οὐ-τόπος

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Musica per la lettura:
André Laplante - Une Barque Sur L'Océan

Quel sogno è come un'oasi verde nel deserto
La parte innata nel profondo di me stesso
Ciò che mi circonda si fa più trasparente
Prendi le mie mani adesso
Quando sono con te, sono in un'utopia

Quel sogno è come un'oasi verde nel desertoLa parte innata nel profondo di me stessoCiò che mi circonda si fa più trasparentePrendi le mie mani adessoQuando sono con te, sono in un'utopia

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Seoul 1987
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Girai la chiave nella serratura della porta d'ingresso per ben quattro volte prima che il rumore metallico della stessa giungesse ai nostri timpani.
Il silenzioso viaggio di ritorno in metro, di solo qualche minuto prima, era stato accompagnato da un'antipatica tensione che due coinquilini affiatati come noi potevano percepire alla perfezione. Nonostante ciò, nessuno dei due si era sentito abbastanza coraggioso ed intrepido da smorzarla.

La prima cosa che facesti appena mettemmo piede nel nostro appartamento retrò ed alquanto spicciolo, come sempre, fu toglierti le scarpe lucide con un movimento distratto ed accidentalmente brusco.
Era segno che fossi assai pensieroso quella fresca notte novembrina che, se la memoria non mi inganna, ricordo spiacevolmente umida.
Io, al contrario, ero così preso dalle voci nella mia testa da lasciarmi sfuggire quella solita abitudine che condividevamo.

Mi incamminai titubante, accompagnato dal rumore dei tacchetti delle calzature, verso la cucina.
Sentivo l'impellente bisogno di smaneggiare qualcosa, qualsiasi cosa pur di tranquillizzarmi e smetterla di rimuginarci sopra all'infinito, ma mi sembrava estremamente arduo farlo.
Aprii lo sportello del mobile al di sopra del lavabo, stranamente pulito per due ragazzi disordinati come lo eravamo noi.

Sai Taehyung, mi piacevano i nostri disordini in realtà ordinati, quello che era solo mio e solo tuo.
I miei quaderni, i tuoi spartiti, le mie poesie smielate, i tuoi preziosi colori.
Forse più di tutto adoravo i tuoi schizzi, quelli sparsi un po'ovunque per pigrizia, dove aguzzando per bene la vista potevi scorgere in un angolino sul retro del foglio "Caro Taehyung, ho paura tu ti sia profondamente perso di lui"
Lo trovavo esilarante come tu parlassi di te con te stesso.

Riempii un bicchiere d'acqua che bevvi con foga e fu quasi faticoso mandarlo giù poiché, nonostante sentissi la gola terribilmente secca, non mi consideravo per nulla assetato.
Rigirai l'oggetto in vetro tra le mani, mentre la punta delle mie scarpe batteva incontrollata sul parquet ad un ritmo estenuante.

Successivamente frugai nelle tasche dei pantaloni caffè, i miei preferiti, alla ricerca del pacchetto di sigarette alla menta, rigorosamente Malboro, che terminavo in circa tre giorni.
Nonostante tu mi dicessi quanto disprezzo provassi verso il fumo, io continuavo imperterrito, ché mi piaceva quando ti preoccupavi per me e speravo che questo mio vizio potesse aiutarmi a mantenere vive le farfalle allo stomaco che mi davano i crampi ogni qual volta mi rubavi la sigaretta dalle labbra per gettarla via.

Tu intanto, vigile per seguire le azione di questa testa arancione, ti sedesti sul divano e sfilasti le calze bordeaux per poi buttarle in terra sapendo di dover tornare a raccoglierle il mattino seguente.

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