Gulfora

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Il sole era tramontato ormai da diverse ore, ma la calda notte diinizio estate era piacevolmente illuminata, oltre che dalle numeroselucenti stelle che ricoprivano il cielo totalmente sgombro da nubi,dai candidi dischi delle due lune. La grande Isil era in pienoplenilunio, mentre la piccola Ansil avrebbe raggiunto il massimosplendore in poche notti.

Le ultime braci del fuoco usato per cuocere la cena stavanolentamente spegnendosi. Due degli uomini si erano già assopiti lìaccanto, riparati dietro due mantelletti a ruote posizionati a puntadi freccia verso il declivio minore della verde collina,sovrastandone la cima.

Degli altri due uomini presenti, uno, la cui croce dorata sulla cappaviola indicava chiaramente la posizione di comandante, si trovavaseduto oltre il fuoco, con la schiena appoggiata al tronco morto diun albero annerito da qualche remoto fulmine. Al suo fianco eranoappoggiate al terreno una corta spada e una balestra pesante, la cuinera freccia incoccata rifletteva lievemente i raggi lunari.

In grembo aveva un lungo e ritorto corno da segnalazione, rivestitoda lamelle d'argento e decorato al centro con l'ippogrifo rampanteincoronato, lo stesso simbolo che contrassegnava le cappe a rombiviola e verdi dei tre armigeri, uno strumento che l'uomo tormentavaaccarezzandolo nervosamente con la sua mano destra, ornata da ungrande anello nobiliare,

L'ultimo del gruppo era in piedi, appena oltre il limite del piccoloavamposto di guardia. Si appoggiava a una lunga e pesante alabardamentre scrutava vigile la valle sottostante, oltre il piccoloboschetto che cresceva lungo il dolce pendio della collina. L'altoelmo metallico e il lungo paranaso conferivano un aspetto feroce ematuro a Valentin, un ragazzo in realtà imberbe, appena giunto aidiciassette anni e al suo primo anno di arruolamento nella compagniamercenaria del Duca di Eastland.

Il silenzio quasi magico della notte era rotto solo da alcuni lontanistridii di uccelli in volo e dal saltuario verso di un gufo in caccianotturna.

Improvvisamente, Valentin udì alcuni rumori provenire dal bosco:passi pesanti, rami spezzati e un lieve ansito. Strinse più fortel'asta dell'alabarda tra le dita e respirò profondamente e a lungoun paio di volte, quindi, certo che qualcuno o qualcosa si stesseavvicinando, volse rapidamente lo sguardo verso l'uomo seduto esottovoce iniziò a parlargli.

«Mio signore Gunther, qualcuno si sta avvicinando alla posizione dasud-est, dal bosco.»

L'uomo si riscosse dai pensieri che lo tormentavano e alzò di scattola testa. In silenzio, infilò la spada nel fodero al fianco e,alzandosi, raccolse la balestra, lasciando così penzolare al propriofianco il corno trattenuto da sottili stringhe di cuoio rosse. Siavvicinò ai dormienti destandoli senza far rumore, in fretta.

I due, veterani esperti, senza emettere suono, indossarono gli elmi,raccolsero le alabarde e si posizionarono dietro ai due mantellettiin nervosa attesa.

Gunther si avvicinò a Valentin e lo fece retrocedere in silenziodietro la protezione dei due ripari mobili irti di punte sul davanti,quindi, mentre con la destra stringeva in maniera convulsal'impugnatura della balestra, con la sinistra portò alla bocca ilcorno. Prese un lungo respiro, pronto a segnalare un allarme alcampo principale dove la compagnia intera stava riposando per lanotte.

Il rumore si fece più forte, scuotendo ulteriormente i nervi tesidei quattro uomini. Sapevano tutti che se si fosse trattato di unattacco avrebbero avuto giusto il tempo di suonare l'allarme, poisarebbero stati rapidamente sopraffatti e uccisi. Le loro menti eranoperciò ora pervase da visioni di morte, di sofferenza e diinevitabile fine, mentre le loro mani sbiancavano nello stringereforte le armi e i respiri diventavano sempre più brevi e concitati.Infine, una figura solitaria sbucò dagli ultimi alberi, camminando ebarcollando verso la cima della collina.

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