Pomodoro sull'anima

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Su Napoli – che è la città del sole – e sulla sua energia, sul sapore unico dei suoi luoghi e profumi, ne avrete sentite di cotte e di crude; ma pochi di voi conosceranno la storia di Marcello 'o Sicco.

Marcellino non era nato in un quartiere facile, né conosceva soluzioni facili, e i suoi problemi erano sempre stati un brutto sogno da cui fuggire.

Non ce la faceva più, lui, a vedere l'anziana nonna perennemente accartocciata sui panni umidi stesi al sole, che con fatica faceva scorrere sul filo del bucato - posando le mollette a una a una - sapendo che moriva di fame come la più misera delle questuanti. Non gli piaceva il padrone di casa, che aveva gettato i suoi genitori in mezzo alla strada – suo padre, eterno Peter Pan mantenuto da una donna vecchia quasi quanto Nonna Gemma, e sua madre, finita a vivere di espedienti e senza una fissa dimora. Odiava il fratellino nato da suo padre (e da una delle tante amanti che avevano salutato quel dongiovanni senza troppi complimenti), perché il piccolo era presuntuoso e testardo almeno quanto l'incosciente genitore. Gli scarsi lavori di sartoria che Nonna Gemma riusciva a racimolare bastavano appena ad "ingozzare" le pingui dita dell'affittuario, ma non a mettere un piatto in tavola.

Era quindi proprio lui, Marcellino 'o Sicco, che per amore della nonna – gravemente malata da tempo immemore – inventava ogni genere di espedienti per trovare il pane quotidiano e impedirle di bruciare i soldi indispensabili per avere un letto in cui dormire.

«Marcé, dài 'sto pacco a chillo là!».

«Marcello, vie' qua e fammi 'sta cortesia.»

«Marcé, vai a piglià il vino!».

Lui era il tuttofare del quartiere, ma in genere ricavava pochi spiccioli al giorno, perché quello che la gente gli chiedeva di fare era "roba semplice". La roba complicata, invece, cominciava quando i suoi compagni – vagabondi come lui – gli passavano consegne scomode: «Senti, chillo c'ha bisogno di portare 'sto pacco a chill'ato, ma ij nun teng' 'o fegato. Vacci tu». Marcello non faceva domande, non voleva sapere quante e quali sostanze contenessero i "pacchetti", solo che al momento della consegna si presentava con il nome dei suoi amici e intascava una considerevole parte della mancia.

«E che è, Marcé, ti ha dato solo chisti spicci?». Marcello, prontamente, diceva: «E chill' s'è insospettito, 'a ritt' che 'o guaglione che aspettava era diverso». Però si faceva voler bene; 'o Sicco è accussì sicco, dicevano i suoi amici, perché sape che r'è 'a fame; e se trovava un ragazzino che non mangiava dal doppio del tempo, arrivava a dargli perfino metà pizzetta per non farsi perseguitare dal rimorso delle pallide guance scavate.

A Nonna Gemma, però, riservava solo i bocconi migliori – e questo non bastava, lo sapeva, a farla star bene; però la scatola di biscotti vecchi che tirava fuori ad ogni Natale e compleanno era, ai suoi occhi, il termometro stesso dell'amore che riservava a lui soltanto.

A Titino – il suo fratellastro, nato da un'altra madre – la nonna non li dava mai, per renderlo meno capriccioso e spingerlo a impegnarsi di più nello studio: «È 'o vero, Marcello salta 'a scola, ma intanto porta da magnà e quanno studia risponne ...

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A Titino – il suo fratellastro, nato da un'altra madre – la nonna non li dava mai, per renderlo meno capriccioso e spingerlo a impegnarsi di più nello studio: «È 'o vero, Marcello salta 'a scola, ma intanto porta da magnà e quanno studia risponne alla professuressa; e tu, ca 'a scola ce vai sempre, nun pigli mai 'na vota nu voto bbono». Eppure, l'avrebbe coperto di abbracci se avesse notato un atteggiamento ubbidiente e meno presuntuoso.

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