-Kageyama pov-
Mi svegliai, anche se in realtà avevo dormito ben poco, guardai il mio cellulare che stava appoggiato sul comodino, erano le sette in punto, mi ero addormentato circa due ore prima, non so bene il motivo ma non riuscivo a dormire.
Cercai di svegliare il mio coinquilino nonché migliore amico Daichi, dato che essendo la vigilia di Natale in giornata sarebbe dovuto andare dai suoi genitori dove sarebbe rimasto per qualche giorno di festività, ma dato che l'unico verso che emise quando cercai di svegliarlo fu un lungo "mmmm" decisi di lasciar perdere.
Sono un ragazzo abbastanza pigro ma comunque mattiniero, non so bene il motivo ma quella mattina decisi di fare una passeggiata nei lunghi campi vicino a casa mia, probabilmente fu per noia.
Mi misi una felpa oversize dell'Adidas che non metteva in mostra nulla del mio esile corpo, sono sempre stato magro da quando smisi di fare pallavolo per un infortunio dopo il liceo.
Misi un paio di skinny jeans neri, presi le chiavi del portone di casa, le sigarette, l'accendino e uscii.
Nonostante fossero le sette e venti della mattina del ventiquattro dicembre, c'era molta luce e faceva abbastanza caldo, quindi la felpa mi bastò.
Camminai per circa un kilometro quando mi sedetti su un tombino che sporgeva in mezzo ai campi come facevo solitamente con Daichi, accesi una sigaretta e posai il telefono, amavo ascoltare i rumori della natura: i cinguettii degli uccelli, lo scrosciare del vento tra l'erba alta e i rami degli alberi, c'era una pace assoluta e presto mi persi nei miei pensieri in quella pace.
La mia sigaretta finì e mi risvegliai per il rumore che fece il treno passando, erano quasi le otto, così decisi di tornare a casa.
Appena arrivai mi sciaquai il viso con dell'acqua fredda e presi le mie vitamine come ogni mattina, avevo spesso poche energie ed essendo una settimana festiva l'università era chiusa.
Mi misi le cuffiette, andai nel giardino davanti alla mia grande villa e mi sedetti su uno sdraio di legno che stava lì, misi della musica Indie, chiusi gli occhi e iniziai a fare mille giri con l'immaginazione.
Pensavo a cosa avrei fatto in questi gliorni solo a casa qunado sentii sbattere la porta della cucina da cui ero uscito poco prima, Daichi corse verso di me con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
"Buona vigilia Tobio!" disse, quasi urlando
"Anche a te", risposi pacato
"A che ora vai dai tuoi?" aggiunsi e lui fece un ghigno quasi inquietante.
"Mi ha chiamato mia madre, ha detto che gli piacerebbe che venissi anche tu, non vuole ne che passi le vacanze da solo ne che io prenda il treno da solo" disse con una leggera e tenera risatina finale, cercai di declinare l'offerta ma lui continuò ad insistere finché non dovetti accettare per smettere di sentirlo parlare.
"Va bene va bene!" esclamai scocciato, lui rise e mi abbracció felice, poi aggiunse "alle quattro in punto abbiamo il treno, prepara la valigia perché staremo via qualche giorno!"
Lo guardai annuendo, "si ma io starò in un hotel, non mi intrufoleró in casa dei tuoi anche per dormire, non voglio dare fastidio."
"Uff, va bene" disse scocciato, poi corse dentro urlando che sarebbe andato a farsi una doccia, quindi salì di corsa al bagno del secondo piano, io entrai in casa e la osservai.
Era la casa più grande del piccolo quartiere dove abitavo, aveva tre piani, l'esterno era dipinta di un colore giallo pastello mentre i muri della grande cucuna e del bagno del piano di sotto erano grigi chiari, invece il salone era bordeaux e grigio, ma aveva due grandi finestre che donavano molta luce nonostante i colori fossero scuri.
Al secondo piano c'erano due camere e ognuna aveva il suo bagno, quella di Daichi e una stanza degli ospiti, mentre il terzo piano, una mansarda, era il mio mondo, avevo un piccolo studio con una scrivania e un pc appoggiato sopra, un paio di librerie dato che amavo leggere, una sbarra per le volte in cui facevo esercizio e il mio grosso letto matrimoniale vestito da lenzuola nere.
I muri erano di un'azzurro pastello molto chiaro, che sembrava bianco data la luce che entrava dalla grande finestra circolare che occupava quasi. metà di una delle quattro pareti.
Decisi di stare un po' in salone aspettando il mio amico per fare colazione insieme, si fecero le dieci quando scese le scale e mi raggiunse, "che buio in questa casa!" esclamò, il salotto aveva le tapparelle chiuse e la porta-vetro della cucina era coperta da una tenda.
Non appena scese mi ordinò di aprire tutto con i suoi soliti toni arroganti ma dolci, se l'avesse sentito un altra persona avrebbe detto solo arroganti ma io che lo conoscevo ormai da tempo sapevo com'era fatto.
Ci conoscemmo a scuola, alle superiori.
Non appena seppi del club di pallavolo decisi di partecipare dato che mi sembrava interessante, lui era un anno più avanti di me ma stringemmo subito una forte amicizia, finita la scuola lui stette un anno dai suoi genitori per aspettarmi e poi ci trasferimmo insieme in questa villetta, dato che l'università dove andavo era vicina.
Insistetti per farlo venire ad una lezione con me per mostrargliela e subito si innamorò della fanastica scuola di cinema così decise anche lui di iscriversi.
Daichi stava preparando la colazione, i suoi puncake e del caffè che lui prendeva esageratamente zuccherato, quasi nauseante.
Io rimanevo dell'idea che amaro fosse migliore, non amavo le cose troppo dolci, mangiammo e sistemammo.
Tra una cosa e l'altra si fece l'una.
mentre Daichi preparava il pranzo io andai in camera mia per farmi una doccia veloce, mi asciugai, mi misi i boxer, una tuta grigia e una maglietta nera, dato il riscaldamento acceso in casa si stava bene anche così.
"Dieci minuti ed è pronto!" urlo Daichi dalla cucina, aveva una voce talmente stridula quando urlava che nonostante fossi a due piani di distanza mi diede comunque fastidio.
Decisi di iniziare a selezionare la roba da mettere nella valigia, presi un cappotto lungo ed elegante ma pesante, cinque paia di boxer, tre magliette semplici, due nere come quella che indossavo e una bianca, quattro felpe di cui due oversize, due nere, una grigia e una rosa confetto che misi nella valigia solo per fare contento Daichi dato che me l'aveva regalata lui, diceva che mi donava molto ma io volevo evitare di gridare al mondo "hey sono gay" con quella felpa che sembrava uscita dal reparto donna di un centro commerciale e probabilmente era così.
"È pronto, vieni a mangiare." urlò Daichi tanto forte da farmi sanguinare le orecchie.
Scesi e mi misi a tavola.
"Prima di partire passiamo a salutare Suga" disse con la bocca piena di pasta, Suga era io fidanzato di Daichi, un ragazzo splendido con dei capelli tinti grigi e un carattere pacato, era l'esatto opposto di Daichi ma stavano davvero bene insieme.
"Va bene." risposi
"Ma non parlare con la bocca piena, è disgustoso" lo rimproverai.
"Si mamma!" mi rispose in tono ironico e io in tutta calma gli mostrai il dito medio dato che avevo la bocca piena e non potevo parlare. Bevemmo una birra e poi sparecchiammo, circa alle due e mezza uscimmo di casa per andare da Suga
"Ti aspetto fuori così evito di vomitare cuoricini e arcobaleni" dissi una volta arrivato
"Va beeeenee" rispose lui
"Non metterci troppo!" esclamai prima di sedermi su una panchina vicino ad una fermata dell'autobus che stava davanti a casa di Suga.
Per le tre partimmo e prendemmo il pullman per arrivare alla stazione lasciando la macchina a casa di Suga.
Alle quattro meno un quarto prendemmo i posti sul treno e poi partimmo..
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-Are you still here?-
FanfictionTrama: Tobio è un ragazzo di 22 anni rimasto orfano dopo la morte del ricco padre. La sua eredità andò a Tobio, dato che la madre lo abbandonò da piccolo. nonostante ciò Tobio era un ragazzo umile e modesto. molto timido all'inizio e stronzo con chi...