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Oneshot scritta di getto dopo aver letto le interessanti storie di DouxBebe.
È solo un'idea (folle, stupida e pazza idea), spero di ricevere delle critiche positive, ma soprattutto costruttive.
Buona giornata a tutti gli autori e lettori di Wattpad.
Sophie.

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Lui tamburellava le dita sul bracciolo di plastica della sedia su cui era seduto, a metà tra flessuosità e rigidità, le gambe l'una sull'altra, gli stivaletti neri da uomo e lo sguardo indagatore. Gli occhi che sembravano due fessure erano concentrati su di me. Io ero appoggiata al tavolo di legno e stringevo il bordo tra le mani.
Ero diversa, mi sentivo diversa, lui lo sapeva.
Certe cose però non cambiano mai.
Sentii il suo sguardo severo disegnare il mio corpo come se lo stesse memorizzando, ma lui non ne aveva bisogno, conosceva ogni centimetro della mia pelle. Il suo indice accarezzava ritmicamente il labbro inferiore.
Quante cose che non mi dici.
"Quindi" introdusse un discorso con la sua voce baritonale, lo guardai "ritorni a casa?"
Annuii "Già"
"Sembra fantastico, voglio dire... torni a casa" spiegò con un gesto vago della mano. Io feci un cenno con la testa, non sapevo che dirgli. Sentii quella sensazione allo stomaco e il nodo alla gola, mi irrigidii per cercare di non piangere, non davanti a lui, non così debole. Mi diede il voltastomaco pensare di abbracciare un altro uomo, di fingere un orgasmo, di sentire un odore che non fosse il suo, di non indossare quelle magliette che avevano il suo profumo quello che teneva nel suo armadio tra i maglioni piegati con precisione maniacale.
C'era così tanto silenzio che sentivamo le voci dei nostri amici fuori dai camerini che festeggiavano la fine di questo percorso che aveva modificato le nostre vite.
Ma cosa c'è da festeggiare? Non la sentite la nostalgia? Io volevo solo riavvolgere il nastro e tronare indietro, ritornare ai ciack iniziali, alle presentazioni con gli sguardi timidi, alle prime strette di mano, ai consigli tra una pausa e l'altra, agli sguardi che ci scambiavamo durante la pausa pranzo, alle risate per gli imprevisti e per le battute sbagliate, riassaporare i baci veloci che ci siamo dati quasi per gioco, forse per sbaglio, ma che lentamente hanno cominciato ad avere un significato, vorrei ritornare a quando cercavamo scuse per stare vicini, per tenerci la mano, per sfuggire agli occhi dei curiosi e baciarsi più forte senza paura di essere visti, con la voglia di fare l'amore.
"Torni da lui." disse lui interrompendo il profluvio di pensieri che si affollavano nella mia testa
"E tu da lei"
Si alzò e venne verso di me, nonostante i tacchi dei miei stivali non riuscii a guardarlo dritto negli occhi, alzai lo sguardo. Álvaro si fece più vicino senza perdere il contatto visivo, avvertii un fastidio al collo per quell'altezza così diversa che c'era tra noi. Sentii le sue mani sulle mie braccia nude
"Mi mancherai"
"Troverai tante attrici molto più capaci di me" dissi d'un fiato, lui accarezzò i miei capelli e arricciò la punta intorno al suo dito
"Non in quel senso." sussurrò.
Mi sentii morire, mi sentii soffocare perché non volevo andare via, non volevo lasciarlo. Tutti i nostri a domani, erano diventati i mattoni del grande muro dell'addio.
Le sue mani presero nuovamente le mie, le portò alle labbra e le baciò. Lasciai che una serie di sensazioni mi attraversassero.
"Devo andare, ho un volo da prendere." dissi, presi il cappotto e la borsa. Lo guardai un ultima volta, nel suo maglione nero, le mani nelle tasche, con il suo fascino di cui era consapevole ma che a lui non importava, perché alla fine sono uno come tanti, diceva. No, che non lo sei.
Quasi corsi via dal camerino.

Da quando ero tornata a casa ci baciavamo di continuo. In cucina, sul divano, sul letto, sotto la doccia. Gli ero mancata tanto, lui a me di meno. In quei momenti mi sentivo sempre accaldata, lui mi prendeva e mi premeva contro il suo corpo, a volte così tanto forte che mi faceva male. Le sue labbra erano così vogliose, erano così calde che accendevano i miei pensieri, lontani da quella casa, lontani da quel momento, lontani da noi e da lui.
Forse sta cenando, forse sta giocando con i bambini, forse sta facendo l'amore con lei.
Sentivo la lingua di quell'uomo che era mio marito, ma che per me era uno sconosciuto, leccare la mia pelle come se fossi il dessert della serata. Io gli sfioravo il sesso tra le gambe e lo sentivo gemere nel mio orecchio. Sentii l'urgenza di provare piacere, di sfogare il mio desiderio. Lui mi ripeteva parole mentre mi baciava con passione, parole di cui io non capivo il senso. Incalzò il ritmo, le sue mani erano ovunque.
"Dimmi che mi vuoi bene"
"Si"
"Dimmelo."
"Si."
In quei momenti non dicevo nulla, sospiravo soltanto. Non era come quando facevo l'amore con l'altro. Il ricordo dei nostri corpi e delle nostre lingue che si toccavano mi fece pulsare il sangue nelle vene, strinsi mio marito a me. Volevo che mi baciasse, che mi toccasse, che mi facesse mancare il respiro come non succedeva ormai da tempo. Mi sfiorava i seni, mi accarezzava i fianchi si perdeva tra le curve del mio sedere. Ci liberammo dei vestiti. I respiri sincopati, le unghie nella carne, i gemiti rochi. Lui continuava a dirmi qualcosa, la voluttà mi impedì di parlare. Io mi muovevo con rabbia, con la voglia di essere altrove.
Ti cerco persino dove non posso trovarti, Álvaro.
Tenni stretta la testa di lui sui miei seni, mentre lui godeva della sensazione ed io che pensavo all'altro, al suo corpo, alla sua voce, al suo modo di darmi piacere.
Nella semioscurità della mia casa dalla mia bocca uscì un orgasmo seguito da quello di lui.
Mi tenni stretta in quell'abbraccio mentre riprendevamo fiato ed io fissavo un punto indefinito della stanza. Fino a quel preciso istante non mi ero mai resa conto di quanto i suoi baci mi fossero restati dentro, sulla pelle, sulle mie labbra, sul mio viso, sui miei occhi e nell'aria.
In me, c'è una parte di te, pensai.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 16, 2020 ⏰

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