Teia de felicidade

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Hai da poco finito la diretta.
Ultimamente scegli sempre orari scomodi, le fai sempre sul tardi. Ma non t'importa.
Vorrei chiederti com'è andata, cosa ti hanno chiesto, ma mi risponderesti dicendomi che so come vanno queste cose, che le domande sono sempre le stesse e non c'è nulla di diverso.
Allora ho lasciato perdere.
Allora ho cercato un altro modo per vederle, per vederti.
Guardo su Twitter, cerco dei video e sono già usciti.
Molti sono tutti uguali.
Carlinho che canta, tu che lo guardi. Persa.
Poi ti mordi le labbra, sembri trattenerti. E verso la fine scoppi. Non ce la facevi più.
Guardo questi video, ce ne sono tantissimi. Non so quanto tempo è passato, non so quante volte ho visto lo stesso video.
Non importa.
Ti chiamo.
I bambini dormono già da un po', si sono addormentati sfiniti.
Rispondi quasi subito.
Apri la chiamata, ma non parli.
Ti chiedo cosa è successo.
Ti chiedo perché hai pianto.
Ti chiedo se stai ancora piangendo.
Ti inondo di domande a cui ti ostini a rispondere
Insisto.
Insisti.
"Nulla"
Ripeti ad ogni domanda, ad ogni "Itzi" che ti ripeto per incentivarti a parlare.
Perché voglio che mi parli, che me lo dici.
Ma continui sui tuoi passi.
Tu e la tua dannatissima testardaggine.
Sai che sto perdendo la calma. Mi succede spesso con te.
Perdo la pazienza, poi la ritrovo.
È una cosa istintiva, automatica, che non ho mai saputo spiegare.
Sospiro.
Respiro.
Sono calmo.
Sono calmo.
Ci riprovo, questa volta con più calma.
Non sono calmo per niente, ma mi costeingo.
Mi ripeto che se sono calmo io, ti calmi anche tu.
E se ti calmi, allora me lo dici.
"Itzi"
"Alvaro, no..."
"Dimmelo"
Che io lo so già, ma non importa.
Certe volte si ha bisogno di dire le cose.
Certe volte si diventa saturi e si devono poi buttare fuori.
E tu non sei abituata a queste cose.
Tu non sei abituata a diventare satura, piena.
Tu non sei abituata a tenere dentro, spingerti allo stremo e poi lasciare andare.
Tu non sei abituata a trattenere a lungo senza dire niente.
Tu non sei abitutata ad essere come me, a fare come me.
Sospiri, fai fatica.
Lui è lì?
Hai paura che ti senta?
Non importa se ti sente.
Non importa se ci sente.
Dillo.
"Non ce la faccio più"
E non basta, non è sufficiente.
Hai a malapena lasciato andare una delle cose che mi vuoi dire.
"A fare cosa"
"Ad aspettare"
La voce inizia a tremarti.
Stai per piangere di nuovo?
O forse non hai mai smesso.
Forse hai solo continuato a piangere in silenzio.
"Che cosa stai aspettando"
"Di tornate a Madrid"
"Ti manco?"
"No"
"Che bugiarda che sei"
"Dico la verità"
"Allora attiva la fotocamera"
"No"
"Itziar..."
"Ma perc..."
"Attivala"
L'attivi, ma non t'inquadri
Sei nella tua stanza, sul letto.
Vedo il soffitto.
Ti dico di farti vedere.
Dici che non sai come si fa a cambiare la fotocamera.
Ti dico che non è vero, che lo sai.
Lo so che non vuoi farti vedere così. È per questo che hai evitato di scoppiare a piangere durante la live. Per questo hai cercato di trattenerto finché non ce l'hai fatta più.
Giri la fotocamera.
Ti vedo.
Hai gli occhi arrossati e lucidi, nuove lacrime pronte a scendere.
Ti guardo.
Mi guardi.
Cerchi di guardarmi negli occhi, come se lo schermo e i chilometri che ci separano non esistessero, come se effettivamente ci trovassimo uno davanti all'altro.
"Me lo dici cosa aspetti?"
Abbassi lo sguardo
Ti dico di guardarmi.
Ti supplico di farlo perché non posso attraversare questo dannatissimo schermo e costringerti a farlo mettendoti due dita sotto al mento come al solito.
Torni a guardarmi e alcune lacrime hanno ripreso a scendere.
"Aspetto che smetti di mancarmi. Aspetto di poter tornare"
E questa volta sono io ad abbassare lo sguardo. Questa volta sono io a non reggere il peso di quegli occhi e quella sofferenza.
Sospiro.
Una mano tra i capelli. Li tiro.
Poi tolgo gli occhiali, li poso sulla scrivania che ho davanti. Passo le dita sugli occhi. Poi li rimetto.
Ti sento, mentre tiri su col naso.
E questa volta te lo dico.
Lo faccio io, che non lo dico mai.
"Mi manchi anche tu"
Mi guardi di nuovo.
Il fiato ti si spezza, resti a bocca aperta.
Non sai cosa dire.
Non te l'aspettavi.
E non me l'aspettavo neanche io.
Di dirtelo.
Di sentirlo così forte.
Ti dico che mi manchi e che anche io sto aspettando che torni.
Ti dico che aspetto di tornare alla tua casa a Madrid e passare il tempo con te. Sul letto. Sul divano. In qualunque posto. Basta che sia con te.
E vorrei dirti che mi manca sentirti addosso, anche quando mi abbracci e ti stringi. Quando mi dici che hai freddo e togli le tue gambe da sopra le mie, mentre siamo sul divano a non fare niente, solo per andare a prendere il maglione bianco che ti piace tanto e che hai indossato questa sera, all'inizio della diretta.
Ma non lo faccio, non lo dico. È troppo.
Ma tanto lo sai.
Mi dici che ti manca quando mi addormento con te, stanco, con la mia testa sul tuo petto quando torniamo dalle riprese.
"E mi manca anche scappare da Madrid per rifuguarci in hotel di lusso fuori città lontano da tutti" scherzo.
"Per non parlare del tuo fare la stupida in mia presenza"
Fai la finta offesa, poi ridi.
Stai meglio?
Sei più leggera?
Non lo so.
Ti vedo sorridere. Ma sorridi amara.
Mi dici che mi vorresti lì, stasera, più delle altre sere.
Ti dico che sono lì.
Scuoti la testa, piano.
Mi dici che non ci sono.
"Ci sono. Sono qui"
Te lo ripeto.
Ti dico che stasera dormiamo insieme.
Mi guardi.
Non capisci.
"Stenditi"
Lo fai.
Ti stendi.
Non ti cambi. Non metti il pigiama. Resti così: con una maglietta a maniche corte e i tuoi pantaloni.
Poggi la testa sul cuscino.
Ti dico di mettere il telefono accanto.
No. Non così. Ti devo vedere.
Ti dico di tenerlo accanto ma inquadrarti.
"E come faccio?"
"Appoggialo ad un altro cuscino e lo metti in piedi, difronte"
Lo fai. Ora ti vedo.
Ti dico di chiudere gli occhi.
Inizio a cantare la canzone che ti ha fatto piangere questa sera.
La canticchio piano, a bassa voce. Solo la melodia, non so le parole.
Ricordo di averci provato una volta. E hai riso di me.
Ti guardo.
Le lacrime hanno smesso di scendere, i muscoli del viso sono più rilassati, come la tua mano vicino al volto.
Mi perdo per un po' a studiare i tuoi lineamenti spezzati di qualche ciocca di capelli che ti ricade sul volto.
Sorrido.
Le uniche parole che conosco di quella canzone mi vengono in mente.

Te voglio bene mia principessa
Tanto calore la tua carezza
Tanta dolcezza che volo al vento

Le canticchio, e tu non mi senti neanche perché ti sei già addormentata.
Decido di chiudere la videochiamata, tu non ti accorgi di niente.
Prendo il telefono, esco dal mio studio e vado nella camera di Julieta e Leòn.
Li guardo dormire restando sotto la porta. Poi entro, mi sfilo le scarpe e mi faccio spazio nel letto di mia figlia.
"Papà? Che ci fai qui?"
"Papà ha deciso di dormire con la sua bimba questa notte"
Julieta appoggia la testa contro il mio petto e mi stringe forte, facendosi piccola piccola quasi da scoparire.
Come fai tu.
Sorrido e le lascio un bacio tra i capelli.
Riprendo il telefono. Entro nella tua chat. Un solo messaggio, l'ultimo, prima di raggiungerti nel mondo dei sogni.
"Buenas noches princesa"

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 22, 2020 ⏰

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