Non gli sembrò vero: aprire una vecchia finestra in legno, coi vetri di carta velina tipici dell'edilizia dei primi del '900, e spalancare la persiana, con la sua verniciatura da rivedere, per godersi lo spettacolo di quell'alba.
Il sole, ancora nascosto, indirizzava i suoi raggi da dietro le colline di quella parte di Monferrato, tra Alessandria e Acqui Terme, dove s'era trasferito un po' per forza di cose e molto per convinzione, realizzando giochi di luce e di colori che solo in un territorio da sempre votato alla coltivazione della vite e alla vinificazione potevano essere così incantevoli.
Respirò a pieni polmoni e mai aria gli era sembrata più pulita, frizzante e rigenerante. I rami del ciliegio in giardino si muovevano sinuosi, spinti dalla brezza mattutina, e il fruscio delle foglie era la giusta colonna sonora a quel quadretto bucolico.
Si sarebbe fermato ancora un po' ad ammirare quella meraviglia, ma il lavoro lo chiamava a gran voce. In fondo, era lì anche, anzi, soprattutto, per quello. Indossò la giacca da camera e scese in cucina. Inserì due pezzi di legno, un po' di segatura e due fogli di giornale nella stufa in ghisa. Con un fiammifero, di quelli lunghi, diede fuoco a questi ultimi, così che la fiamma accendesse via via i trucioli e attecchisse sulla corteccia secca dei ceppi. Riempì la caffettiera d'acqua e di polvere nera profumatissima e l'appoggiò sul piano. Meno di mezz'ora e avrebbe avuto il suo caffè, indispensabile per cominciare la giornata.
Si sedette sulla panca del suo Bechstein, arrivato direttamente dalla Germania dov'era andato a sceglierselo in fabbrica, che ormai lo accompagnava da più di due lustri in tutti i suoi spostamenti. Ne accarezzò con delicatezza la tastiera, la cassa e il coperchio. Era il suo compagno d'avventure. Il suo grande amore. Più di qualsiasi donna. Più di qualsiasi altra cosa.
Incrociò le dita delle mani e cominciò a muovere i palmi in direzioni opposte, così da eliminare definitivamente il lieve torpore che, sempre, queste mantenevano nell'immediatezza del risveglio. Poi, quasi in automatico, le buttò sulla tastiera, a formare con essa un tutt'uno che con nessun altro strumento, a suo avviso, si poteva realizzare.
Prima una scala ascendente. Poi una scala discendente. Un breve attimo di silenzio e, potente, l'attacco della "Cavalcata delle Valchirie", il suo pezzo preferito, squarciò l'aria.
Suonare: l'antidoto a qualsiasi male. Fin da bambino. Fin da quando, cioè, la sua mente gli apriva baratri dai quali faticava a tornare. E la musica li chiudeva. Un suo – ulteriore – mondo, nel suo – travagliato – mondo. Un rifugio.
Picchiò sui tasti con un trasporto e una veemenza che erano di ottimo auspicio per l'arduo compito che doveva svolgere: non si era mai nemmeno immaginato come compositore di una colonna sonora per film ma, tant'è, era esattamente quel che era diventato.
Certo, se la sua carriera non avesse subito quel brutto arresto, mesi prima, non avrebbe mai accettato di abbassarsi a tale compromesso tra la nobiltà della sua arte e la necessità di mangiare tutti i giorni. Se ne sarebbe stato, come aveva fatto fino ad allora, a gironzolare per il mondo offrendo saggi del suo cristallino talento, della sua immensa classe. Purtroppo, però, la cazzata l'aveva fatta. E ne pagava le conseguenze.
Si alzò quando le narici percepirono il profumo di caffè appena salito che arrivava dalla stanza accanto. Ne bevve una tazza da caffelatte piena, senza zucchero, come sua abitudine, prima di decidersi a vestirsi e fare un salto in paese, per la spesa.
Dopo essersi preparato e prima di uscire, non poté fare a meno di fissare la prima pagina di quel copione che, di lì a poco, avrebbe dovuto conoscere come se fosse parte integrante della propria vita, così da abbinare a ogni singola scena la giusta carica musicale. "Dunkelheit", "La tenebra": un film italianissimo che, per fare nicchia e tendenza, rimandava ad atmosfere gotiche, buie e dure dell'Europa Centrale dei primi del '900, nella quale viveva e agiva Karl Denke, a suo tempo ribattezzato "il cannibale della Slesia".
STAI LEGGENDO
Camaleonti grigi su uno specchio opaco
Mystery / Thriller1973. Il grande pianista Manfred Rossi, reduce da un lungo periodo di inattività per via di cure che ha dovuto seguire per la propria schizofrenia, si trasferisce in un paesino del Monferrato, tra Alessandria e Acqui Terme, per fa ripartire la sua...