Cap1. il principio

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Saper accettare la vita così com'è è un talento, o almeno, io lo ritengo qualcosa di magnifico. Saper apprezzare un bacio, godersi un abbraccio dalla persona amata, un pomeriggio al sole mentre ridi con la tua compagnia. Io sono sempre stata il genere di persona che si gode due o tre secondi di quello che le danno, il restante del tempo si preoccupa del 'dopo' e ho sempre ritenuto accettabile questa mia mania ma mi sto rendendo conto di aver sbagliato. Ho sempre sbagliato. Rimpiango ogni minima cosa ma non perchè non sia stata magnifica -ovvio che lo sia stata- ma principalmente per non essere riuscita a godermela a pieni polmoni.

Oggi sarà un altro giorno uguale a quello di ieri e quello di domani sarà identico a quello attuale.

Senza Michael ogni giorno è uguale agli altri, tutto terribilmente grigio. Quel colore di mezzo che in se per se non ha significato: non bianco e neanche nero, solo grigio.

Si suppone che il dolore per la perdita di una persona prima o poi passi -già, prima o poi-. Sono passati nove mesi, due giorni e dieci ore dall'arrivo di quella lettera che mi ha sconvolto la vita e questo dolore non accenna a diminuire. Martella il cuore ogni volta che vedo qualcosa che mi ricorda che lui c'è stato. Mi stringe a se come per paura che io possa scappare, come se davvero avessi una via di scampo; alcune volte non mi sembra neanche di respirare dal gran male che fà, devo ricordarmi di farlo. Mi ostino a cercare di controllarlo e ogni volta fallisco miseramente, non ci riesco, si è fatto strada dentro di me troppo in profondità e con una violenza silenziosa che ogni volta mi distrugge sempre di più.

Mi sono arruolata nei Marine, ho ricevuto il miglior punteggio nell'addestramento e nelle tattiche d'attacco me la cavo più che discretamente eppure non riesco a controllare questo dolore. Se questo non è ridicolo, ditemi voi cosa sia.

Ho una lista.. Una lista delle persone che mi fanno provare più emozioni umane.

Al secondo posto ci sono loro: i clandestini -o almeno, qui li chiamiamo così-. Sono stata mandata in Egitto a combattere contro un'alleanza di clan che cercano di esportare il loro commercio d'armi nel MENQ (MErcato Nero eQuatoriale). Fin qui niente di strano se non per alcuni accorgimenti: se ciò accadesse, sarebbe come dare un M40 in mano a qualsiasi cittadino americano con più ci tre mila dollari di stipendio mensile. No, non sarebbe una bella cosa.. Sarebbe una tragedia.

Io sono qui per evitare che ciò accada, per proteggere uomini, donne, ragazzi e bambini da un futuro dettato dalla legge del più forte. Sto combattendo per una causa, un motivo, per il futuro del miei figli di quelli di altre milioni di famiglie ma sono anche consapevole che finchè combatterò da sola il risultato che ne uscirà sarà grande quanto una bricciola di sabbia nell'oceano.

Al primo posto c'è Alfredo Torres -lui mi fa salire una rabbia disumana in pochi secondi, questa faccenda ha dell'incredibile, lasciatevelo dire-. Ogni mattina entra in tenda con il suo sarcasmo andato a male e due coperchi per svegliare la squadra, è peggio di un incubo.

-"Davis! Cosa fa? Poltrisce ancora sulla branda? IN PIEDI SOLDATO!!"- come non detto. -la forza di urlare di prima mattina dove l'ha trovata? No perchè, servirebbe anche a me..-

La luce bianca del sole mi colpisce appena apro gli occhi e l'immagine di un Torres con le braccia incrociate davanti alla branda si fa sempre più nitida. Il ciuffo dai capelli brizzolati gli copre leggermente la vista e una benda bianca attira la mia attenzione. Mi drizzo sulla branda e man mano che sbatto le palpebre i dettagli diventano più evidenti: un taglio sopra l'occhio, varie macchie di sangue gli sporcano la carnagione pallida e per chiudere in bellezza, grosso taglio sulla maglia nera all'altezza dello stomaco.

-"Se lei chiude gli occhi non mi vedrà più seduta a 'poltrire sulla branda'. Sapeva di questo trucchetto, Torres?"-

-"Soldato.."- disse sottolineando l'appellativo -"Michael sarebbe felice di vederla così?"-

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 24, 2021 ⏰

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