"Oops!" - "Hi"

50 1 2
                                    

27/03/2010

Harry's pov

Ricordo quel giorno come se fosse ieri.
Mi svegliai con la luce puntata negli occhi e le grida stridule di mia madre, che stava alzando le tapparelle di fretta e furia urlando "Harry, forza, faremo tardi!"
Per un momento mi tirai il piumone fin sopra la testa nella speranza di riuscire a ritrovare il sonno perduto, poi, realizzato che giorno fosse, balzai su di soprassalto.

"Cazzo, il provino"
"Harry! Cosa sono questi termini?!"
"Scusa mamma, sono un po' agitato" dissi dipingendo sul viso il volto del perfetto figlio 16enne, con un po' di broncio, giusto per farle tenerezza.
Mia madre si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, mi mise una mano tra i riccioli per scompigliarli un po' e mi lasciò una dolce carezza sulla guancia.
"Lo so, piccolo, vedrai che andrà bene. Sei speciale. Hai una voce speciale. Sono certa che se ne accorgeranno tutti"
"E se così non fosse?" non ero realmente così preoccupato, volevo solamente godermi ancora un po' le coccole della mamma.
"E se così non fosse torneremo a casa e continuerai a cantare per me, per Gemma, per Robìn, per papà" mi lasciò un'altra carezza sulla guancia e sorrise comprensiva.
Quanto amo mia madre.
"Dai forza, preparati, si parte per XFactor!"

Nella vecchia station wagon di Robìn risuonava un cd di Stevie Nicks, il preferito di lui e mamma. Robìn era un bravo patrigno, lo amavo come se fosse il mio papà naturale. Certo, amo anche il mio vero padre, ma col nuovo compagno di mamma era un rapporto speciale, quasi di amicizia. Mi sosteneva in tutto e per questo gli sono sempre stato grato.
Indossavano tutti e tre - mamma, Robìn e mia sorella Gemma - una maglietta che avevano fatto preparare già mesi prima, con la scritta "We think Harry has the XFactor", probabilmente la cosa più carina e allo stesso tempo più imbarazzante che avessero mai fatto.
Ad ogni modo, adoravo cantare le nostre colonne sonore in macchina, tutti insieme, ma quel giorno non lo feci: volevo riposare la voce e poi, anche se l'avrei negato fino alla morte pur di non dare la soddisfazione a mia sorella, l'agitazione cominciava a farsi sentire. Passai l'intero viaggio a guardare fuori dal finestrino e ad immaginarmi come sarebbe stato. Come sarebbe stato il provino. Come sarebbe stato ricevere un "sì". Come sarebbe stato ricevere un "no". Si, insomma, come sarebbe stato il dopo.

"Siamo arrivati!" urlò mia madre mentre Robìn cercava di parcheggiare la macchina nel caos più totale. Apparentemente gli studios erano affollatissimi.
D'accordo, ero fottutamente agitato.
Scesi dalla macchina e cominciai a torturarmi le dita coi denti.
"Harry, stai bene?" chiese mia madre col suo fare dolce, ed io le sfoderai uno dei miei sorrisi più falsi.
"Sembra che tu abbia una paralisi facciale" ridacchiò Gemma ed io le feci il verso, seguito poi da una smorfia.
Amo anche mia sorella. Alla follia. E' una grandissima rompiscatole, su questo non ci piove, ma ci vogliamo un bene immenso.
"Dai Haz, male che vada torni a cantare coi tuoi amichetti, no?"
I miei amichetti, come li definiva lei, erano i miei compagni di band. Una band fighissima, aggiungerei. Si chiamava White Eskimo, ed effettivamente a sentirlo adesso suona un po' da sfigati.
"Gemma, smettila di infastidire tuo fratello. Non lo vedi che è agitato?"
"Ah giusto, guai a chi ti tocca il nano"
"Non sono agitato! E non sono nano!"
"Ragazzi... ragazzi..." intervenne Robìn con fare calmo, avvolgendo me e Gemma sotto le sue grosse braccia "forza, siamo qui per divertirci" e ci trascinò verso l'enorme cortile fuori dagli studios, seguendo la mamma che sembrava la più eccitata della situazione, nemmeno fossimo diretti ad un concerto di Dolly Parton.

Era un posto enorme.
Sembrava non avere fine.
Ci facemmo strada tra l'assembramento di gente lì fuori, saremmo state più di tremila persone. Che dico, molte di più.
Eravamo costantemente ripresi dalle telecamere e la cosa mi piaceva, ma era anche un po' fastidioso; voglio dire, non ti saresti potuto mettere un dito nel naso, che subito lo avrebbe saputo tutta l'Inghilterra.
Ci mettemmo subito in coda per registrarmi e farmi assegnare il "numero", ovvero quell'adesivo che appiccicano al petto di ogni concorrente per segnare l'ordine d'arrivo e, in relazione, l'ordine di esibizione. Mi diedero il numero 165998, non lo scorderò mai.
Nemmeno il tempo di liberarmi dall'ammasso di gente intorno a noi, che subito mi rubarono agli altri per farmi un'intervista.
"I'm Harry Styles, I'm sixteen, I'm from Holmes Chapel - in Cheshire" e così via. Raccontai della band, feci qualche battuta "carismatica", come direbbe mia madre, e sorrisi tutto il tempo.
Dopo l'intervista tentai di alleggerire la tensione parlando tipo con chiunque si mettesse sul mio cammino: ogni persona che incontravo, concorrenti e non, entrava nel mio mirino.
"Hi, I'm Harry"
"Hi, I'm Harry"
"Hi, I'm Harry"
Penso di aver parlato con almeno cento/centocinquanta persone quel giorno, ma non ricordo il nome di nessuno di loro.
No, in realtà ricordo molto bene il nome di una persona.
Ce l'ho incisa sulla pelle, quella persona.

Love is only for the brave.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora