Il filo

241 16 8
                                    

~

Martino aprì un occhio dopo l'altro pigramente, nella penombra della stanza. Un timido raggio di sole filtrava dalle imposte accostate, colpendolo sul volto già imperlato di sudore: il caldo asfissiante di giugno lo faceva sentire più debole, rendeva le sue membra più stanche e pesanti, la voglia di fare tutto ciò che si era imposto andava scemando.
Si portò una mano tra i capelli e l'altra a stropicciarsi gli occhi, nel vano tentativo di proteggerli dal sole fastidioso; sbadigliò silenziosamente e si lasciò sfuggire un sorriso nel ricordare la notte appena trascorsa, a bearsi della presenza del suo ragazzo, di cui non ne aveva mai abbastanza.
Allungò un braccio verso l'altra parte del letto, cercandolo. Quando sentì le lenzuola ormai fredde, si alzò a sedere velocemente, non curante del giramento di testa causato dalla sua bassa pressione mattutina, trovando il vuoto accanto a sé. Vagò con lo sguardo per tutta la stanza, immaginando i più disparati scenari.
Il panico si impossessò di lui. L'ultima volta che si era svegliato da solo era nel cuore della notte, meno di due mesi prima, quando era accorso in aiuto di Niccolò che stava affrontando, in modo solitario, una spaventosa crisi; lo aveva trovato seduto sotto il getto della doccia, i vestiti completamente zuppi, il volto sofferente inondato dalle lacrime. Difficilmente avrebbe dimenticato il suo sguardo distrutto, era soprattutto in quei momenti che condividevano tutto il loro dolore.
Decidendo di non perdere altro tempo, si alzò in fretta e furia, inciampando nel lenzuolo caduto ai piedi del letto. Spalancò la porta della camera, la casa era avvolta in un silenzio spettrale non molto incoraggiante, si guardò intorno notando solo in quel momento un filo rosso che correva da una parte all'altra dell'appartamento che divideva con Niccolò.
Alzò gli occhi sopra la testa mettendo a fuoco il cartellino appeso al filo:
11 ottobre 2018 radio Osvaldo "Non avrei mai immaginato tutto questo".
Martino aggrottò le sopracciglia domandandosi dove lo avrebbe portato questa cosa, e capì che non aveva altra scelta se non quella di andare avanti.
Proseguì attraversando il corridoio per recarsi in cucina, dove trovò un nuovo bigliettino: tabasco. "Perdona le scarse doti culinarie, sto cercando di migliorare."
Sorrise ricordando quella sera, tutte le bugie che aveva detto ai suoi amici e soprattutto a sé stesso.
Continuò il percorso, ormai le sue mani erano colme dei fogliettini e delle numerose foto che aveva raccolto lungo la strada, la sua mente era piena di ricordi a lui cari ancora freschi e tangibili, alcuni felici altri meno: feste a cui avevano partecipato, amici, citazioni di libri e film, canzoni. Chiuse gli occhi aggrappandosi con forza quei momenti.
Il filo lo condusse fino al piccolo salotto, sulla foto che li ritraeva al Bioparco davanti alle giraffe, quella che avevano appeso sopra il pianoforte verticale di Niccolò. Un post-it colorato attaccato alla cornice gli suggeriva di lasciare l'abitazione e di recarsi a Monte Ciocci, il Belvedere sopra la stazione di Valle Aurelia, lì avrebbe trovato un nuovo indizio.

~

Dopo aver salito i numerosi scalini che lo avrebbero portato a destinazione, si fermò un momento ad osservare la sua città. Si era sempre sentito fortunato a vivere a Roma, tra antichità e modernità, affascinato da quel luogo in grado di ammaliare tutti coloro che avevano avuto l'occasione di visitarla.
Il cielo di Roma aveva un forte potere su di lui da sempre: era in grado di calmarlo quando le cose non andavano come dovevano o quando aveva bisogno di evadere per un po' dalla realtà.
Osservare una piccola parte della città eterna da lassù
era spettacolare quanto suggestivo, San Pietro si stagliava potente e maestoso davanti ai suoi occhi, sotto un cielo terso e luminoso, con le rondini che volteggiavano giocando a rincorrersi.
Lesse la scritta sul muretto davanti a lui ridendo, mai frase gli sembrò più vera: "Ma dimmi quante volte hai visto il cielo sopra Roma e hai detto quanto è bello..."
Non ci mise molto a notare una busta proprio alla fine di quel muretto. Si avvicinò titubante e incuriosito, rilassandosi subito dopo, quando vi lesse sopra il suo nome e ci trovò all'interno una sua vecchia felpa e la tanto attesa indicazione: "Ti piacciono le scale?"
Alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa. Di una cosa era più che certo, pensò ridacchiando mentre tornava indietro, non si sarebbe mai abituato alla vena creativa del suo ragazzo.

~

Riuscì a raggiungere faticosamente la scalinata di via Dandolo solo dopo pranzo, il Sole era davvero caldo e lui era in un lago di sudore.
Decise quindi di sedersi a prendere fiato, e pensò a quanto gli sarebbe mancato vedere quel luogo ogni giorno, vivere quei pochi attimi di tranquillità subito dopo scuola, seduto su quei gradini a fare discorsi seri, altre volte stupidi, a dividere una birra con gli amici di sempre, a condividere sogni, paure e speranze.
Sospirò rumorosamente alzandosi in piedi e stiracchiandosi, per poi staccare l'ennesimo bigliettino dal corrimano della scalinata: "Torna a casa Martino" e ripiegandolo accuratamente così fece.

~

Prima di inserire le chiavi nella toppa si prese qualche momento per ricordare la folle giornata appena vissuta, in un viaggio tra presente e passato, girovagando per l'appartamento e percorrendo Roma da un capo all'altro.
Entrò silenziosamente giungendo fino al salone, dove trovò Niccolò seduto al pianoforte intento a suonare. Le sue mani si muovevano sicure sui tasti bianchi e neri, la testa era rivolta leggermente all'indietro con il collo bianco e sottile in vista; i ricci scuri gli ricadevano morbidamente sul volto, incorniciandolo in un'espressione angelica ed erotica allo stesso tempo.
Martino si fermò a osservarlo in silenzio con il respiro trattenuto, sentendosi orgoglioso di avere all'interno della sua vita una persona tanto speciale quanto Niccolò, notando che in quel momento assomigliava pericolosamente al "David di Michelangelo".
Esattamente come lo sguardo del David, libero da ogni dubbio e incertezza, gli occhi di Niccolò si spostarono dallo spartito al ragazzo, invitandolo ad avvicinarsi mentre si apprestava a finire il brano.
Nonostante la loro evidente differenza di altezza, i due si fronteggiavano sostenendo l'uno lo sguardo dell'altro, sfidandosi con un accenno di sorriso sul volto. Il primo a cedere fu Martino, che si piegò con una dolcezza infinita sulle labbra rosee dell'altro, in un bacio casto e gentile. Ogni volta che le loro labbra si ritrovavano era come la prima volta, non avevano perso con il tempo né la voglia nè l'amore profondo che li legava indissolubilmente.
Si staccarono un po' controvoglia, le labbra gonfie arrossate, gli occhi lucidi di desiderio.
<<Quando sorridi sei ancora più bello>> disse Niccolò osservando il sorriso del suo ragazzo allargarsi sempre di più, con le fossette agli angoli della bocca e gli occhi socchiusi in quel modo che tanto amava; gli prese il volto tra le mani e lo bacio ancora e ancora.

~

<<A cosa è servito tenermi lontano da qui per tutto questo tempo?>> chiese Martino incuriosito durante un momento di tregua, seduto sul divano, mentre osservava Niccolò con una scintilla di divertimento negli occhi. <<Semplice, a preparare la cena e la tua sorpresa per domani...>> amiccò lui facendogli l'occhiolino. Passarono attimi interminabili di silenzio interrotti soltanto dai loro respiri affannati, fin quando Niccolò non prese la parola: <<Sai una cosa? Lo so che abbiamo detto che avremmo vissuto "minuto per minuto", ma a volte non posso fare a meno di pensare al futuro.>> Confessò portandosi le mani alle labbra torturandole. <<E a che cosa pensi?>> Chiese Martino sedendosi meglio, prestando attenzione alle parole dell'altro. <<Penso al fatto che vedo noi due in questa casa, ancora insieme; magari con un gatto, un cane o chissà. So che può sembrare spaventoso, ma non è bellissimo?>>
Per tutta risposta Martino si allungò verso il proprio ragazzo, racchiudendolo tra le proprie braccia e baciandolo sulla guancia, per poi risalire lentamente fino all'orecchio e sussurrare: <<Sì, lo è.>>
Perché lo pensava davvero, quando era con lui tutto il resto non contava; Non aveva paura dei giudizi delle persone, non aveva paura delle occhiate, delle loro parole; il solo pensiero di avere Niccolò accanto a lui lo faceva sentire più forte, parte di qualcosa di più grande e armonico, perché quando era con lui non era mai solo "Martino"; quando erano insieme non aveva paura di amare, perché lo aveva imparato e provato sulla sua pelle, che l'amore, è solo per i coraggiosi.

~Angolo Autrice~
Innanzi tutto, grazie mille per essere arrivati fino a qui.
Questa storia ha finalmente visto la luce dopo aver passato un po' di tempo tra le pagine polverose di un vecchio quaderno e sono molto felice di essere riuscita a pubblicarla nonostante i miei mille complessi mentali.
Perdonate gli eventuali errori.
Se vi va potete lasciare un commento, specie se costruttivo, cosi da capire come migliorare il mio stile di scrittura :)
Grazie ancora per aver letto questo breve racconto, spero di aver suscitato qualche emozione e di avervi tenuto un po' di compagnia; alla prossima! ;)

Il filoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora