Capitolo 3 - Seoul

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- sappiate che da qui in poi (è sottinteso) i dialoghi sono come se fossero in coreano ma scritti in Italiano, ovviamente. Buona lettura-

Mi risvegliai sentendo qualcuno che picchiettava sulla mia spalla.

"Signorina, mi dispiace disturbarla. È che ieri sera non ha cenato e volevo avvisarla che le ho portato la colazione. Sono le 10 di mattina, tra un'ora e 50 minuti saremo a Seoul. Prego!" mi arrivò quella voce leggera e gentile, non sembrava nemmeno una di quelle hostess che avevo incontrato fino a quel momento. Questa ragazza mi osservava con un sorrisino stampato in faccia e con le braccia tese verso il vassoio con la mia colazione come per indicarmelo. Era giovane, avrà avuto tra i venticinque ed i trent'anni, aveva la faccia pulita, senza molto trucco, infatti non ne aveva un gran bisogno. Al fianco di quel sorrisino si trovavano due piccole fossette, non molto visibili a meno che non viste da vicino. Aveva i capelli scuri, quasi neri, come gli occhi. Continuava ad osservarmi, quasi era inquietante.

Decisi di svegliarmi e sistemarmi sul mio sedile. Con un "Grazie" ed un cenno con la testa, mandai via la hostess. Mi sedetti per bene e guardai la colazione che mi aveva portato: pancakes con sciroppo d'acero, caffè e due bustine di zucchero al suo fianco. Niente male... avevo bisogno di energie quel giorno, così richiamai la hostess e mi feci portare un altro caffè. Mi gustai quei due pancakes con lo sciroppo d'acero e quei due caffè senza zucchero. Mi piace sentire il sapore del caffè, non voglio zucchero o altro. Mi feci portare via le cose della colazione e mi accomodai sul sedile. Presi un piccolo grande respiro e tirai leggermente su la tendina dell'oblò. L'avessi mai fatto. Nuvole. Soltanto delle inutili nuvole. Richiusi la tendina e semplicemente aspettai l'atterraggio che sarebbe avvenuto all'incirca tra un'ora e mezza a quella parte.

*dopo l'atterraggio*

Subito dopo l'atterraggio chiamai Bang Si-Hyuk e mi disse che dovevo prendere un taxi e che mi avrebbe mandato un indirizzo al quale dovevo andare. Io quasi non lo mandavo subito a quel paese. Un taxi??? E la mia macchina privata dov'era??? Ero basita. Semplicemente presi un bel respiro e mi diressi verso l'uscita di quel maledetto aeroporto. Era enorme quel posto! Se non fosse per il mio incredibile senso dell'orientamento, sicuramente mi sarei persa.

Uscii da lì e mi sporsi per cercare se per strada arrivasse un qualche taxi. Per fortuna ne stava arrivando uno proprio in quel momento quando, dal nulla, uscì questo ragazzo altissimo e con spalle larghe mi si piazzò davanti chiamando il MIO taxi. Aveva gli occhiali da sole, una mascherina nera, un cappello ed un giubbetto color beige. Non potevo neanche guardarlo negli occhi o altro.

"Mi scusi eh!" lo richiamai a voce alta cosicché potesse sentirmi

"Signorina, mi scusi ma io devo correre a lavoro e lei è una turista, mi dispiace." ed entrò nel taxi, lasciandomi letteralmente esterrefatta e andando via.

"Ma tu guarda questo cafone!" dissi tra me e me. Ero già arrabbiata ed ero arrivata da circa un quarto d'ora. Bene. Mi sporsi per guardare se arrivasse un altro taxi e, per mia fortuna, ne stava arrivando proprio uno. Stavolta non me lo sarei lasciato scappare. Mi sporsi molto più di prima e riuscii a beccarlo.

"Arrivo subito signorina!". L'uomo che guidava scese dal taxi e prese le mie valigie, per poi metterli nel portabagagli. Entrai in quel taxi. Che cosa orribile. Io in taxi. Ma dove ero finita...

"Signorina, benvenuta in Corea. Io sono Jun-yong. Per oggi sarò il suo tassista. Dove la devo portare?"

"Il mio collega mi ha mandato la sua posizione, ecco.". mostrai la posizione a Jun e lui annuì con la testa, facendomi capire che aveva afferrato dove fosse il posto.

"Da dove viene, signorina?" mi chiese.

"Italia." Risposi.

"Wa, davvero? Ho un amico che studia là. Deve aver affrontato un lungo viaggio! Sarà stanca..."

Anche se non era molto gradita la chiacchierata da parte mia, era la prima conversazione che avevo avuto in quella giornata. Così decisi di rispondere.

"Sì."

"Tra cinque minuti siamo arrivati, signorina" continuò.

"Ok."

*cinque minuti dopo*

"Siamo arrivati a destinazione, signorina!", mi disse Jun. Fino a quel momento non lo avevo neanche guardato. Aveva i capelli neri, con qualche pelo bianco, occhi brillanti e un sorriso che emanava tanta felicità. Bah, da dove la trovava tutta quella felicità... Cominciai a scendere dal taxi, fuori c'era un'afa incredibile, ma mi avevano avvisato. Ad un tratto mi ritrovai Jun davanti che mi porgeva una mascherina.

"Signorina, non è molto sicuro andare in giro senza mascherina in questi giorni. Prenda questa!".

La presi e me la misi. Nel frattempo, Jun aveva già scaricato le valigie.

"Quanto gli devo?" gli chiesi, tirando fuori il portafoglio.

"Oh, signorina, nulla! È la sua prima volta in Seoul, si vede. Il suo primo viaggio è gratis, spero davvero che si possa godere questa città al meglio. Nel caso le servisse un taxi, chiami me!" mi porse uno strano biglietto da visita con su scritto un numero di telefono e a fianco, scritto in caratteri cubitali, "JUN-YONG".

"Ok, grazie mille anche per la mascherina" gli dissi. Nonostante fosse uno che parlava molto, era stato gentile.

Quando se ne andò vidi due omoni avvicinarsi a me. Avvicinai la mano alla borsetta dove si trovava lo spray al peperoncino, per sicurezza. Quando furono vicini, indietreggiai leggermente. Erano davvero due omoni enormi.

"t/N?". Subito mi ricomposi. Dovevano essere quelli della sicurezza, mandati ad aiutarmi. Faci cenno di sì con la testa e subito loro presero le mie valigie.

"Benvenuta a Seoul, il capo è molto felice di averla qui. Le mostreremo i suoi appartamenti e la porteremo dal capo, ha detto che avete una riunione in programma." Mi disse uno dei due. Feci di nuovo cenno di affermazione positiva e li seguii.

Sicuramente non era la Big Hit. Non era l'edificio principale. Era grande, sì, ma non c'era quasi nessuno. Solo guardie per la sicurezza e porte. Tante porte. Seguii le due guardie che mi stavano scortando fino ad un ascensore. Vidi che schiacciarono il pulsante per il quarto piano e la porta dell'ascensore si chiuse. C'era molto silenzio, le due guardie non parlavano, cosa che apprezzavo molto, dopo il viaggio con Jun. Quando le porte dell'ascensore si aprirono, rivelarono un lungo corridoio ma con solo due porte. La guardia che mi aveva parlato al mio arrivo estrasse una chiave dalla sua tasca, aprendo una di quelle due porte. Quello che vidi mi piacque molto: un salotto grande con la cucina alla sinistra, una porta a destra che portava, probabilmente, alla camera e al bagno. Tutto questo soltanto per me. Era tutto sui toni del bianco e del nero, in cucina gli elettrodomestici erano grigi e il tutto si abbinava perfettamente. La guardia mi disse:

"questo è il suo appartamento. Siamo al 4° piano dell'edificio, e ci sono solo due stanze qui, non può sbagliarsi. Il capo ha detto che può arredare la stanza come vuole, basta che non comprenda riverniciare o cose simili. Per la riunione deve prendere l'ascensore ed andare al secondo piano. Appena arriva vedrà un corridoio con molte porte, lei non deve andare lì, deve proseguire dritta per quel corridoio ed infine arrivare davanti un'aula magna con pareti a vetro satinato. È lì che dovrà andare. Lui l'aspetta lì tra mezz'ora. Noi saremo le sue guardie e guidatori personali. Se ha bisogno di qualcosa ce lo faccia sapere. A proposito: lui è Yong-ho ed io sono Seojun. Molto piacere.", fece un leggero inchino finale, che io ricambiai. Lasciarono le mie valigie a fianco al divano e poi se ne andarono, lasciando le chiavi dell'appartamento sul tavolinetto a fianco alla porta d'ingresso. Dovevo ammetterlo: era un appartamento fantastico. Poi ad un tratto pensai "ma se siamo al quarto piano, questo significa che...", corsi verso le tende del salotto chiuse, le aprii e vidi un piccolo terrazzo che però dava la vista su Seoul. Sì, una meraviglia, se non fosse stato che quel giorno era pieno di "nebbia". Portai le mie valigie in camera. Era stupenda anche quella: finestre da dove entrava molta luce, un armadio color panna lucido grande abbastanza da farci entrare il quadruplo dei vestiti che mi ero portata, un letto matrimoniale con coperte nere ed, a fianco alla stanza, un bagno tutto mio. La doccia era enorme ci si entrava in quattro. Mi buttai sul letto, morbidissimo, e sospirai.

"Benvenuta, t/N" mi dissi.

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⏰ Last updated: Apr 12, 2020 ⏰

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