Parole usate:
-Scala;
-Coriandolo;
-Impermeabile;
-Televisore;
-Libellula.Lunghezza one-shot: 1080 parole.
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Nathan, un uomo ormai anziano dai capelli del solito bianco e la barba folta del medesimo colore, ha vissuto tra il mondo di oggi e quello di domani.
Con i suoi occhi grigi ha osservato i cambiamenti del mondo e delle persone; con le sue mani dalle vene sporgenti ha toccato oggetti del presente, sopravvissuti alle trasformazioni di esso.
E con le sue labbra e le sue corde vocali, adesso mi e vi racconterà come il nostro pianeta si è tramutato in un disastro della Galassia e di come sia, nonostante tutto, ancora ricco di vita nel suo futuro.
Sotto una fitta pioggia invernale, protetto dal mio impermeabile, non facevo altro che starnutire.
Camminavo lungo la via di casa, appena uscito dal caro e vecchio supermarket, speranzoso di avvistare da lì a poco la piccola scala che portava all'ingresso della mia calda dimora.
Mi guardavo continuamente attorno, turbato dai ratti che vagabondavano nei paraggi: c'era molta immondizia da quelle parti, le strade non avevano un buon odore ed erano infestate da quelle piccole creature dalla coda sottile e dal verso fastidioso.
I marciapiedi erano vuoti, non un'anima.
Tutti i cittadini, con l'arrivare dell'inverno, si rinchiusero in casa ed il suolo ricoperto da piccole pietre si ritrovò senza piedi umani che lo calpestasse, se non i miei.La strada terminò, lasciando libero l'accesso al bosco dal terreno nevoso e bagnato.
Mi incamminai, facendomi strada tra i rami umidi degli alberi diventati, ormai, soltanto tronchi.Accompagnato dal mio fedele bastone, raggiunsi finalmente la mia residenza.
Salii gli scalini, che scricchiolarono sotto il mio peso.
La mia era una vecchia capanna, costruita in vecchio legno scuro e dal tetto ricoperto di paglia.L'interno era altrettanto semplice: pareti decorate solo dai vecchi quadri di famiglia e da piccole mensole su cui erano posti i miei libri e qualche pianta di coriandolo.
In un angolo c'era il letto, con accanto un piccolo mobile anch'esso fatto di legno e al centro, invece, si trovava un tavolo circolare, con abbinata una sedia.
Nell'angolo che fronteggiava il letto si trovava una poltrona, a sua volta posta di fronte la TV.
Il resto erano cassetti, in cui sistemai il materiale per cucinare i pasti più necessari.
Vissi in quel piccolo buco per molti anni, di inverno con l'odore della pioggia e in estate con il caldo dei raggi solari; in primavera con le farfalle che si intrufolavano dalla piccola finestra posta al di sopra del lavabo e in autunno con i cuccioli di cervo che, passeggiando per il bosco di alberi spogli, finivano nelle vicinanze della mia abitazione.
Nonostante le strade urbane fossero oramai sporche e quasi tossiche, il bosco era fortunatamente ancora abitabile per gli animali.
La Terra non era nelle migliori condizioni: la gente aveva da tempo preso l'abitudine di gettare rifiuti sulla parte di strada riservata al transito dei pedoni e quindi inquinando la propria aria autonomamente, come se nessuno di loro camminasse lì.
Gli adolescenti divennero sempre più menefreghisti e sbruffoni, certi di avere un futuro che fosse nelle loro sgargianti aspettative non tanto anguste.
Gli oceani erano contaminati a causa dell'egoismo e la sporcizia che gli esseri umani dimostravano di avere, facendo sì che chi ne risentisse fosse la popolazione marina.
Quel giorno il cielo era scuro e le nuvole, con la loro ombra grigia che regnava su tutta la città, promettevano ancora tempo di pioggia.
Mi spogliai del soprabito che per tutta la durata del ritorno a casa mi coprì dall'acqua che cascava dalle tetre nubi sparse per l'immenso cielo, posai la robusta asta su cui lasciai cadere il mio peso nel portaombrelli e mi sedetti con stanchezza sulla poltrona situata nel posto più appartato del casamento.
Afferrai il telecomando ed accesi il televisore, permettendo alla luce dello schermo di occupare il limite dell'intero angolo.
Passai qualche programma avanti, quando mi si presentò davanti l'immagine di una libellula.
Mi fiorirono alla mente ricordi di un passato in cui quelle specie di animali volavano ancora per i fitti alberi fiorati e primaverili, con i loro colori scuri ma vivaci.Anche a quei tempi i miei simili inquinavano i mari e i paesi, ma era una dose di veleno molto meno letale per la natura, per niente paragonabile a quella del futuro in cui stavo lentamente invecchiando.
Non c'era più speranza per il nostro pianeta, nato puro e morto infetto dai suoi millenni passati in continua evoluzione artificiale.
Cambiai canale, per eliminare la figura di quel piccolo ma affascinante animale dalla mia mente infestata di vestigi.
Non mi andava a genio che mi venissero alla memoria tempi in cui la natura era viva e vegeta, tempi in cui tutto era ancora vivo e vegeto, perché in quel periodo, invece, l'ambiente andava peggiorando: alberi con foglie che quasi neanche più in primavera riuscivano a crescere, a causa della scarsa quantità di sali minerali presenti nel terreno che rendevano quindi le radici deboli; erba piena di piccoli rifiuti come lattine o filtri di sigarette consumate dalla cenere; l'aria aveva un odore nauseabondo, che con l'arrivo della pioggia sembrava diventare sempre più sgradevole.
Ormai, di quell'universo, non sarebbe rimasto molto, neanche un avvenire, che fosse radioso o pietoso.
Nella Via Lattea non ci sarebbe più stata la fatidica Terra, l'unico pianeta su cui Dio aveva fatto nascere la vita.Perso tra i miei pensieri, iniziai a fissare a vuoto il display della televisione.
In epoche passate e vissute, precedenti a quel presente in via di degrado, gli esseri viventi dotati di pensiero e parola immaginavano per la propria esistenza un domani sempre più lieto, senza però curare lo spazio in cui vivevano.
Quello, secondo il mio parere d'anziano, era un atto molto egoistico.
Pretendere e non contribuire alla realizzazione della propria pretesa, è come nascere uomo e dare la colpa alle donne.In quel caso, uomini e donne nascevano e la Terra dava la colpa a se stessa e al nostro Dio per averle donato ossigeno e spazio in cui ospitare noi umani.
Volevano un avvenire?
Eccoglielo servito, ma su un piatto tutt'altro che d'argento.Quel cupo futuro non avrebbe avuto bisogno neanche di una portata, si sarebbe sgretolato sotto ad un ennesimo tocco della nostra specie, stanco di esistere ed essere imbrattato in quel modo.
Spensi il televisore, immerso nella mia foresta mentale.
Decisi che avrei riposato la mente, che avrei cercato di non tornare al passato che tanto bramavo e speravo tornasse.
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𝖢𝗈𝗇𝖼𝗈𝗋𝗌𝗈 𝖣𝗂 𝖲𝖼𝗋𝗂𝗍𝗍𝗎𝗋𝖺 2020 ༄ 𝑹𝒂𝒄𝒄𝒐𝒍𝒕𝒂 ༄
RandomRaccolta di one-shot per il Concorso di scrittura presente sul profilo di @Giulia21432.