My blue eyed photographer

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Avvertenze: nella storia sono presenti scene di sesso tra due uomini, se non gradite, non leggetele.
Conteggio: 13705 parole

Faceva freddo.
Harry stava congelando nel suo piumino scuro, non si sentiva più le mani né tantomeno i piedi. Harry odiava il freddo.
"Porca troia, morirò di ipotermia" si lamentò Niall, accanto a lui nella fila.
"Linguaggio, Horan" lo riprese il riccio.
"Nialler, prima di prendere i biglietti hai detto che avresti fatto di tutto per vederli dal vivo, quindi zitto e soffri" proseguì Liam, mentre saltellava dal freddo.
"Si ma cazzo, i The Script sono là dentro a cazzeggiare e ubriacarsi e noi siamo qui a congelare. Morirò"

Harry si era già estraniato, cercando di non sentirsi più intrappolato nel suo stesso corpo, per non morire di freddo. A Londra, gennaio era il mese peggiore.
Continuava a ripetersi quanto odiasse il freddo, quanto il tempo a Londra facesse schifo, quanto volesse entrare dentro quel fottuto stadio per vedere la sua fottuta band preferita. Si stava anche pentendo di pensare così tante volte la parola "fottuto".
Guardava per terra saltellando per scaldarsi almeno minimamente quando lo vide. Lucido e perfetto, per terra, un biglietto. Splendeva solitario sul terreno, poiché nessuno l'aveva ancora visto.
Si avvicinò e lo raccolse, nessuno lo guardava. Sembrava quasi surreale.
Ora, con il biglietto in mano, sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Avrebbe dovuto chiedere in giro se fosse di qualcuno, se qualcuno l'avesse perso, era così che quella fantastica donna che era sua madre Anne l'aveva cresciuto. Eppure non lo fece.  Non c'era una ragione precisa, lo sentiva e basta. Se lo ficcò in tasca. Fece finta di niente, prima di ritornare vicino agli amici.
Si sentiva colpevole, che cosa ne avrebbe fatto di quel biglietto?
Ma sentì di doverselo tenere.
Strinse i denti, forse per il freddo, forse per ciò che aveva appena fatto.
Aveva privato qualcuno dell'entrata al concerto.

Venne distratto da una voce, poco più lontano da loro.
"No, ascolti, 150 per due" sentì dire da qualcuno. Un ragazzo, un ragazzo dalla voce piuttosto acuta a dire il vero.
"Scordatelo, nanetto" rispose un'altra persona, dalla voce più profonda. Un uomo, a giudicare dal timbro.
"Guardi, 200 sterline, è il massimo che possiamo darle" riprovò qualcun altro.
"Vi ho detto 300, non di meno, idioti" restava fermo l'uomo.
"Idioti? Senti stronzo, sei solo un maleducato e-"
"Zayn! Signore, quanto verrebbe un biglietto?" domandò l'altro ragazzo.
Harry sapeva di non dover origliare, sapeva che non erano fatti suoi, sapeva anche di non doversi voltare a guardarli ma fu più forte di lui. Prese a guardarli, ma vedeva solo l'uomo, i ragazzi erano voltati di spalle. Stavano in piedi, l'uomo a braccia conserte, un'espressione irritata in volto, quasi gli facesse schifo avere a che fare con due ragazzi.
"150" disse freddo.
"Tenga" disse il secondo ragazzo, dai capelli più chiari e la voce più sottile, quasi femminile, passandogli i soldi e prendendosi il biglietto. Lo vide voltarsi, mentre sforzava la vista per vederlo bene.
"Louis!"
Vide l'uomo allontanarsi, non curandosi più dei due ragazzi. E non poté fare a meno di pensare che quel nome fosse davvero carino.
"Zayn, è il tuo compleanno e sono la tua band preferita"
Aveva gli occhi chiari, quello era certo. Verdi, blu, azzurri? Non importava. Era più basso dell'altro, che, a  quanto pare,  si chiamava Zayn, sembrava più minuto, più piccolo. Si chiamava Louis, e ora che l'aveva visto in faccia poteva dire che un nome così semplice e raro fosse perfettamente appropriato. Aveva i lineamenti dolci, le labbra sottili, gli zigomi prominenti. Il naso era piccolo, gli occhi teneri.
"Si ma adesso tu che fai, eh? Mi aspetti fuori? Devo ricordarti che sono anche la tua band preferita??"
Vide il più basso sbuffare. "Ascolta, troveremo qualcuno che sia disposto a venderci un biglietto per il parterre a meno di 100 sterline"

Harry a volte si rendeva conto di essere davvero gay. Tipo, davvero molto gay. Si era preso una cotta per un ragazzo di cui sapeva il nome solo perché l'aveva origliato. Per un ragazzo bassino, con i capelli lisci e gli occhi chiari. Perciò gli fu abbastanza chiaro che doveva prendere quel fottuto biglietto dalla tasca e controllare se fosse un biglietto per il parterre e fu quasi surreale quando, con le mani tremanti - se per l'ansia o per il freddo non era chiaro - vide la scritta  parterre scritta in piccolo.
Guardò i suoi amici. "Ragazzi devo fare una cosa, arrivo"
Inutile dire che lo guardarono straniti. Che cazzo deve fare? pensavano quelli, glielo si leggeva in faccia.
Si sarebbe reso ridicolo, lo sentiva, tutte le fibre del suo corpo glielo gridavano. Poi, quando arrivò vicino a quei due  ragazzi, tutto si fermò.
Non si erano accorti di lui, discutevano, probabilmente ancora della faccenda del biglietto.

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