Io non sono qui per romperti e non faccio più parte di quel gruppo di galline. Mi stai simpatica. Ti va di essere mia amica?" e ricominciò a sorridere.

Non so esattamente per quale motivo, ma io risposi di sì. Probabilmente quella decisione era una delle poche che avevo azzeccato.

Come previsto, uscii con 10 all'esame e Ludo con 7, non era bravissima ma la sua compagnia, a confronto ad altre, non era fastidiosa. Restammo amiche per tantissimo e lo siamo tutt'ora. Lei è probabilmente l'unica con cui ho sorriso. Non sorrido mai, io. Lei è tutto il contrario di me. Però una cosa che abbiamo in comune è la passione per le lingue. Lei AMA le lingue asiatiche. Infatti si era specializzata nel "triangolo divino", o come lo chiamava lei: Cinese, Coreano e Giapponese.

Mi incuriosivano quelle lingue, così cominciai a studiare Coreano, visto che il cinese già lo studiavo.

Durante gli anni continuai a studiare, nonostante avessi un lavoro nella casa discografica contattata da mio padre. Per "studiare" non intendo in Università. Si può essere colti anche senza andare all'università. Lasciai quella casa discografica, visto che non sopportavo più quelli che mi davano ordini.

Era la fine del 2017 quando una casa discografica coreana mi contattò per seguire una delle loro band. Avevo già cominciato la mia carriera da manager e stava andando tutto benissimo: ero già stata in America, Spagna ed in Cina per seguire vari cantanti. Tutti scarsi finora quelli che avevo avuto.

Ludovica era su di giri per me, col fatto che andavo in Corea e avrei conosciuto degli Idol. Mi diceva che sono chiamati così tutti gli artisti in generale. Io ero calmissima, non m'importava. Lei mi aveva pregato in ginocchio, quasi, di portarla. Io, sapendo quanto ci tenesse, le ho detto che le avrei procurato un alloggio appena avrebbe potuto raggiungermi. Inutile dire che mi saltò addosso. Era come una bimba per me, lei. Si comportava come una bambina di cinque anni quando era felice. Era l'unica persona che volevo vedere felice. Mi parlò della Big Hit e di altre case discografiche, di alcuni gruppi di cui già mi ero dimenticata il nome e di quanto fosse bella Seoul. Quasi che avrei voluto mandare lei al mio posto, ma in Corea non c'ero mai stata e questa era un'ottima occasione di lavoro, visto quanto davano di stipendio.

Mentremi abbracciava sentii l'annuncio del mio aereo che stava per partire. Così lediedi un ultimo abbraccio e poi andai.

The New Manager (She can change your future)Where stories live. Discover now