Solo. Era completamente solo in un letto matrimoniale così vuoto ma ne occupava solo un bordo. Forse era l'abitudine. Si addormentò dopo un breve flusso di pensieri aggrovigliati e dolorosi: la stanchezza di diverse notti insonni aveva preso il sopravvento sul suo cuore spezzato, dopo tutto. Le luci della città si intrufolavano dolcemente dalla finestra, dando un colore bluastro alla stanza, nel limbo tra la luce e l'oscurità, e riflettendosi sui lineamenti di quell'uomo. Nel sonno, allungò una mano verso l'altra metà del letto e si alzò di scatto.
Stupido. Non c'è nessuno lì. Sei solo.Si sdraiò di nuovo e cercò di rimettersi a dormire. Si rigirò nel letto ma non ci riuscì, il rumore di due parole a martellargli la testa.
Sei solo. Sei solo. Sei solo.Decise di alzarsi, alzò la coperta con una mano, mise fuori un piede, poi l'altro, si mise in piedi. Barcollò appena, un forte giramento di testa attutì il suono di quelle parole per un secondo, come ovatta. Nella semioscurità battè il piede nello stipite della porta e imprecò diverse volte. Si diresse in cucina e gli sembrò di trovarsi all'esterno del suo corpo e di assistere alla scena di un trasandato cantante mezzo addormentato che cammina per casa al buio, come in catalessi, troppo stupido per accendere una qualsiasi luce o per evitare di inciampare in ogni scalino. Poi si rese conto di essere lo stupido in questione e imprecò di nuovo, il suono di quelle maledette parole rimbombante nella sua testa. Quella non sarebbe stata una nottata facile. Si preparò un tè, con abbondante latte. Tra un sorso e l'altro non fece altro che pensare alla sua stupidità. La amava. La amerà sempre. Eppure se l'era fatta scappare. O meglio, viveva a pochi passi di distanza ma era troppo codardo per presentarsi da lei e dirglielo. Lei no, lei non era mai stata codarda. Era sempre stata una guerriera. E non le importava niente se la stampa, il Regno Unito o il mondo intero la vedevano mentre carezzava dolcemente il suo ex. Non le importava. Avrebbe fatto di tutto per esternare i suoi sentimenti.
Stupido, stupido Chris. Non hai capito che vi completavate a vicenda?Gettò il té rimanente nel lavandino e si buttò sul divano, a occhi chiusi.
Sei solo. Sei solo.Ripensò a tutti i bei momenti passati insieme, alle canzoni che aveva scritto per lei, ai brividi che gli percorrevano la schiena quando si baciavano. Si toccò istintivamente la guancia che Gwyn gli aveva accarezzato e una lacrima calda attraversò il suo viso. Chiuse gli occhi.
Stupido.Si alzò di scattò e controllò l'orologio. 2.40. Una parte di lui era pronta a camminare, a scappare verso la sua felicità a qualche isolato di distanza.
L'altra parte, quella razionale, gli diceva di calmarsi, prendere qualche sonnifero ed andare a dormire.
Christopher Anthony John Martin non l'aveva mai ascoltata, la ragione. Aprì la porta di scatto e solo quando la pungente aria notturna entrò violentemente in casa e lo travolse si rese conto di essere in pigiama.
Stupido, torna a dormire.Si mise una tuta e un cappotto, così velocemente che quando ormai era a pochi passi dalla casa di Gwyn non si era neanche reso conto di essere uscito.
Che idiota.Non aveva pensato a cosa fare, a cosa dire. Preparò un breve discorso: era sempre stato bravo con le parole. Arrivato lì notò dalla finestra che la luce della sua camera era accesa e si prese di coraggio:
è ancora sveglia, non la disturbi.Tolse una mano dalla tasca del giubbotto e fece per suonare il campanello. Pochi secondi e l'avrebbe vista. Il dito si ritrasse da solo e Chris si allontanò velocemente dalla casa di Gwyn, senza una meta.
Stupido. Codardo. Non hai il coraggio di parlarle.Si ritrovò in una strada poco illuminata e non bene specificata. Decise di tornare a casa e dopo aver sbagliato strada diverse volte, si ritrovò davanti alla casa di Gwyn. Osservò per pochi secondi la finestra della sua stanza:
la luce é spenta, hai perso la tua occasione, torna a casa.Alzò il cappuccio della giacca e si incamminò verso casa a testa bassa.
Sei stupido. Rimarrai solo. Sei solo. Sei solo.-Chris!-
Una voce familiare e dolce lo riportò alla realtà. Alzò lo sguardo dal marciapiede. Eccola. Era lei, avvolta in un cappotto troppo grande, i lunghi capelli biondi raccolti in una coda bassa, un sorriso sulle labbra.
-Sera, Gwyn!-, fece lui, sorridendole. -Come hai fatto a riconoscermi?-
-Io... Beh, forse dal modo in cui cammini, credo.- Gwyn arrossì un po' e questo fece sì che il sorriso di Chris si allargasse.
-Come cammino?-, chiese, curioso.
-Non... Non lo so! Dopo così tanti anni credo di essere capace di riconoscerti, no?-. Gwyn rise e il cuore di Chris perse un battito.
-Suppongo di sì!- disse Chris, sorridendo.
-Che ci fai in giro a quest'ora?-
-Ehm, una passeggiata notturna. Non riuscivo a... non riuscivo a dormire...-, disse lei, cercando di sembrare disinvolta. Missione fallita.
-Anche io, sai?-
Si sorrisero e stettero in silenzio per un po'. Alquanto imbarazzante.
Ancora una volta fu lei ad essere coraggiosa, a rompere il silenzio.
-Allora io vado. Ho lasciato soli Apple e Moses con le mie guardie del corpo, non vorrei si svegliassero e si preoccupassero.-, disse lei, guardando a terra.
-Sì, hai ragione. Buonanotte allora!-
-Notte!-
Si incamminarono verso le proprie case.
Stupido, hai perso un'altra occasione. Sei solo. Sei solo. Sei solo. Sei solo.-Non sono solo- sussurrò Chris deciso, sdradicando con forza quei pensieri. Era la sua ultima occasione. Si girò di scatto e la chiamò. La sua voce, però, si mischiò ad un'altro suono che Chris riconobbe poi come il suo nome. Notò con sorpresa che anche lei si era girata e un sorriso gli nacque sulla bocca. Avevano pensato e fatto la stessa cosa, nello stesso istante.
Il tempo rallentò, i due si avvicinarono e si baciarono, come nelle favole.
Chris aprì gli occhi e si ritrovò sul divano. Sei solo. Sei solo.
Eppure sembrava così reale. Doveva essersi addormentato dopo aver bevuto il tè. Che strano. Era troppo bello per essere reale, a pensarci ora. Eppure era rimasto un qualcosa. Una strana sensazione, come se fosse rimasto un legame tra i due, dopo quel sogno. Gli era successo altre volte, sarebbe passato dopo pochi giorni. Rimane solo questo della loro relazione: cuori spezzati, gocce di tè nel lavandino, qualche lacrima, canzoni tristi. Quella notte non riuscì a dormire, non poteva smettere di pensare a quanto il suo alter ego, quello del sogno, fosse stato coraggioso. Lui non si avvicinerebbe neanche a casa sua per parlarle. Troppo codardo. Quella notte non riuscì a dormire. Quella notte pensò a quanto invidiasse quell'uomo, un po' imbranato, che viveva nei meandri della sua testa, con la sua amata. Quella notte Chris scrisse 'Another's arms'. Perché la sua Gwyn, la Gwyn che amava, l'immagine della Gwyn che gli era rimasta in mente da quella notte, ora era nelle braccia di un altro, un altro sé stesso, felice, diverso. Un sé stesso che non sarebbe mai esistito. Quella notte si tramutò in giorno, senza che Chris se ne accorgesse, e quel legame cominciò ad affievolirsi. Quella notte la ricorderà sempre, anche dopo la fine di quel legame effimero. Quella notte Chris capì di dover andare avanti. Lei non era più sua.
Another's arms. Another's arms...
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Sei solo.
FanfictionChris è solo. Lei gli manca, è inutile negarlo. Ma lei non è più sua. Another's arms. Another's arms.